‘Limonov’ di E. Carrère
Limonov di Emmanuel Carrère, Traduttore: F. Bergamasco, Adelphi, 2012 € 19,00 e-book disponibile € 6,99
Pare che con questo suo interessante libro, a metà strada tra biografia romanzata e saggio di storia contemporanea, Carrère, scrittore e figlio della storica di fama Hélène C. d’Encausse, abbia compiuto il capolavoro della vita artistico-sovversiva di Eduard Savenko (in arte Limonov ‘granata’), come il protagonista la prefigurava e l’aveva già per buona parte messa in scena. L’Eduard di Carrère è poeta e critico, scrittore, avventuriero in cerca di fortuna negli States, maggiordomo in casa di miliardari, sbandato, alla continua ricerca di compagnia femminile senza disdegnare quella maschile (argomento ancora tabù ai tempi d’un ‘giovane’ nato nel 1943). Limonov, pseudonimo che descrive nell’animo di chi l’ha adottato una deflagrante personalità, diviene l’ottimo Cicerone per attraversare cinquant’anni di storia russa spietatamente pubblica e privata, senza che nei diversi capitoli i due racconti s’accompagnino necessariamente; prevaricandosi di volta in volta senza stancare i lettori, molti dei quali nel 2012, anno d’uscita del libro, non conoscevano né il personaggio né lo scrittore Savenko ma decretarono il grande successo del libro. Il titolo può prestarsi benissimo anche al battesimo di neofiti alla conoscenza della storia d’un Paese tanto grande ed in parte ineffabile come la Russia, alla luce del vissuto di chi c’era nell’era Eltsin, come in quella della glasnost’ di Gorbačëv o quella dell’inizialmente sottovalutato, politicamente, zar Putin… Oltre questo, Eduard non è tenero neppure con molti esponenti di punta della cultura ufficiale o della controcultura: poeta tra i poeti, senza illusioni, vuole rifuggire pose borghesi o intellettuali, sempre alla ricerca di un antieroe di quelli che la letteratura ha conosciuto, distanti forse da D’Annunzio e dalle sue imprese, più vicini a Mishima o al Malraux de La condizione umana o altri che non potevano intendere il pensiero distinto da una qualche forma d’azione, fatte le dovute differenze; azione masochistica in molti casi, come quella del nostro. Carrère costruisce un ritratto vivo e sprezzante, pericoloso e affascinante, meno estetizzante di quel che si potrebbe pensare, (traducibile all’italiana nel ‘fascio-comunista’ alla Pennacchi per la purezza di alcune idee mai contaminate dai fatti, perché ideologia sia, ma pagata a caro prezzo). L’autore, però, è anche capace di smussare alcune asprezze ridondanti di questo scrittore d’azione: facile capirlo leggendo titoli come, per esempio, Diario di un fallito di cui parleremo su queste pagine, dalla scrittura davvero bruciante e visionaria. Carrére sa quando non imporre ai propri lettori gli eccessi d’una personalità affatto coinvolgente. Quando sembra d’aver ‘inquadrato’ il personaggio, protagonista d’una biografia di uomo contemporaneo ancora in costruzione, il lettore si ritrova per le strade di Mosca, nelle periferie, segue i ragionamenti della controcultura degli anni ’70, percorre le roads americane, quelle che credeva di conoscere meglio, come fosse la prima volta… (Serena Grizi)
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