“Lente sulla politica con la p minuscola?”
La politica? Va studiata. No? E poi applicata. E’ facile dire “Leoni da tastiera”! Meglio Leoni da tastiera che “tornado praticone”! Distrutto tutto, quale problema rimane? La critica costruttiva è il sale della democrazia. Paradossi e Leoni a parte, forse il paradigma va invertito: si parte dal basso ma rispettando l’istituzione. L’eletto deve amministrare e chi decide di mettersi in gioco o occuparsi delle problematiche, può creare opposizione costruttiva per il bene di tutti, con la parola, lo scritto, i rapporti ma non può occupare un posto o gestire situazioni che non gli competono se non eletto o non abbia ricevuto un incarico. Altrimenti si rischia di rompere quel gioco delle parti che è democrazia. Normale che, il formarsi dal basso, implica poi una pratica che può avvenire solo all’interno della struttura amministrativa con passione e voglia di apprendere una volta eletti. La cooptazione un’eccezione e piccoli incarichi “figurativi” che peso hanno? L’instabilità, che oggi è ravvisabile nell’astensione, nella nascita e morte di partiti, nell’aumento e diminuzione del consenso, nei valori “ballerini” genera maggior confusione nell’elettorato e nell’individualizzare e proporre un impegno e nei leder che invece di fornire un’idea, risolvere problemi e mettersi a disposizione, inseguono “gli stati d’animo” del momento. La politica? Visione, studio, metodo. E’ utile non studiare la politica? Se nessuno s’impegna, dalle varie “sfaccettature”, avendo più esperienze ed essere corretti, niente si risolve. Approccio corretto per la soluzione dei problemi. Il limite e gli equilibri: idoneità, studio, capacità di mettere in accordo e applicazione. L’azione pubblica si sostanzia in indirizzo politico e indirizzo amministrativo: ciò significa che la politica indirizza e controlla e l’amministrazione esegue. Pertanto la politica non è solo la buca, il palo, il taglio dell’erba ma logos, partecipazione, visione completa dove le specificità sono ricomprese. Presupposto? Libertà e diritti. Il paradosso dei paradossi? Se la politica, come spesso si sente dire, è “sangue e merda”, il cittadino che speranza ha? Nel senso che cosa ci si può aspettare? E’ chiaro che ci si riferisce anche alle difficoltà che la politica incontra ma non solo. La società è complessa ma ciò è una giustificazione o la giustificazione è individuare le problematiche, ascoltare la cittadinanza sulle priorità, dare una visione di futuro, presentarsi alle elezioni, proporre un programma politico facendo la sintesi, dialogo costruttivo con tutte le forze idonee e affini, una squadra di governo a maggior ragione se il sistema elettorale proporzionale? La questione delle questioni? Lo scollamento tra eletti ed elettori e i limiti della democrazia diretta e rappresentativa. In certe situazioni, occorre forse far ricorso a responsabilità, ponderazione, chiarezza, un’idoneità all’ascolto e a cercare di risolvere le problematiche in maniera corretta. E soprattutto rispetto per l’elettore. Altrimenti? Isolare mettendo contro i concorrenti e illudendo terzi che si fa parte della squadra, sfruttare, furbizia eccessiva… Affrontare le problematiche ma, il rigirare le proprie idee, vendersi le idee, le parole e le azioni altrui, provocare, far generare il timore referenziale, fare un’affermazione-domanda per prendere come volere di chi risponde e ricamagli sopra di ciò che ha detto per costruirgli attorno il contesto e li contenerlo, affiancare il soggetto e incalzarlo, bugie e risate sorde, dare importanza illudendo e poi fornire le spalle, contraddirsi (fare una proposta e poi negarla) sono alcune pratiche idonee? E la dialettica politica? Assente. La si butta in caciara, promesse e ancora promesse, buon viso a cattivo gioco, s’inseguono le posizioni altrui e le si fanno proprie, tatticismi senza strategia del bene comune, si passa a testa bassa, sorrisi e parole soffuse, la sfida fine a se stessa, la caciara per non fare capire la situazione e prendere tempo, il dolo (indurre a comportamenti denigratori facendo perno su di un punto di attacco), indurre in errore (falsa rappresentazione di un fatto) e la violenza (minacce, atti)… E poi? Naturalmente il ragionamento