Le opere valide spesso ignorate dalla grande editoria
Erano alcuni anni che il prof. Giorgio Bàrberi Squarotti, uno dei vertici della critica letteraria italiana del Novecento, non veniva ai Castelli Romani. L’occasione è sorta dalla pubblicazione del suo saggio su Pascoli nel centenario della morte del poeta: Pascoli, il libro e la bicicletta (Edilet, Roma).
Il testo è stato presentato – in un tour de force – al Liceo “Joyce” di Ariccia, all’Università Tor Vergata di Roma, al Liceo scientifico “Newton” di Roma. Il primo giorno della sua venuta, Barberi Squarotti è stato salutato dal Premio nazionale “Terzo Millennio” al teatro dei Dioscuri nella Capitale per la sua recente opera, dal poeta Giulio Panzani. I suoi presentatori agli incontri con gli studenti nelle tre sedi citate, sono stati gli scrittori Marco Onofrio, Aldo Onorati, la poetessa Ivana Uras e lo storico della Letteratura Fabio Pierangeli.
Nonostante gli impegni, il prof. Bàrberi Squarotti mi ha rilasciato la seguente intervista per “Controluce”.
D.- Professore, coi mezzi telematici, il libro di carta sembra lasciare il posto a quello sul computer. Finiranno le biblioteche, per entrare tutte in un dischetto che contiene migliaia di testi?
R.- Credo che si tratti di un falso problema, legato con l’ideologia della modernità e con l’altrettanto ideologica mania della tecnologia sempre più raffinata e sempre più volta non a soddisfare i valori fondamentali della vita, ma i piaceri effimeri e per lo più inutili che portano enormi guadagni ai produttori e impoveriscono disastrosamente la gente comune. Come si può leggere un libro in treno o su un autobus o su una spiaggia o in mezzo a un bosco o a un giardino, o anche camminando sì in luoghi solitari, ma perfino in città, se non tenendo in mano un libro fatto di carta e di lettere stampate? In video e nelle biblioteche telematiche si possono ricavare spunti e particolari specifici, sempre alquanto brevi, ma più in là non ha senso andare. E poi la lettura comporta la rilettura, il ritorno indietro di un episodio o di un concetto o di una vicenda. I mezzi di comunicazione di massa sono sempre molto ingombranti, a differenza del libro. Bisogna diffidare almeno un poco di chi offre magnifiche sorti a danno e cancellazione di tutto il passato: si vuole soltanto farci spendere denaro per sempre più offensivi guadagni
D.- Professore, dicono certe statistiche: in Italia sono calati di 700.000 unità i lettori. I libri che reggono alle vendite sono quelli dei mezzi busti televisivi e degli attori…
R.- Molte librerie stanno chiudendo, ma molte altre, almeno a Torino, se ne aprono, specializzate in generi di libri, e non più “generici”. Al Salone del libro di Torino i visitatori e gli acquirenti sono aumentati notevolmente. Non sarà che i librai non sono capaci di “vendere” i libri che veramente interessano e propongono soltanto, mettendo sul banco quelli di moda, e non quelli che altri vorrebbero? Quanto dici dei 700.000 lettori in meno non sarà un’altra astuzia dei tecnocrati? Le statistiche rimangono sempre la non-scienza degli imbonitori. Quanto agli scrittori improvvisati (cantanti, attori e attrici, politici, presentatori televisivi) hanno lo stesso pubblico, quando pubblichino un libro scritto da loro o da qualche “negro”, delle mode. Le loro opere durano sì e no una stagione; e il danno è che quello che dentro quei libri si trova, è preso per “verità”, come infinite “notizie” di internet. Gli scandali, poi, piacciono. Tanti altri autori pubblicano romanzi e poesie che vivono meno di una stagione. È un ulteriore aspetto della produzione di massa. Il guaio è che, invece, opere validissime non vengano prese in considerazione dall’editoria più attiva e nota. Non si può fare altro che scegliere, giudicare, buttare via quanto non vale nulla anche se ne sono state vendute centomila copie (come l’Ariosto e il Marino raccontano, vedendo passare via verso il nulla nel fiume del tempo la fama usurpata).
D.- Che ricordo ha dei Castelli Romani?
R.- È il ricordo di una grande felicità.
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