“Le ballate dell’angelo ferito” di Guido Ceronetti
“Le ballate dell’angelo ferito”, di Guido Ceronetti, edizioni il notes magico, è un volume preziosamente scarno e limpido. Un testo di poesie non roboanti, merlettate, a ghirigori e pizzi macramé. No, questo genere di minareti merlati li lasciamo ad altre penne. Le ivi ballate del ceronettiano poeta, filosofo, traduttore, giornalista, drammaturgo, teatrante e marionettista sono canzoni dell’angelo bianco eppur ferito e viceversa che si esercita ‘si evanescente nella strada del teatro o nel teatro della strada, medesima «salvezza del teatro» stesso e non mai identico nel suo sé. Spesso si nasconde ai più nel tronco di un albero nel «tempio foresta» e lancia i suoi messaggi, sperando che qualcuno possa pur ascoltarlo. «L’Angelo Ferito è una realtà, non un ente immaginario, e le sue lacrime sono vere lacrime. La strada lo ha capito, lo capirà sempre più, lo amerà e forse (non voglio escluderlo) lo vedrà…L’Angelo Ferito canta e narra per le strade le sue storie… L’Angelo Ferito sommessamente chiede aiuto e lo dà». Ed è così, come una Madre Teresa di Calcutta che osò sfidare l’inferno più putrido, che Ceronetti con queste sue nuove parole «… Guidato dall’Angelo, visita santi, satanassi e poveri diavoli cantandone le gesta a volte eroiche a volte miserabili con un dolore e una pietas inestinguibili». I suoi personaggi sono fantasmi dell’allora e della qui ora: Mario Sironi, Aleister Crowley, matricide, le Torri Gemelle, Trotzkij e carnefice, Michele Bonaglia il pugilatore, Martin Lutero, i bambini di Beslan, Eluana Englaro, Beatrice Cenci, Wislawa Szymborska, il cinematografo, Lilì Marleen. Lontana sempre la nota dell’Angelo, Poeta, Fantasma senza più identità, mancante da sempre di precise connotazioni, la cui flebile voce che «Filtrata da non so quali sonorità di estati e di lamento emanate dalle radici dei fatti è pervenuta a uno dei miei cento Timbri [con] questa massima di foglie tenui: “Tutti gli alberi sono angeli feriti”». Firmato “Il Filosofo Ignoto” in arte che mai lo è Guido Ceronetti con «occhio di brancicanti e di sperduti, di bisognosi di ricordarvi di un creatore e di esserne ricordati». «Di analogiche luci i mondi denudati/ Irrorava di amanti iniziazione/ A strenuo dono. Orbite buie il volo/ Nirvanizzava. Latte ne fluiva./ Avrai per segno il doppio suo di esile/ Avrai per segno e addio la figlia ardente/ Delle tue vertebre, non futile l’incendio/ Del suo tempio efesino… Scòrgila/ In mezzo ai tronchi arsi, alle spietate/ Romane statue sbriciolate Bruto».
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