pacato insistente per evitare il confronto e la mediazione, poi mettere a proprio agio trovando un argomento pretestuoso per arrivare a un altro “dissimulato”, aggredire verbalmente per far “sputare il rospo”, cogliere il momento di stanchezza mentale per stancare ulteriormente il soggetto con atteggiamento pedante induttorio e istigatorio, l’utilizzo della paura, creare analogie per sapere se c’è stata un contatto o un rapporto, comandare incessantemente “a bacchetta”, fischiettare o canticchiare al ragionamento altrui per impedire una discussione e far passare solo la propria volontà, a una domanda o essere sottoposti a una domanda e rispondere e sentirsi rispondere con un’offesa, la prepotenza, la doppia faccia, il diniego di dialogo, la vessazione psichica, ordini di servizi vari per ingenerare rapporto autoritario e mettere in soggezione nonché distrarre, il ritagliarsi punti di forza, il sentirsi attribuito il contrario di ciò che si è, essere “scienziati di fisiognomica”, pregiudizi, dire una cosa e farne un’altra, fare azioni negative essere scoperti e cercare di coprire il tutto con altre azioni negative, non riconoscere l’altrui attività, decidere della vita altrui, una domanda e se la risposta è negativa si ha il modo per il boicottaggio con annesso rimprovero, distrazioni, accondiscendenza di ciò che torna utile, accontentino, il rito del “rispetto assoluto” come forma per non aprire al dialogo (per non fornire risposte), cooptazione non ponderata, parlare al “bambino”, ogni criticità personale per tenere in sospensione, sparlare in nome altrui, dare attuazione alle proprie idee con l’illusione di assecondare ma con altre persone per bloccare tramite fiducia o altra utilità, dividi et impera, mandare avanti il “complice” per mettere in soggezione e se non ci si riesce subentrare come “giudice” (due contro uno), basare il giudizio sulle parole di terzi, concorrenza sleale, ripetere le stesse cose facendo finta di non capire oppure ricominciare daccapo in una questione già decisa, frasi fatte per far desistere, simulazione, rigirare le proprie azioni e parole magari falsificando la realtà, mancanza di preparazione, indifferenza, domande fuori contesto cui in sé anno già la risposta o la si fornisce senza ascoltare, consigli, comandi, affermazioni, fiaccare la volontà con provocazioni, minacce e desideri per mettere in soggezione e poi assorbire e mettere a servizio, l’utilizzo di terzi per controllo e rinfacciare le proprie azioni, farsi i calcoli sulle condotte precedenti dei soggetti, coazioni psicologiche, rigirare le altrui dichiarazioni, l’utilizzo della fisicità, teatralità, buon viso a cattivo gioco, prescrizioni per bloccare o deviare e rinunziare, mettere contro la famiglia dall’interno e cittadini dall’esterno, illudere, approfittarsene finché si può, essere affiancati da conoscenti che vogliono carpire notizie, false informazioni per porre in errore e dare una falsa rappresentazione della realtà per gestire o nascondere, rigirare la propria personalità e assecondarla, giochi di potere, fare una domanda e darsi una risposta, incapacità, maleducazione, arroganza, prepotenza, no confronto, fare finta di niente, formalismo eccessivo del rito per trarre in errore e ottenere un alibi, cercare di deviare tramite proposte o risposte, rispondere con bugie o con le frasi e azioni dell’interlocutore, domande trabocchetto, si sparla di terzi e si aspetta un contributo nello stesso senso per riferire, interpretare a proprio vantaggio e svantaggio altrui, stesse domande insistenti e non accettare la risposta ma la risposta che si vuole sentire pensando che sia veritiera e trasformarla in punto d’attacco, comportamento saggio per mascherare le proprie lacune. E poi? Si ascoltano le intenzioni e si applica la propria strategia, proporre ciò che non si vuole, in pubblico ti affiancano gli avversari per far vedere che sei con loro, oppure scappa qualche rimprovero o commissioncina da bambini per far vedere che il soggetto non è indipendente, parlare in nome e per conto altrui ma con parole proprie per propri obiettivi, boicottare, avere pregiudizi, ragionare con invidia e gelosia, remare contro, consigli sbagliati, consigli da saggio per giustificare le proprie