L’IMPATTO AMBIENTALE ED ECONOMICO DEL TERMOVALORIZZATORE DI SANTA PALOMBA SUI CITTADINI DEI CASTELLI ROMANI
Attualmente è in corso un acceso dibattito intorno al termovalorizzatore che il Comune di Roma ha in programma di realizzare a Santa Palomba. Termovalorizzatore (impropriamente chiamato “bruciatore”) sì, o termovalorizzatore no?
Siamo di fronte all’ennesima soperchieria della Capitale che “scarica” i suoi problemi sui Comuni dei Castelli Romani: con la costruzione di un impianto industriale in un’area di particolare interesse paesaggistico e archeologico, produrrà inevitabili danni ambientali. E produrrà anche danni economici, visto che la presenza di una ciminiera di cento metri che spanderà i suoi effluvi nel raggio di chilometri, comporterà la svalutazione degli immobili dei Castelli Romani.
Alcuni elementi per orizzontarsi:
– la necessità di costruire il termovalorizzatore scaturisce dal fatto che la città di Roma non è in grado di differenziare adeguatamente i rifiuti solidi urbani (la quota di raccolta differenziata nel 2019 era, a Roma, del 45% contro una media nazionale del 63% e di circa il 70% della gran parte dei Comuni dei Castelli Romani);
– il termovalorizzatore dovrebbe bruciare 600.000 tonnellate di rifiuti all’anno; quando (e se) il Comune di Roma aumenterà la raccolta differenziata l’impianto risulterà sovradimensionato;
– il costo dell’impianto è di 700 milioni di euro e la sua realizzazione è prevista per il 2026, quindi dopo il Giubileo. Va ricordato che il ricorso all’escamotage del Giubileo ha consentito di saltare a pié pari l’iter autorizzativo ordinario;
– l’impianto sarà dotato di una ciminiera alta 100 metri. Ancora manca il progetto, ma analoghi impianti sono dotati di ciminiera che raggiungono i 120 metri;
– il piano industriale AMA (l’azienda del comune di Roma delegata alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti), prevedeva la costruzione di 15 impianti a “economia circolare” e non un termovalorizzatore;
– l’AMA ha acquistato l’area destinata all’impianto per la cifra di 7,5 milioni di euro;
– l’area del termovalorizzatore è collocata all’estremo lembo sud del territorio della Capitale contiguo ai Comuni di Ardea, Albano e Pomezia che subiranno molto più pesantemente l’impatto negativo dell’impianto rispetto agli aggregati urbani della Capitale.
– l’impianto avrà bisogno di una ingente quantità di acqua che andrà a ridurre la già scarsa disponibilità delle falde acquifere per usi alimentari;
– nello stesso lembo di territorio il Comune di Roma ha già in cantiere la costruzione di 950 alloggi per circa 4.000 abitanti di famiglie a basso reddito le cui necessità giornaliere graveranno inesorabilmente sui succitati Comuni;
– ad un tiro di schioppo dal termovalorizzatore è collocato l’impianto di smaltimento di Albano a via Roncigliano (sei buche ormai esauste) dove, di recente, in occasione dell’emergenza rifiuti di Roma, sono state scaricate tonnellate di rifiuti.
Di fronte a questa intricata problematica i partiti, all’interno della Regione Lazio e del Comune di Roma, hanno ingaggiato una battaglia politica il cui esito non è ancora chiaro. I sindaci dei Comuni più colpiti faticano a fare fronte comune dinanzi alla soperchieria di Roma, anche loro legati alle scelte prese dai partiti ai “piani alti”. C’è da dire che sul termovalorizzatore sono saltati tutti i meccanismi di controllo e democratici, concentrando sul sindaco di Roma Gualtieri tutti i poteri della Regione e del Comune in tema di rifiuti, senza le interferenze del consiglio capitolino o di quello metropolitano. Manca l’iniziativa dei sindaci a tutela del territorio, come per esempio la minaccia di lasciare in massa i partiti che sostengono i termovalorizzatori a discapito di soluzioni più moderne o, financo, di dimettersi dalla carica di sindaco. Si vede, ed è particolarmente evidente, la mobilitazione dei cittadini che si sono costituiti in vari comitati per la difesa del territorio.
