L’arte di Akira Kurosawa
La sensibilità del poeta e la perfetta interazione nell’occhio del pittore impressionano il critico e lo spettatore per il senso tragico trasmesso ai contenuti del suo cinema, uno spettacolo d’immagini in movimento nate essenzialmente da quello che lui è, il cineasta di tutti i generi, di tutti i periodi e tutti i luoghi, colui che associa il vecchio al nuovo, l’est all’ovest, il bianco al nero. Il dramma dell’epoca in cui ha vissuto permea le sue lavorazioni di significati contemporanei, i temi moderni inseriti sono caratterizzati dalla compassione dei suoi personaggi in una profonda umanità capace di mitigare la violenza, i quali spesso descrivono l’acuta preoccupazione sull’ambiguità dell’esistenza umana! Considerato in patria nonostante tutto un regista di seconda linea, è ad Akira Kurosawa che si deve la scoperta del cinema giapponese all’estero, grazie al pieno successo artistico dei film i “Sette Samurai”, “Rashomon”, “Vivere” e “Trono macchiato di sangue”. Primo figlio di sette fratelli nato a Tokyo il 22 marzo 1910, mostrò subito un particolare talento per la pittura, iscrivendosi ancora adolescente ad una scuola d’arte plastica dove si valorizzavano gli stili occidentali. Non riuscendo però a sostentarsi come pittore, rispose nel 1936 ad un annuncio di uno studio cinematografico dove cercavano assistenti di produzione. In seguito fu designato assistente di Kajiro Yamamoto, considerato da lui stesso professore, mentore e “Maestro della settima arte”. Pian piano cresceva in lui l’ammirazione per l’arte delle immagini in movimento, dall’espressionismo tedesco agli esperimenti russi nei montaggi, dal cinema americano a quello svizzero e italiano, fino ad arrivare a quello francese ed inglese della decade del 30, ma l’attacco di Pearl Harbor nel 1941 rallentò la sua crescita professionale. Dovette così conformarsi a filmare temi prescritti dall’ufficiale propaganda di Stato concentrandosi in alternativa al perfezionamento tecnico del suo lavoro. Dopo la guerra entrò nella sua miglior fase, matura ed espressiva, affermando sempre di più la sua indipendenza creativa con il completo controllo della forma e dei contenuti delle sue produzioni. La crisi arrivò purtroppo nel 1970, quando offeso e depresso per un mancato finanziamento ricevuto, necessario a girare le ultime scene dei film già pronti dal titolo “Sogni” straordinario nei suoi episodi e “Kagemusha”, tentò inaspettatamente il suicidio. Ristabilitosi fisica-mente grazie anche all’aiuto dei suoi ammiratori e colleghi Steven Spielberg e Francis Ford Coppola, che parteciparono alla raccolta di fondi necessari per concretizzare i suoi ultimi progetti, “il Maestro dagli occhi a mandorla” ci lascia al di là delle “sale cinematografiche” un’interessante indicazione astrale e cioè quella che nel contenuto del suo estremo tentativo di rottura con la vita, le probabili e velate depressioni suicide degli “abitanti” delle costellazioni pescine, possono poi trarre beneficio dalle capacità di ripresa psico-fisiche degli “abitanti” delle costellazioni arietine, data la cuspide del suo giorno di nascita e la sua ottima ripresa dopo il triste gesto compiuto.
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