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Legge Pinto sulla ragionevole durata del processo

Legge Pinto sulla ragionevole durata del processo
Dicembre 02
18:59 2015

Il d.l. 83/2012 ha introdotto delle modifiche alla legge 89/2001 per quanto riguarda la ragionevole durata dei processi. In particolare all’art 2 della legge in questione sono stati aggiunti i commi 2 bis e 2 ter. Il comma 2 bis stabilisce che si considera rispettato il termine ragionevole se il processo non eccede la durata di 3 anni in primo grado, di 2 anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità, ossia la Cassazione.  Ai fini del computo della durata del processo, lo stesso si considera iniziato con il deposito del ricorso  introduttivo del giudizio o con la notificazione  dell’atto di citazione.  Si considera rispetto il termine ragionevole se  il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in 3 anni,  e se la procedura concorsuale si è conclusa  in 6 anni.  Il process penale si considera iniziato  con l’assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile,  ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza  della chiusura delle indagini preliminari. Nel comma 2 ter invece si stabilisce che si ritiene comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile, facendo quindi stato, in un tempo non superiore a 6 anni. Ora il problema si è posto dal momento in cui nell’interpretazione dell’articolo 2 in oggi, ed in particolare dei commi 2 bis e 2 ter di recente introdotti, si sono sviluppate teorie diverse, per cui da una parte si riteneva la norma applicabile solo ai casi in cui il processo si sia svolto in tutte le sue tre fasi, dall’altra era considerata applicabile anche a processi svoltisi e conclusisi in primo ed unico grado. Secondo quest’ultima impostazione però si determinava la possibilità che, in mancanza di impugnazioni, il giudizio di primo grado sarebbe potuto durare fino a 6 anni senza poter appellarsi all’irragionevole durata del processo, data appunto l’interpretazione fornita in merito alla norma relativa. In base alla legge esaminata la valutazione della durata ragionevole si determina:

  • Per i procedimenti svolti in primo ed unico grado di durata non superiore a 3 anni;
  • Per i procedimenti svolti in due gradi di giudizio, si parla al massimo di 5 anni;
  • Per i procedimenti avvenuti nei due gradi ed anche in Cassazione la durata massima complessiva è di 6 anni.

La Corte ha così chiaramente definito che l’interpretazione della norma per cui si potrebbe far riferimento all’unico grado di giudizio è indubbiamente errata, escludendo così che un processo realizzato in primo ed unico grado possa durare 6 anni senza incorrere in irragionevole durata. Si è reso quindi evidente sottolineare come il significato del comma 2 ter, laddove si parla di giudizio definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a 6 anni, è quello di una norma di chiusura, che richiede una valutazione complessiva del giudizio in tutti i suoi 3 gradi. In definitiva quindi il termine di 6 anni si riferisce a tutti i 3 gradi di giudizio. Un processo svoltosi in primo grado, in appello ed in Cassazione non può avere durata maggiore di 6 anni.

Cassazione civile, sezione VI civile, sent. 18839/2015

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