Lettura scenica del Vangelo Esseno della Pace
Nella presentazione del manoscritto tradotto e pubblicato, Torricella ha sottolineato una suggestiva analogia tra due grandi fatti pur lontani nel tempo: da un lato il movimento iniziato da Francesco che portò nel 1200 alla fondazione di un ordine religioso – con la rinuncia ai beni del mondo – all’interno della Chiesa Cattolica, in evidente contrapposizione al potere temporale di questa, dall’altro lato la formazione della comunità religiosa degli Esseni stabilitasi in un ‘monastero’a Qumran sulle rive del Mar Morto intorno al 150 a. C. al tempo dei Maccabei, per il forte dissenso col potere religioso e politico che faceva capo al Tempio di Gerusalemme. Questo movimento, fiorente ai tempi di Gesù, si dissolse dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d. C. ad opera del futuro imperatore Tito. Già da allora infatti, e poi al tempo di Gesù, la vita religiosa e quella politica si intrecciavano profondamente con forti tensioni.
In un clima di incertezza politica e di dissenso, di sfiducia nel futuro, molti uomini devoti alla tradizione mosaica, memori dei moniti degli antichi Profeti sentivano il bisogno che Israele recuperasse l’antica Alleanza con Dio e la sua protezione dai nemici attraverso un rinnovamento spirituale che riportasse ai costumi di vita che la Torah esigeva, nell’attesa ansiosa di un intervento diretto di Dio o di un suo Inviato (Messia). Questo indusse molti a ritirarsi dalla vita attiva e a trovare rifugio nel deserto della Giudea in ritiro monastico.
Nacque così la Comunità di Qumran di cui oggi restano le rovine e sopratutto i manoscritti scampati alla distruzione romana perché nascosti in grotte (Rotoli del Mar Morto) e ritrovati per caso nel 1947. Gli Esseni che costituivano la Comunità (ma anche alcuni che vivevano al di fuori, in città) erano ebrei devoti e pii che osservavano scrupolosamente la Legge convinti che Dio stava per adempiere le sue promesse attraverso un suo Inviato. La Comunità era retta da un Maestro di Giustizia, mai nominato nei tanti manoscritti recuperati, con regole severe che ne scandivano la vita. Giovanni Battista probabilmente era un esseno solitario, che viveva nel deserto con alcuni seguaci e forse proveniva da Qumran. Così agli inizi della predicazione di Gesù due gruppi convivevano nello stesso territorio, quello di Gesù e quello di Giovanni Battista in cui era forte, rispetto a tutti gli altri gruppi principali, l’attesa del Messia che gli Esseni vedevano forse realizzata nella persona di un Maestro di Giustizia mentre Gesù proponeva se stesso. Quasi tutti i manoscritti trovati nelle grotte sono scritti in ebraico antico ma alcuni sono in aramaico. Il manoscritto ‘ritrovato’ da Szekely è in aramaico e potrebbe essere considerato alla stregua di alcuni Vangeli Apocrifi che si moltiplicarono nei primi secoli del Cristianesimo. Ognuno di essi era il risultato dell’adattamento alla cultura del luogo di arrivo del messaggio degli Apostoli e dei loro immediati successori diffuso nelle varie parti dell’impero romano.
È noto infatti che su richiesta di Papa Damaso I negli ultimi decenni del III secolo d.C. attraverso l’opera del dotto S. Girolamo, la Chiesa finì per selezionare tra le varie versioni le quattro redazioni che conosciamo, I Vangeli Canonici associando ad essi le lettere di S Paolo redatte sicuramente circa venti/trenta anni dopo la morte di Gesù, ponendo così un punto fermo sulla questione. Nel testo recitato da Torricella si svolge un (improbabile) dialogo tra un gruppo di Esseni e Gesù (il quale per altro non è citato in nessun dei Rotoli del Mar Morto) al quale essi chiedono insegnamenti e guida su come vivere la loro aspirazione ad uno stile di vita più vicino possibile alla Natura, in un profondo attaccamento alla grande ‘Madre Terra’, che ci dà la vita e a cui si deve ritornare perché solo attraverso essa si potrà raggiungere il Padre Celeste. Nel dialogo vengono riportati i testi più vari, passi e citazioni che suonano come presenti anche nell’Antico Testamento e nel Nuovo Testamento, si riecheggia San Paolo in relazione all’idea dell’Amore come la sola tra le virtù che resterà in eterno perché eterno è l’Amore del Padre Celeste. Tale deve essere l’amore che si pratica tra veri fratelli, coloro cioè che «seguono la volontà del vostro Padre Celeste e della vostra Madre Terra». Fraternità tra gli uomini è dunque il credo degli Esseni, praticata tra i credenti, una grande conquista per l’epoca, che avrà presto una maggiore estensione nel messaggio di Gesù «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli vi odiano …» che è di ancor più difficile attuazione.
Custodi dell’uomo, inviati dalla Madre Terra, sono gli Angeli, (forse anche come tracce di culti orientali) che gli Esseni vedono come esseri spirituali ciascuno associato ad un elemento di vita primordiale: acqua, aria, luce … Di fatto concetti di questo tipo sono contenuti in alcuni dei manoscritti di Qumran. In questo Vangelo – in cui la cura del corpo ha un ruolo fondamentale in quanto Tempio dello Spirito – Gesù risponde anche con molti dettagli sui regimi di vita da tenere, sulla necessità di una vita frugale, di abluzioni purificatrici, rituali di cottura e di assunzione dei cibi, giungendo perfino a dare una ricetta per la ‘cottura’ del pane senza far uso del fuoco; non si dovevano infatti accender fuochi esterni al corpo cioè ‘fuochi impuri’; così il pane impastato e steso doveva essere cotto al solo calore del sole.
In sintesi il Vangelo degli Esseni è una interessante testimonianza del tentativo di un Autore del III secolo di fondere assieme spunti tratti da testi circolanti nel suo ambiente. Non può certo considerarsi un contributo alla chiarificazione della figura del Gesù storico; resta comunque uno scritto, da cui traspare una candida, composita e fervida religiosità, che documenta in modo molto espressivo la fase di transizione attraverso la quale il Cristianesimo dei primi secoli è pervenuto gradualmente, e non senza contrasti, alla sua formulazione dottrinaria.
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