#Nonleggeteilibri – Lettere sulla creatività
Lettere sulla creatività di Fëdor Dostoevskij – Feltrinelli 2011 traduzione di Gianlorenzo Pacini, € 7,00 isbn 9788807820212 e-book € 3,99 disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Sotto questo titolo ‘sibillino’ sono raccolti una parte dei carteggi dell’autore con l’amato fratello Michail e altre lettere ai personaggi più disparati del suo tempo, dal 1838 fin quasi a sfiorare i suoi ultimi giorni di vita. L’argomento, come si evince dal titolo, semplificando, comprende i ragionamenti attorno alla necessità di scrivere alcune opere e come scriverle, e dove può avere attinto un tale scrittore per i suoi personaggi ma, comprensibilmente, anche tutte le contingenze che Dostoevskij deve risolvere per potersi mettere a scrivere: è figlio di piccola nobiltà terriera, senza troppe sostanze e i lavori forzati e l’arruolamento forzoso che ne segue hanno ridotto molto male le sue finanze. Si è già scritto altre volte su queste pagine che avvicinarsi agli autori attraverso autobiografie e scritti personali, aiuta a non andare fuori strada nella loro lettura, rilettura e interpretazione specialmente con gli scrittori che continuano a stare sugli scaffali delle librerie da almeno centocinquant’anni. Questo scritto vale mille volte la lettura anche ‘solo’ per la lettera al fratello, datata 22 dicembre 1849, nella quale Dostoevskij racconta la partenza per la Siberia la sera di Natale per scontare i quattro anni di lavori forzati ai quali è stato condannato. Viene fatto salire in ceppi su una slitta scoperta assieme ad altri forzati, anche se il buon cuore di chi comanda il trasferimento dei prigionieri li fornirà ben presto di slitte coperte e contribuirà in buona parte ai pasti caldi, e attraversando decine di stazioni di posta, la spedizione arriverà venti giorni dopo alla fortezza di Omsk (la sera di Natale, nel passare per la città, l’autore vedrà le case illuminate a festa); tutto questo dopo aver scampato, nel pomeriggio di quello stesso giorno, la condanna a morte. Segue la descrizione della cadente caserma in legno dove trascorrerà quattro lunghi anni fra sporcizia, freddo, fatica e promiscuità, ma ricavandone i caratteri per molta parte della sua produzione e soprattutto per Memorie da una casa morta. Dostoevskij, raggiunto il successo, in parte economico ma soprattutto sociale, diventa mentore per molti giovani che gli riconoscono un’alta capacità di distinguere tra il bene e il male in considerazione del suo interesse per la morale e l’opera di scavo in profondità nei sentimenti potenti che muovono i tormenti dei suoi immortali personaggi. L’autore non si sottrae ai molti carteggi e al contempo mantiene ottimi rapporti con i propri amici e mecenati, con chi, fondamentalmente, lo stima e può dirgli la parola giusta attorno a capitoli che va scrivendo, fino alla stesura dell’ultimo capolavoro, terminato pochi mesi prima di morire, I fratelli Karamazov. Fra le righe s’avvertono le presenze di scrittori coevi che considera propri modelli, altri meno stimati, giornalisti, colleghi editori. Nelle pagine il senso d’una società in cui le scelte dissidenti provocavano immediate terribili condanne, come accade anche ora in molte parti del mondo ma senza che questo sembri scuotere più di tanto le coscienze di chi non è toccato direttamente. Fra le lettere si coglie il senso d’una storia personale desiderata che infine riesce a farsi realtà nelle mani di chi la va costruendo e, allo stesso tempo, la profonda immersione nel proprio tempo che pure l’autore scruta con giusta distanza: questi possono considerarsi punti di vista di grande attualità in un mondo i cui meccanismi sembrano ormai funzionare al di sopra della persona. Immenso! (Serena Grizi)
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