L’attuazione delle Città metropolitane
Dare un’idea completa e chiara di questo nuovo ente territoriale senza scadere nel semplicismo non è facile. Siamo nel bel mezzo di una riforma costituzionale controversa in partenza e complicata, ora, all’arrivo. La riforma è quella famosa del Titolo V della Costituzione (gli articoli dal n. 114 al n. 133, riguardanti le Regioni, le Province, i Comuni), effettuata con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001. L’attuazione recente è frutto della legge ordinaria n. 56 del 7 aprile 2014.
È stata la legge costituzionale del 2001 a introdurre la Città metropolitana cambiando l’articolo 114 della Costituzione dall’originario «La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni» a: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni». Adesso la legge 56 (definita ‘Delrio’) «detta disposizioni in materia di città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni, al fine di adeguare il loro ordinamento ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza».
Si noti: si tratta di una legge composta di un solo articolo, diviso in 151 commi, che si estende per 12 pagine fitte della Gazzetta Ufficiale. Abbiamo voluto leggerla integralmente (senza pretese di capirne tutti i risvolti e gli anfratti) e proveremo a estrarre e sintetizzare gli elementi utili a tracciarne un profilo appena intellegibile.
La legge da una parte dispone l’attuazione delle Città metropolitane, dall’altra modifica sostanzialmente le Province e regola unione e fusione di Comuni. Il comune principio ispiratore (come si sta verificando nel disegno di modifica del Senato) è quello dell’elezione di secondo grado e della gratuità dell’incarico (relativa, pensiamo, non fosse altro perché l’eletto sottrae tempo ed energie all’ufficio che ricopre per elezione diretta) per i componenti dei vari organi di governo territoriali, scelti tra i consiglieri e i sindaci dell’area metropolitana. Per ora sono 10 le Città, e conseguenti aree, metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria e Roma capitale; con possibilità, secondo procedure di legge, di crearne altre sia nelle regioni ordinarie che in quelle a statuto speciale.
Tra la fine di settembre e i primi di ottobre si svolgono le elezioni per costituire gli organi di questi nuovi enti, che subentreranno alle Province di riferimento alla data del 1° gennaio 2015. Anche le province non inglobate nelle aree metropolitane subiranno uno ‘svuotamento’ mediante elezioni di secondo livello. Altre norme, che tralasciamo volentieri dato il loro ‘matematicismo’, riguardano l’unione e la fusione di Comuni.
Come funzioneranno
La legge indica come organi della Città metropolitana: il sindaco metropolitano; il consiglio metropolitano; la conferenza metropolitana.
Il sindaco è di diritto quello della città capoluogo. Presiede sia il consiglio che la conferenza e svolge tutte le funzioni di rappresentanza ed esecutive che gli assegna lo statuto. La figura del vicesindaco, scelto formalmente dal sindaco tra i consiglieri, potrebbe avere un peso rilevante se, come sembra, si creasse, per prassi o per previsione statutaria o di altra norma, una situazione rapportabile al Consiglio Superiore della Magistratura: il sindaco (ben assorbito dai problemi del capoluogo) avrebbe una presidenza formale e di indirizzo, mentre sarebbe il vicesindaco a svolgere effettivamente la guida dell’area metropolitana.
Il consiglio metropolitano è organo di indirizzo e controllo (può essere assimilato a un consiglio di amministrazione di una società) ed è composto da un numero di consiglieri – 14, 18, 24 – rapportato alla popolazione dell’area metropolitana. I consiglieri vengono eletti inter partes in una specie di ‘conclave’: infatti sono eleggibili i sindaci e i consiglieri in carica di tutti i comuni dell’area, e gli elettori sono gli stessi sindaci ed elettori.
Il sistema di voto è complicatissimo; si parla di ‘voto ponderato’, di ‘indice di ponderazione’, di ‘cifra elettorale di ciascuna lista e del singolo candidato’. Diciamo molto, ma molto grossolanamente che è come se esistesse una tabella millesimale in base all’entità dei comuni, sicché il voto può valere 9 punti per il comune più grande, o 0,77 punti nel caso opposto. Una lotta dei Davide contro Golia, nella quale la vittoria è frutto solo dell’unione e della somma (a che prezzo e compromesso?) di tanti Davide.
La conferenza metropolitana è composta da tutti i sindaci dell’area. Ha poteri propositivi e consultivi, approva lo statuto proposto dal consiglio e le sue modifiche.
