‘L’estraneità del corpo’ di Andrea Rega
L’estraneità del corpo. Fragilità naturale, potenza dell’immaginazione tecnica, desiderio d’infinito, di Andrea Rega – Mimesis, Milano, 2019, 14.00€
Dietro ad una medesima volontà di vivere tanto lungamente da non arrendersi all’idea della morte, muovono diverse ideologie. Queste posizioni, tanto estreme quanto contrapposte, perdono di vista il rapporto uomo-natura. Da una parte, l’ecologia profonda. Ovvero, la narrazione dell’indietreggiare fino ad imbattersi in un’arcadia primigenia. Là dove l’uomo, come animale tra gli animali, ritrova il suo stato di natura. Dall’altra parte, la tecnoscienza dei manipolatori informatici della genetica. I quali, con l’apparente intento di voler comprendere i segreti, più intimi, della natura e della natura umana, si preparano, in verità, a superare, tecnologicamente, entrambe. L’enunciato delle sole idee, tuttavia, non è tanto dannoso quanto i relativi risvolti pratici. Mentre tecniche computazionali assemblano piccoli frammenti di DNA fino al sequenziamento dell’intero genoma di un dato organismo, al contempo nelle medesime latitudini, qualcun altro è, totalmente, dedito alla fitoterapia. Non una predilezione occasionale, come quando si ricorre alla propoli per il mal di gola leggero, ma una convinzione ferrea da mantenere anche di fronte al cancro. Di fatto, come hanno mostrato diversi episodi di cronaca, ciò equivale ad abbracciare la morte restando convinti di potersi salvare al di là delle cure ospedaliere. Nel tempo in cui c’è chi “cura” senza farmaci, in quanto convinto che questi rappresentino ritrovati dannosi legati agli interessi dell’indotto chimico-farmaceutico, altri preferiscono ricorrere alla medicina preventiva. Non la semplice visita dal medico familiare, le analisi di routine e i check-up, ma uno studio attento del proprio DNA. La proiezione probabilistica dello stesso, anche in relazione ad aspetti ereditari, porta a decisioni drastiche. Asportazione chirurgica preventiva. Ovvero, rimuovere parti ancora sane del proprio organismo – seno o utero, ad esempio – perché, in un futuro prossimo, potrebbero sviluppare cellule tumorali. Entrambe le convinzioni e i relativi modi di procedere non considerano l’estrema complessità del corpo. Questa non può essere ridotta alle sole problematiche legate agli erronei stili di vita né si risolve, come vorrebbe Elon Musk, interfacciando il cervello umano con un super computer. L’uomo, nel suo aspetto fisico e corporale, è all’interno del sistema biologico e lì dovrebbe restare evitando slittamenti a favore delle ibridazioni cyborg. Ciò non significa smettere di ricorrere alla razionalità e alla tecnica, proprie della persona umana, per supportare la sua stessa neotenia e arginare gli aspetti più insidiosi dell’ambiente naturale. La medicina degli esperti, così come le tecnologie edilizie e quant’altro, rientrano in questa tensione che è capace di trasformarsi, senza degenerazioni, in scienza per l’uomo. Un sapere esperto che riflette sui suoi strumenti e vaglia i propri risultati, alla luce della ragione pubblica e del metodo sperimentale, liberandosi dal dominio della doxa e da spinte transumane.
Dott.ssa Monia Camuglia – Presidente Società Dante Alighieri – Praga
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