azioni di contrasto, tattica senza strategia… E Poi? Dissuadere, informarsi su ciò che non si gradisce e lo si spiattella in faccia, mettersi di mezzo, dire il contrario di ciò che si pensa, tentare di mandare a fondo facendo avvicinare da soggetti poco raccomandabili o da generare allusioni, ribadire con tono paternalistico caratteristiche proprie positive come se non le si possedesse, tentare di far conformare al proprio “credo” per inglobare e gestire, mettere in opposizione terzi, imporre sempre un discorso e non lasciare dialogare per dare l’illusione della conversazione ma solo per far perdere tempo e ottenere eventuali informazioni, mezze frasi per ottenere risposte che completano per cercare di capire il pensiero altrui, recitare la parte di chi è in disaccordo simulando di allontanarsi, rabbonire assecondando gli interessi del soggetto, inserirsi nel contesto altrui con prese di posizione, fare domande e darsi delle risposte senza far parlare l’interlocutore, alzare la voce, attacchi personali per mettere in soggezione e prendere posizioni altrui, controllare il soggetto con chiedere favori, sparlare e comunicare il pensiero altrui per isolare, rapporti amicali per inglobarlo nei propri voleri, sfruttare, avere un tono saccente simulando di sapere per ottenere informazioni, a un pensiero contrapporre azioni d’imitazione, dare ordini per tenere il soggetto in soggezione utilizzando le sue passioni, ingenerare paura tramite fatti infausti futuri inesistenti, fare intendere per convincere, dire parte della storia per ottenere il consenso, avvicinarsi tramite favori, se non riescono a battere l’avversario si mettono a servizio per controllarlo e influenzarlo, arroganti quando va bene e servi quando no, guardare sempre i problemi degli altri e mai quelli propri, essere bugiardi spudoratamente e inventare su se stessi ciò che manca per competere, fare il moralista coprendo la propria immoralità, mettere terzi e non se stessi in competizione, affibbiare il comportamento altrui e non il proprio come fosse il suo, controbattere a ogni parola o azione per imporre, motivi viziati, parole rassicuranti per coprire un’attività di contrasto, mancanza di rapporti per non avere dialogo, dare risposte saccenti con contenuto falso, neutrale azione, pensiero o rapporto con altra azione, pensiero o rapporto uguale, concorrenza a parole da una parte contro fatti dall’altra, fama, ricchezze, interessi… Quindi un turbamento psichico che può tradursi in un’incapacità di autodeterminazione e sulla consapevolezza delle azioni. Una questione di metodo politico? Prima s’individuano le problematiche, si studiano e si apportano soluzioni e poi ci si mette a disposizione per risolvere la problematica o il contrario? Si parte dal basso (rapporto con il cittadino) o dall’alto (cooptazione)? Una via di mezzo? Oppure la politica è fuori dalla politica? Paradosso? Resilienza, le parole pesate in base alla satira o alla cattiveria (forse solo queste prese in considerazione nei limiti del danno?), quindi discernimento per chi fa politica. Un politico, più studi (giuridico-economici, storici, filosofici, etc.) lavori e istruttorie è in grado di fare, meglio sa intervenire per apportare un contributo risolutivo alle problematiche con un atteggiamento di ragionata prudenza e fornire, magari, anche una visione completa. Va recuperato il ragionamento politico, dove il discorso è tale quando è comprensivo della storia, complessità, cultura e la collaborazione positiva che nasce dal voler risolvere le problematiche. Costruire intorno a idee, dialogo, realtà fattuale e confronto pertanto. Se l’attività della politica è d’indirizzo e controllo ma non ha idee che indirizzo fornisce? E il controllo? La volontà? Espressa anche in maniera educata: educazione non significa debolezza. Le idee sono fondanti. Il consenso fine a se stesso: e poi? Tutte queste parole sono “lente sulla politica con la p minuscola?” D’altronde, non tutti sanno giudicare se stessi, figurarsi accettare il giudizio altrui. Magari dell’elettore… E poi? Basta la lettura, l’osservazione, il dialogo e il confronto per raccogliere quanto detto e magari altro ancora… Il limite?
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