Le funzioni
Secondo le indicazioni della legge, alla città metropolitana sono attribuite «le funzioni fondamentali delle province», ma nello stesso comma si parla anche di «adozione di piani strategici triennali», «pianificazione territoriale generale» (di strutture e infrastrutture, servizi e reti di servizi), «promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale… dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione». Un successivo comma aggiunge: «Lo Stato e le regioni, ciascuno per le proprie competenze, possono attribuire ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui al primo comma dell’articolo 118 della Costituzione».
Dunque un’architettura legislativa molto ardita, che in teoria e in prospettiva potrebbe portare a una migliore riorganizzazione e amministrazione dell’area, ma che è così ampia e ‘aperta’ da far temere sovrapposizioni e conflitti. L’esito è affidato al tempo. Dobbiamo però sottolineare che a più riprese nella legge 56 torna la frase «In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione». Perciò siamo alle solite: un preteso bellissimo palazzo, ma provvisorio. Poi si demolirà e se ne farà uno nuovo, e così via nel segno (o sogno) umano del riformai, sempre riformai, fortissimamente riformai.
La Città metropolitana di Roma capitale
È la più grande d’Italia per popolazione (oltre 4 milioni) e comprende 121 comuni. L’elezione dei 24 consiglieri si svolgerà il 5 ottobre a Palazzo Valentini a Roma, ancora sede della Provincia in attesa di ospitare gli organi della nuova Città metropolitana. Gli aventi diritto al voto sono 1685, tra consiglieri e sindaci dei 121 comuni. Circa 20 giorni prima dell’elezione, in un colloquio con l’assessore del Comune di Velletri Luca Masi, questi si è detto convinto che il nuovo ente, favorendo occasioni di confronto tra le varie anime del territorio, potrà portare a scambi e sinergie positive che riguardano i servizi che più interessano il territorio, come la viabilità, i trasporti, la gestione dei rifiuti, l’edilizia scolastica, la rete dei sistemi informatici ecc.
Altro aspetto positivo dovrebbe essere rappresentato da un rapporto privilegiato con la Regione, in virtù del maggior peso acquisito, così da poter godere di fondi e deleghe particolari. L’assessore non ignora tuttavia il rischio di una forza centripeta, o quanto meno attrattiva, che limiti l’autonomia locale in favore del Comune capoluogo. Per questo, insieme ad altri esponenti politici, è impegnato senza sosta nella ricerca dei consensi necessari per ottenere un risultato elettorale che premi i candidati locali: impresa non facile, a causa, come si vedrà, del voto ponderato, che penalizza le periferie e i piccoli rispetto alle entità centrali e più grandi.
A ogni modo la città metropolitana è ‘partita’. Vedremo se sarà palestra di incontro o di scontro, se sarà un mostro che inghiotte o un prodigio (monstrum) che risolleverà il territorio.
Palazzo Valentini
Palazzo Valentini, dal 1873 sede della Provincia di Roma, si trova in via iv Novembre a Roma, poco distante da Piazza Venezia. L’edificio fu eretto a partire dalla fine del Cinquecento su iniziativa del cardinale Michele Bonelli, nipote di papa Pio V, mentre nel xvii secolo seguirono varie ristrutturazioni e ampliamenti. Ai primi del Settecento il Palazzo venne dato in affitto a illustri personaggi dell’epoca, tra i quali il marchese Francesco Maria Ruspoli che vi allestì un teatro che ospitò a lungo musicisti come G.F. Haendel, Alessandro Scarlatti, Arcangelo Corelli. Nel 1752 lo stabile fu acquistato dal cardinale Giuseppe Spinelli, che sistemò al pianterreno una biblioteca di oltre ventiquattromila volumi, destinata alla pubblica fruizione.
Nel 1827 l’edificio venne acquistato dal banchiere Vincenzo Valentini, console generale prussiano, che vi si stabilì e iniziò lavori di ampliamento, proseguiti poi da suo figlio e, dal 1873, dalla Deputazione Provinciale di Roma, che l’aveva ricomprato per farne la propria sede.
Una campagna di scavi iniziata nel 2005 ha portato alla luce un intero quartiere abitativo sotterraneo, composto da una domus con ricchi apparati decorativi del tardo II-III secolo d.C., che dal 2010 sono un’esposizione permanente.
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