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Le Corporation – 4

Febbraio 09
14:04 2010

La corporation non pensa, ma chi ci lavora sì e per loro è legittimo creare tecnologia sterminatrice, in modo che i coltivatori non possono salvare i loro semi. Creano semi che si autodistruggono attraverso un gene suicida, semi che sono stati progettati per produrre un solo raccolto. Bisogna avere una mente brutale, è una guerra contro l’evoluzione il solo pensare in questi termini, ma è chiaro, che i profitti, hanno molto più valore nella loro mente. Si tratta di concorrenza, di quote di mercato, di aggressività, di guadagni per gli azionisti. Molte di queste compagnie sono dirette da uomini bianchi, ricchi, questo significa che non sono in contatto con quello che è la maggioranza del mondo, cioè donne, persone di altri colori, lavoratori e lavoratori poveri. Le loro decisioni quindi, le prendono non considerando realtà che esistono in tutto il mondo. La ricerca del profitto è una vecchia storia, ma in passato, certe cose erano considerate sacre ed essenziali per il bene pubblico, tanto da non esser viste come opportunità economiche, protette dalla tradizione e dal controllo pubblico. Possiamo dire che l’era moderna è iniziata con la recinzione dei grandi terreni comuni in Europa, nel XIV XV e XVI secolo. Nel Medioevo, la vita era vissuta collettivamente, era una cosa brutale e crudele, ma esisteva in ogni caso una responsabilità collettiva. La gente apparteneva alla terra, ed essa non alla gente, in questo modo la terra in Europa era coltivata collettivamente, perché era un bene comune, apparteneva a Dio. Era amministrata dalla Chiesa, dall’Aristocrazia e dai feudatari come tutori della creazione di Dio. Con l’Inghilterra dei tudor, inizia ad emergere un nuovo fenomeno, cioè la recinzione delle terre comuni con decreti parlamentari, così iniziò l’appropriazione di enormi quantità di terre, che erano comuni e condivise, per trasformarle in proprietà private. Fu poi la volta degli oceani e si fecero leggi che consentivano agli Stati di reclamare un certo spazio marino confinante, per poterlo sfruttare. In questo secolo abbiamo preso l’aria e l’abbiamo divisa in corridoi aerei da utilizzare per il traffico di veicoli commerciali, naturalmente il resto è storia. Con la deregolamentazione, la privatizzazione, il libero commercio, stiamo assistendo ad un’altra recinzione dei beni comuni. Privatizzare non significa prendere un ente pubblico e darlo a una brava persona, oggi può significare metterlo in mano ad una tirannia priva di responsabilità. Gli enti pubblici hanno molti vantaggi collaterali, per prima cosa possono lavorare in perdita, non cercano solo profitti, possono andare in perdita di proposito, con i vantaggi che ne conseguono. Se un’acciaieria pubblica, ad esempio, lavora in perdita, fornirà acciaio a buon mercato alle altre industrie e questo può essere positivo. Gli enti pubblici possono avere una funzione anticongiunturale, ciò significa che possono mantenere la manodopera in periodi di recessione, questo aumenta la domanda e aiuta a uscire dalla crisi, la società privata invece, se c’è recessione licenzia, è così che si fanno i soldi. C’è chi ritiene che ogni cosa un giorno dovrà essere proprietà di qualcuno. Non si parla soltanto di beni materiali, ma di diritti umani, di servizi essenziali alla vita delle persone, l’istruzione, la salute pubblica, l’assistenza sociale, gli alloggi, si parla di tutte le cose che noi riteniamo debbano rimanere comuni… (continua)

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