Nel dibattito in corso è stato sostenuto che nel Comune di Acerra il valore degli immobili si sia ridotto del 34% a causa del termovalorizzatore. Se da un lato questa cifra va presa con i dovuti caveat – stabilire un legame quantitativo causa-effetto di questo tipo non è altro che un’ipotesi di lavoro – non c’è dubbio che l’impatto ambientale e paesaggistico del termovalorizzatore sul valore degli immobili dell’area dei Castelli Romani sarà sicuramente negativo: chi mai vorrà acquistare una casa vicino ad una ciminiera i cui fumi si spargeranno per chilometri producendo inesorabilmente un effetto non positivo sulla salute dell’uomo?
Il comignolo cambierà il profilo del paesaggio della campagna romana e della Città Eterna: il cittadino castellano e l’ospite del grand tour, sporgendosi dal balcone di Frascati, vedranno a destra la Vela di Calatrava di Tor Vergata, al centro il Cupolone mentre a sinistra si staglierà nel cielo, con lo sfondo del mare, un “sigaro” fumante.
In questo caso non siamo di fronte alla sindrome del NIMBY (Not In My Back Yard) da parte dei Comuni dei Castelli Romani ma, al contrario, ad un Comune, quello di Roma, che scarica i propri problemi sui Comuni viciniori localizzando impianti e residenze per persone “problematiche” ad un estremo lembo del proprio territorio, in area paesaggisticamente e archeologicamente rilevante, producendo una chiara “esternalità” negativa.
Nei Patti Lateranensi era previsto che nessun edificio potesse essere più alto della Cupola di San Pietro (ma sembra che non vi siano prove giuridiche a tal proposito). Sotto questo profilo il Comune di Roma è salvo: il “Cupolone” è alto 138 metri e quindi il comignolo di 100 metri è “autorizzato”. Ma vi sono molti ostacoli da superare, a partire dalla possibile sussistenza di reperti archeologici (la Soprintendenza vigilerà), dall’opposizione di alcuni partiti politici della minoranza o gruppi dissidenti all’interno di quelli a favore del progetto, dalla non semplice trafila autorizzativo-burocratica ma, soprattutto, dall’opposizione dei cittadini alla costruzione del “bruciatore”, pardon, del termovalorizzatore, a Santa Palomba.
Ringrazio molto Flavio dei suoi commenti.
Gli articoli su Controluce servono a porre problemi ed a sollecitare un dibattito informato. Sarebbe auspicabile che qualcuno di coloro che sostengono che il termivalorizzatore sia sovradimensionato argomentino la loro posizione.
A proposito dell’opporunità di costruire un termovalorizzatore a Santa Palomba, sono stato informato che i due operanti in Toscana sono stati chiusi e che anche altre Regioni stanno seguendo questa linea di azione.
“il termovalorizzatore dovrebbe bruciare 600.000 tonnellate di rifiuti all’anno; quando (e se) il Comune di Roma aumenterà la raccolta differenziata l’impianto risulterà sovradimensionato” Questa affermazione è totalmente errata.
Facciamo due conti della serva:
stando agli ultimi dati ISPRA, Roma produce più di 1.500.000 t/anno di rifiuti.
La raccolta differenziata (RD) è ferma al 45%. Quando e se sarà vicina al 70% (!!!) rimarranno 460.000 t/anno di Rifiuti Urbani Residui da Raccolta Differenziata (RUR) da inviare in discarica oppure agli impianti del Nord.
Ammesso che le oltre 1.000.000 t/anno avviate agli impianti di riciclo vengano trattate correttamente, questa lavorazione produce statisticamente da 10% a 20% di scarti (100.000 – 200.000 t/anno) che si aggiungono alle 460.000 t/anno di RUR: il totale da trattare nel termovalorizzatore sarà quindi 560.000 – 660.000 t/anno. Quindi l’impianto proposto da Gualtieri sarà appena sufficiente quando Roma avrà una Raccolta Differenziata di livello italiano.