Le lamine di Pyrgi
Sono tre lamine auree databili alla fine del VI secolo a.C. (Fig. 1). Sono state rinvenute nel Santuario etrusco di Pyrgi, antico porto della città etrusca di Caere (Cerveteri) sulla costa tirrenica. Recano incise tre testi, due in etrusco e uno in fenicio. Non possono dirsi una bilingue perfetta non essendo il testo fenicio la traduzione letteraria di quello etrusco, anche se, per quanto riguarda il contenuto, può dirsi affine. Sono state ritrovate nel 1964 in una sorta di vasca, nell’area C del santuario pyrgense, tutte accuratamente arrotolate insieme ai chiodi d’affissione bronzei con capocchia d’oro. Sono attualmente conservate nel Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Di straordinaria importanza, per la comprensione della loro rilevanza, è il quadro religioso espresso nei tre testi che cela un più importante valore storico-politico. Quest’ultimo aspetto si evince persino dalla volontà di pubblicare il testo anche nella lingua fenicia senza dover pensare alla presenza di culti fenicio-punici in territorio etrusco, poiché, nel santuario, nonostante il rinvenimento di manufatti, ad esempio le lucerne a becco di tipo punico, rintracciabili ovunque nel Mediterraneo, non abbiamo una traccia evidente di una frequentazione punica.
Il testo fenicio nello specifico racconta di una sorta di dedica ad Astarte di un luogo sacro che Thefarie Velianas definito “re su Caere”, (“su” nel senso di usurpatore esercitante un potere di tipo tirannico) ha dispensato nel mese del “sacrificio del sole” come offerta votiva. Sembrerebbe una richiesta proveniente dalla divinità stessa che “glielo avrebbe imposto” per celebrare il terzo anno della sua reggenza. Nel testo si fa riferimento anche ad un ipotetico “seppellimento di una divinità”. A tal proposito si apre una complessa questione sulla possibilità per un dio di perire e poi tornare alla luce. In relazione a questo si può supporre che la divinità oggetto del dono non sia Astarte, contraddistinta dall’essere un nume protettivo della prosperità, bensì Melqart, corrispettivo di Eracle in ambito fenicio. Senza dimenticare il fatto che questa divinità è ben nota archeologicamente anche a Pyrgi. Il testo si conclude con un augurio alla lunga gloria del tempio (forse il tempio B) i cui anni sono paragonati dapprima all’infinità delle stelle celesti, poi con i clavi annales, ossia i chiodi usati per segnare lo scorrere del tempo, conficcati sugli stipiti lignei del tempio dove verosimilmente le lamine erano affisse.
Nel testo etrusco A, si ricorda una costruzione templare e una statua realizzati sotto la guida di Uni, dea etrusca, corrispondente alla romana Giunone e alla greca Era. Il simulacro verosimilmente doveva essere contenuto nella cella del tempio. Viene infine menzionato nuovamente il re di Caere che avrebbe donato il luogo sacro e il tempio stesso.
Nel testo etrusco B si rievoca invece l’alleanza tra gli Etruschi e i Cartaginesi di cui le lamine sarebbero il manifesto, unione che, iniziata dalla Battaglia del Mare Sardo del 540 a.C., era andata avanti oltre la reggenza del re etrusco; unione che si legherebbe al primo trattato tra Romani e Cartaginesi del 509 a.C.
Bisogna inoltre aggiungere che il metallo con cui sono realizzate le lamine, ossia l’oro, è indicatore del fatto che siamo di fronte ad un gesto tipico d’ostentazione tirannica di un re che voleva fare sfoggio di se nei confronti di una città, Cartagine, che teneva sotto controllo le città etrusche, all’epoca molto più ricche e pericolose di Roma.
Le Lamine di Pyrgi rappresentano di fatto la più antica fonte dell’Italia preromana. Nonostante, la non puntuale corrispondenza dei testi, rispetto alla stele di Rosetta, che ha fornito la “chiave” per la conoscenza dei geroglifici; hanno contribuito, grazie alla presenza del fenicio, lingua meglio conosciuta rispetto all’etrusco, ha rischiarare le nostre conoscenze sulla lingua e la storia del popolo etrusco.
BIbliografia:
G. COLONNA, Il santuario di Pyrgi alla luce delle recenti scoperte, in StEtr XXXIII, 1965, pp. 191-219.
M. ALINEI, Etrusco: Una forma arcaica di Ungherese, Bologna, 2003.
G. COLONA, Le lamine di Pyrgi a cinquant’anni dalla scoperta, in Le lamine d’oro a cinquant’anni dalla scoperta. Dati archeologici su Pyrgi e rapporti con altre realtà del Mediterraneo, Scienze dell’Antichità 21, Roma, 2015, pp. 39-74.
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