L’EMERGENZA DEL CORONAVIRUS NEI CASTELLI ROMANI: UN PIANO DI EMERGENZA PER FARE DI NECESSITA’ VIRTU’
In questi giorni assistiamo a un evento del tutto straordinario: il Coronavirus si sta diffondendo anche nel nostro Paese e le autorità stanno affrontando l’emergenza con capacità e competenza, dimostrando che, al di là dell’autolesionismo nazionale, siamo un grande Paese.
Le misure previste e messe in atto dalle autorità seguono criteri e protocolli elaborati sulla base delle conoscenze scientifiche, inclusi provvedimenti di restrizione personale: alcune città vengono isolate, attività sportive vengono sospese, scuole e università vengono chiuse. Tutto questo mette le persone in uno stato di incertezza, di paura, di fronte all’ignoto a cui l’individuo tende a reagire con comportamenti irrazionali e possibilmente non coerenti con le esigenze della collettività.Per esempio nel 1973, in occasione della crisi energetica, si diffuse la pratica dell’accaparramento di prodotti in vista di una loro possibile scomparsa dai negozi. E qui viene il ruolo delle comunità locali e delle loro rappresentanze politiche che sarebbe opportuno si attivassero rapidamente per costruire insieme una rete di protezione individuale e collettiva nei confronti di questo evento epocale.
In altri termini, cosa si farà nelle nostre strade, nelle nostre case, nei nostri luoghi di lavoro, di fronte a decisioni di emergenza provenienti dalle autorità che potrebbero cambiare radicalmente la nostra vita quotidiana che, per definizione, hanno valore generale ma vanno attuate a livello locale? Sarebbe dunque opportuno che al più presto le Amministrazioni comunali, le Forze dell’ordine, le Associazioni di volontariato, i Centri anziani, le Organizzazioni culturali e sportive, le scuole e le altre espressioni della vita cittadina si incontrassero e varassero un piano di “salute pubblica” condiviso e partecipato.
Sperando che questo piano non debba mai essere messo in atto, l’occasione sarebbe preziosa per stringere i ranghi delle nostre comunità e rinsaldare i legami virtuosi di una società che sta si sta paurosamente sfaldando. Fare di necessità virtù. Il modello può essere quello del periodo post bellico della Seconda Guerra mondiale, quando tutti i cittadini, insieme, si rimboccarono le maniche e ricostruirono le nostre città devastate dagli eventi bellici con spirito unitario, solidaristico, di collaborazione ricostruendo il tessuto sociale.
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