Libertà?
Ad ascoltare le grida contrastanti dei politici e i malumori della piazza, è il caso di porsi una domanda: nel nostro Paese c’è libertà? Sembra proprio di sì, addirittura più che in tanti altri Paesi indubbiamente assai civili. Basta guardarsi attorno. Si costruiscono case, scuole e ospedali dove non è permesso; si passa con il semaforo rosso perché tanto non c’è nessuno all’incrocio; si parcheggia ovunque fa comodo e si gettano rifiuti dove capita; lo scontrino fiscale è un optional; è normale maggiorare il costo di un appalto pubblico… Che si vuole di più? E in caso di “incidente” si trova sempre un “amico” che facilita il condono, cancella la multa, insabbia la pratica, procura l’appalto.
Paga, o porta voti, e non avrai problemi: sarai protetto e soddisfatto. Sottinteso terribile: non avrai più libertà. Nasce infatti un legame di complicità, dunque fortissimo. Abbiamo così un gran numero di centri di potere illegale che per reggersi hanno bisogno di enormi risorse finanziare, sottratte alla comunità e necessariamente di provenienza opaca. Le conseguenze: territorio pericolosamente violentato; opere pubbliche spesso inutili, dai costi fuori controllo; traffico fonte di drammi quotidiani; evasione fiscale da record; finanza pubblica alla sbando; solidarietà sociale, ricerca, formazione e innovazione ai minimi; quale futuro, quali valori si trasmettono ai giovani…
La finzione della democrazia
Al vertice della piramide, o “cupola” in gergo mafioso, si costituisce un potere fuori da ogni controllo che tende all’assolutismo, che blandisce la diffusa insofferenza nei confronti delle regole per sviare l’attenzione da problemi più seri, eguaglia tutti nell’illegalità per legittimare il proprio comportamento. Si trasmette l’idea che in fondo la trasgressione sia debolezza irrilevante, anzi ci fa simili a chi detiene il potere; «facciamo tutti così» e quindi occorre tolleranza, altrimenti saremmo etichettati come moralisti borghesi o, peggio, forcaioli. Il suggerimento: «fatti furbo!». Lo prova il fatto che se mancasse il consenso e il servilismo di tanti, sarebbe difficile l’uso arbitrario del potere spacciato per legittimo. Per questo suonano false le grida “al ladro!”, “allo scandalo!” quando un giudice decide di applicare la legge, o meglio, è messo in grado di farlo nei confronti di un “intoccabile”. Si potrebbe anche ipotizzare che la proliferazione della giungla legislativa venga mantenuta ad arte per mantenere un “sistema” vischioso, soggetto a interpretazioni che lascino vie di fuga ai comportamenti illegali.
Così la democrazia è ridotta a finzione sia dalla cattiva politica, figlia della sete di potere e della corruttibilità dei politici, sia dai cittadini che si inchinano al personaggio influente da servire per propria convenienza immediata, o che osannano il tribuno che grida forte per nascondere l’improponibilità delle proposte, coerente al consueto comandamento: dammi il potere, io ti salverò.
Il disastro che ne consegue, piuttosto che renderci consapevoli e portarci a reagire e ripristinare la legalità che sola può governare in modo equanime la società, nel nostro Paese ciclicamente induce a invocare la presenza dell’uomo forte delegato a sanare tutti mali. Il cerchio si chiude, gli esiti nefasti per la storia più o meno recente del nostro Paese sono sotto gli occhi di tutti.
Due modi di vivere la libertà
Sul piano ideale, si può considerare che tutto questo corrisponda a uno scontro tra modi di vivere la libertà: quella dei servi, che pretendono di non essere ostacolati nel raggiungimento dei propri fini particolari e per questo accettano di essere portati al guinzaglio, per poi crocifiggere il capro espiatorio quando inevitabilmente arriva il conto che l’intera comunità deve pagare; e quella dei cittadini, che pretendono di non essere sottoposti al potere arbitrario di un uomo o di una qualsiasi organizzazione e partecipano attivamente e responsabilmente alla corretta gestione della cosa pubblica.
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