L’assegno di mantenimento
La normativa a cui far riferimento in merito agli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi è l’articolo 156 del codice civile, per cui il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge, quanto è necessario al suo mantenimento, laddove non abbia adeguati redditi propri.
L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. Si precisa inoltre che il giudice, che pronuncia la separazione, può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale, se esiste il pericolo che si possa sottrarre all’adempimento degli obblighi previsti. In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente all’avente diritto.
Ora, ciò che giustifica e rende necessaria la corresponsione dell’assegno di mantenimento a favore di uno dei coniugi è l’oggettiva impossibilità di procurarsi dei redditi propri e di sostenere lo stesso tenore di vita vissuto in costanza di matrimonio. In particolare il tenore di vita a cui bisogna fare riferimento è quello definito “potenziale”, vale a dire quello, considerato in base a una valutazione economica, che i coniugi avrebbero continuato a tenere se fossero rimasti insieme. Tali valutazioni spettano ovviamente al giudice che dovrà valutare se effettivamente il coniuge che versa in una situazione economica più debole si trova nell’impossibilità di provvedere al proprio sostentamento o, come si suol dire, ci marcia.
Generalmente si è abituati a considerare che tenuto al mantenimento sia il coniuge che percepisce un reddito o comunque un reddito maggiore dell’altro. In realtà il mantenimento prescinde dall’avere un reddito di lavoro, dal momento in cui lo stile di vita oggetto del matrimonio era svincolato dai redditi di lavoro ma strettamente connesso a fonti economiche di altro tipo, come nella fattispecie oggetto della sentenza che segue, in cui si dà il caso di una donna, in corso di separazione con il marito, avente un patrimonio pari a circa 3 milioni di euro, ma priva di reddito di lavoro. A carico della donna viene quindi disposto l’obbligo di corrispondere una somma di denaro a titolo di mantenimento all’ex marito, nonostante sia casalinga e debba anche occuparsi dei due figli, una studentessa fuori sede e uno con gravi problemi di tossicodipendenza. A nulla valse la contestazione della donna fondata sulla inevitabile diminuzione a cui era destinato il suo patrimonio in quanto necessario per lei e per i figli per tutto il resto della loro vita e la rilevazione di un lussuoso complesso immobiliare di cui era comproprietario l’ex marito e di una sua presunta attività lavorativa come disk jockey e non solo. Poiché tutte le ragioni esposte dalla signora risultano volte ad ottenere una completa rivalutazione delle prove già assunte e poiché in merito alle sue asserzioni non aveva fornito prove documentali, il ricorso da questa proposto, contro la sentenza che aveva disposto il versamento dell’assegno di mantenimento a suo carico, viene respinto.
Cassazione civile, sezione I, sentenza 8716/2015
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