L’ESPERANTO QUESTO SCONOSCIUTO
E se improvvisamente ci si ritrovasse tutti sulla mitica torre di Babele e scendendo ci si accorgesse che tutti comprendono tutti, senza difficoltà, senza barriere: nessuna traduzione da fare, il messaggio arriva direttamente…
Un salto in un mondo linguistico forse poco conosciuto è stato oggetto il 19 giugno di un’interessante conferenza nella sede dell’Associazione Di Terra e Di Parole a Frascati. Presentati da Matilde Ventura, ospiti d’onore la dott.ssa Michela Lipari, il dott. Giorgio Denti e il prof. Ugo Intini hanno intrattenuto piacevolmente un’attenta platea di ascoltatori. I loro interventi hanno coinvolto i presenti e stimolato riflessioni interessanti.
Si sa che una lingua assurge al carattere ufficiale di internazionalità quando appartiene a un Paese forte politicamente ed economicamente: lo è stato il greco, poi il latino, il francese, ora l’inglese… per abbreviare e semplificare ci si limita ai confini del mondo occidentale. E le lingue di ogni nazione non così incisive a livello internazionale restano circoscritte ai propri confini, conosciute da appassionati filologi, affidate a traduttori meccanici o umani nei momenti di ufficialità.
Certo, non è detto che chi parla la stessa lingua necessariamente viva rapporti pacifici di convivenza, non stiamo postulando utopie: oltre allo stesso idioma, altri fattori concorrono per una vera coesistenza sociale con un condiviso rispetto delle regole e una reciproca conoscenza.
Ma il sogno di un mondo senza barriere, con una chiave di interpretazione di culture lontane e tanto diverse resta un miraggio: nessuno vuol cedere lo scettro ad altri della propria cultura e della lingua di appartenenza. Tutto questo sembra legittimo, ma…
E se invece ci fosse una lingua parallela, comune, non unica che avvolgesse l’intero pianeta e fosse conosciuta da tutti, in modo che ciascuno possa intendere l’altro senza difficoltà? A questo avevano già pensato nei secoli scorsi studiosi internazionali, ma nel 1887 Ludwik Lejzer Zamenhof concretizzò un suo desiderio di realizzare una lingua “universale” che permettesse di comunicare senza escludere le diversità linguistiche esistenti nel mondo.
Risale al 1905 il primo congresso mondiale dell’esperanto che, ad eccezione dei periodi dei conflitti mondiali, viene riproposto a cadenza annuale: erano presenti oltre millesettecento persone di varia nazionalità.
Ha subito persecuzioni questa lingua in diverse occasioni storiche, malvista da Hitler e Stalin, ma anche da capi di Stato che ne vedevano pericoloso veicolo di contatti tra avversari politici e strumento di propaganda.
Ma come nasce l’esperanto? La sua origine scaturisce da parole scelte tra quelle che hanno una radice comune nelle diverse lingue. E una lingua può definirsi tale quando ha una propria cultura e letteratura; in esperanto sono stati tradotte opere mondiali che travalicano i confini di uno Stato: la Bibbia, opere di Andersen e Shakespeare, la Divina Commedia, Pinocchio e altri capolavori di levatura internazionale. Ma vanta anche poesie, fumetti, libri per l’infanzia, opere teatrali, libretti di opere classiche che possono essere letti e condivisi ovunque nel mondo.
Charlie Chaplin nel Dittatore ha usato l’esperanto per dar voce a tutte le lingue del Ghetto. Una panacea per i contatti umani? No, ma certamente una modalità di avvicinamento e conoscenza: in campo medico, oltre all’inglese viene utilizzato per scambiare informazioni internazionali e anche Radio Vaticana trasmette in tale lingua; Giovanni XIII e Papa Wojtyla, ma anche Einstein, Robert Kennedy erano esperantisti. Recentemente l’università di Parma ha istituito un premio per la migliore tesi in Esperantologia. Ben venga la conoscenza di veicolo ausiliario di comunicazione e avvicinamento culturale: questo mondo sempre più diviso e ostile, nel quale i contatti umani si stanno riducendo al virtuale ne avrebbe proprio necessità, perché la conoscenza e il dialogo costruiscono rapporti e avvicinano demolendo pregiudizi e barriere.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento