L’Esperanto
In un tempo in cui l’Europa tenta di riconoscere se stessa, come insieme di nazioni e nazionalità diverse eppure accomunate da una voglia di unità senza confini, nell’idea di una scelta linguistica che sia al di sopra delle parti, non più serva del potere dell’Economia, quindi dell’inglese, ma fiera del potere dell’Etica, l’adozione dell’Esperanto appare l’ideale da raggiungere.
Nata nel 1887 per iniziativa del medico polacco Ludovico Lazzaro Zamenhof, dal quale indirettamente prende il nome (lingvo internacia de Doktoro Esperanto = lingua internazionale del Dottore che spera) si pone come finalità non quella di sostituire le lingue nazionali (al contrario, gli esperantisti sono tra i più convinti difensori del valore della diversità delle culture, e sostenitori della pari dignità di tutte le lingue) bensì di fornire uno strumento agevole e non discriminatorio per la comprensione reciproca a livello internazionale. Nato da un ideale di pace, collaborazione e intercomprensione tra gli uomini, l’Esperanto si pone al di sopra di ogni differenza etnica, politica, religiosa, e – proprio perché lingua propria di nessuna nazione e insieme accessibile a tutti su una base di uguaglianza – tutela contro il predominio culturale ed economico dei più forti e contro i rischi di una visione monoculturale del mondo. Ortografia, fonetica, grammatica e sintassi dell’Esperanto (il quale nasce dalla comparazione tra un certo numero di lingue internazionalmente più diffuse) si basano su principi di semplicità e regolarità: ad ogni suono corrisponde una sola lettera e ad ogni lettera un solo suono; non esistono consonanti doppie; non esiste differenza tra vocali aperte e chiuse; l’accento cade sempre sulla penultima sillaba; le regole grammaticali sono appena 16 (sedici) senza eccezioni; vi è una grande libertà di composizione della frase, senza collocazioni obbligate delle varie parti del discorso. Il lessico dell’Esperanto, tratto anch’esso da una comparazione selettiva, è continuamente arricchito da un utilizzo sempre più diffuso, sia in Europa che in Paesi extraeuropei. Grazie ad un razionale e facilmente memorizzabile sistema di radici, prefissi e suffissi, si raggiunge, partendo da un numero abbastanza ridotto di radici, un tesoro lessicale capace di esprimere anche le più sottili sfumature di pensiero, in una forma comprensibile a popoli di diverse tradizioni culturali. Oggi, l’esperanto è lingua pienamente matura, con una comunità di parlanti diffusa in tutto il mondo ed un corredo completo di mezzi espressivi. In Italia, l’organizzazione nazionale è coordinata dalla Fei (Federazione Esperantista Italiana) sottoposto alla vigilanza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Di seguito, uno stralcio dal discorso tenuto a giugno in occasione di una cena organizzata dal Gruppo Esperantista Tuscolano.
«Kiam ideo justas, oni devas subteni gin ciamaniere, se nur dirante “estas juste”, sendepende de la nombro de la homoj kiuj subtenas gin.
Kial estas justa la disvastigo de Esperanto, cefe en Europo kie ni elspezas multe da mono por tradukistoj, interpretistoj kaj advokatoj.
La Esperanto estas lingvo internacia, pri la vortaro, kaj ne favoras aparte landon. Lerni bone Esperanto eblas, estas eble, malsame al etnaj lingvoj, car Esperanto estas facila kaj racia. Gi havas malmultajn regulojn, sen esceptojn, kaj tre facilan elparolon».
«Quando un’idea è giusta la si deve sostenere in ogni maniera, anche dicendo soltanto “sarebbe giusto”, indipendentemente dal numero delle persone che la sostengono. Perché è giusta la diffusione dell’Esperanto, soprattutto in Europa dove spendiamo molto per traduttori, interpreti ed avvocati. L’Esperanto è una lingua internazionale per quanto riguarda il vocabolario, non favorisce nessun paese in particolare. Imparare bene l’Esperanto è possibile, diversamente dalle lingue etniche perché l’Esperanto è facile e razionale. Ha poche regole, senza eccezioni, e una pronuncia molto facile».
A Frascati, presso la Biblioteca Comunale, si svolgono lezioni gratuite, ogni mercoledì, sotto la sapiente cura di Carlo Del Vescovo.
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