“Le otto montagne” di Paolo Cognetti
«(…) Era tutto. Quando mia madre finì il suo racconto mi vennero in mente i ghiacciai. Il modo in cui mio padre me ne parlava. Lui non era uno che tornava sui propri passi, né amava ripensare ai giorni tristi, però certe volte, in montagna, anche su quelle montagne vergini dove non era morto nessun amico, guardava il ghiacciaio e qualcosa nella sua memoria veniva a galla. Diceva così: che l’estate cancella i ricordi proprio come scioglie la neve, ma il ghiacciaio è la neve degli inverni lontani, è un ricordo d’inverno che non vuole essere dimenticato. Soltanto adesso capivo di cosa parlava. E sapevo una volta per tutte di aver avuto due padri: il primo era l’estraneo con cui avevo abitato per vent’anni, in città, e tagliato i ponti per altri dieci; il secondo era il padre di montagna, quello che avevo solo intravisto eppure conosciuto meglio, l’uomo che mi camminava alle spalle sui sentieri, l’amante dei ghiacciai. Quest’altro padre mi aveva lasciato un rudere da ricostruire. Allora decisi di dimenticare il primo, e fare il lavoro per ricordare lui.»
Il meritatissimo e ben scritto Premio Strega 2017, Le otto montagne di Paolo Cognetti, è un altro tassello fondamentale della Letteratura Italiana. Un altro campione letterario dell’ancestrale e viscerale rapporto uomo-terra, qui una montagna della galassia Alpina nell’epico e laborioso Settentrione nazionale. Il Nord dei monti che si incontra e scontra con la sua pianura (una comparsa o poco più) dove ora tutto e tutti ristagnano o si muovono forzatamente imprigionati da chi o cosa, predati dallo smog e di umori. La città sembra vergognarsi proprio ad entrare in scena. Un sentimento che infine chiama dall’estremo Oriente della ancor più immensa Pangea Euroasiatica. L’odissea dei protagonisti. Le vicende umane che eclissano l’anfiteatro naturale che si presenta loro nella sua impassibile sovrumanità, più delle nuvole nei confronti delle vette o dei metri di neve invernale al suolo. La montagna creditrice di vita contro la montagna debitrice invece. Gladiatori il cuore e la ragione. (Alessandro Aluisi)
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