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Le Corporation – 7

Maggio 16
08:15 2010

In seguito, con lo slogan «l’acqua è nostra», la gente scese in strada a protestare. Il prezzo pagato dal Paese, per i prestiti della banca mondiale, è stato la privatizzazione dell’industria petrolifera nazionale, della compagnia aerea di bandiera, delle ferrovie, delle società elettriche e telefoniche.  Il governo, però, non è riuscito a convincere i boliviani che l’acqua è una merce come tutte le altre, difendeva gli interessi della Bechtel, mentre il popolo voleva acqua e non gas lacrimogeni, voleva giustizia e non pallottole. Il governo voleva addirittura far pagare alle famiglie che vivevano con due dollari il giorno un quarto del loro reddito per l’acqua. Più aumentava la resistenza popolare alla privatizzazione dell’acqua, più violento diventava lo scontro. Le corporation multinazionali hanno una lunga e oscura storia di collusione con i governi tirannici; il narcisismo le spinge a riflettersi nelle strutture irreggimentate delle dittature fasciste? Esiste un collegamento tra la nascita del Fascismo in Europa e la consapevolezza delle persone politicamente radicali riguardo al potere corporativo? È riconosciuto, oramai, che il Fascismo in Europa si è diffuso con l’aiuto di grandi corporation. Gli uomini d’affari amavano sia Hitler sia Mussolini che, sbarazzandosi di pericolosi elementi della sinistra, avevano così il controllo della forza lavoro e delle opportunità d’investimento, che miglioravano sempre di più. Una delle storie mai raccontate fu proprio la collusione fra le corporation e la Germania nazista. Prima, per il modo in cui le corporazioni americane aiutarono essenzialmente a ricostruire la Germania e a sostenere all’inizio il regime nazista, poi, quando scoppiò la guerra, per il modo che trovarono nel continuar a fare affari. Così la General Motors proseguì a far funzionare l’Opel, mentre una società come la Coca Cola che non poteva più vendere, inventò l’aranciata Fanta per i tedeschi, continuando a incassare i suoi profitti, mentre milioni di persone morivano. L’obiettivo nazista di distruggere rapidamente la comunità ebraica fu velocizzato con l’uso del computer, ma nel 1933 non c’era il personal computer, ma il sistema a schede perforate dell’IBM, che controllava e immagazzinava i dati. Non essendoci un software preconfezionato come oggi, ogni applicazione era progettata su misura e un ingegnere doveva configurarla personalmente. Milioni di persone furono “immagazzinate” con i loro dati nel “sistema” dei campi di concentramento. Era un programma di gestione del movimento straordinario, che richiedeva l’uso di un mainframe IBM per controllare il percorso ferroviario fino alla destinazione finale, il campo di concentramento. La tipica scheda di un prigioniero conteneva nelle caselle perforate, informazioni quali il codice del campo di concentramento, la tipologia del prigioniero, il suo stato (rilasciato, trasferito, giustiziato….). Il materiale era catalogato, le punzonatrici predisposte e ovviamente dovevano essere stampate milioni di schede perforate. Erano stampate esclusivamente dall’IBM, che riscosse i profitti subito dopo la guerra. L’interessata, naturalmente, dichiara di non aver, allora, nessun controllo sulle sue filiali in Germania, il che non ci sorprende: la lealtà al profitto supera quella alla bandiera! In un recente rapporto del dipartimento del tesoro, cinquantasette corporation americane sono state multate per aver commerciato con nemici ufficiali del governo, compresi i regimi dittatoriali, i tiranni e i terroristi. (Continua)

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