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L’arpa e le cetre

L’arpa e le cetre
Marzo 22
11:48 2024

 Nel mondo si respira un’aria tragica. Ma si può, anzi si deve reagire, anche con l’Arte, per riappropriarsi del senso umano perduto. La XII edizione del “Suono di Liszt a Villa d’Este” prosegue a Velletri con concerti sorprendenti che, nel diletto, aprono lo spirito alla fiducia 

 

Salvatore Quasimodo, ricordando e parafrasando un salmo biblico, scrisse nel 1946 una poesia sulle atrocità della guerra. L’orrore dei fatti sembrava aver inaridito, forse per rispetto, forse per puro dolore, la vena poetica. E infatti “Alle fronde dei salici, per voto, / anche le nostre cetre erano appese, / oscillavano lievi al triste vento”. E l’ultimo verso è di rara bellezza, musicale e figurativa. Anche oggi il mondo, a ogni latitudine, è pieno di “morti abbandonati nelle piazze” e di “lamenti d’agnello dei fanciulli” mentre si leva in continuazione “l’urlo nero della madre che – va – incontro al figlio crocifisso …”. Eppure non sembra giusto ora appendere la cetra spaurita ad un più prosaico tronco secco. Si può, anzi si deve con ogni sforzo, ancora “cantare”. Non per consolazione ma proprio per uno scatto di ribellione per riacquisire quella umanità spesso perduta e senza la quale precipitiamo al di sotto del bestiale. Nessuno si nasconde che la politica è in affanno e i “Grandi della terra” spesso, seguendo l’irriverente Prévert, spalancano la bocca nel vuoto di una bella frase e mostrano i denti pensando al denaro. Non resta perciò che ripartire dal basso, ognuno col suo piccolo contributo.   

Ed ecco che domenica 17 marzo l’arpa ci scopre nuovi orizzonti. È il secondo concerto matinée della storica rassegna Il “Suono” di Liszt a Villa d’Este, promosso dall’Associazione Culturale Colle Ionci col supporto di Fondarc e della Regione Lazio. Questa rassegna, come detto in altra sede, è magistralmente curata nei concerti della domenica mattina da Giancarlo Tammaro. Basta vedere la brochure approfondita ed elegante per cogliere il segno dell’impegno, della competenza e del gusto. L’idea di questa edizione 2024 è di “abbinamenti, anche inusuali, di strumenti e musiche”. In questo concerto l’abbinamento è tra pianoforte e arpa che suonano brani composti originalmente per questa formazione da Jan Ladislav Dussek, Sophia Corri Dussek e Paul Bazelaire o trascritti da Liszt, Brahms e Ravel. La consueta presentazione del dott. Tammaro questa volta si è trasformata in una interessante “lezione” sugli strumenti cordofoni e in particolare sull’arpa. Notizie tecniche sulla estensione e la struttura dello strumento, ma anche curiosità storiche sulla rivalità delle due principali ditte costruttrici, entrambe francesi, la Erard, che ha perfezionato in modo definitivo l’arpa a pedale, e la concorrente Pleyel che tentò, senza duraturo successo, di imporre la cosiddetta “arpa cromatica” che cercava di “copiare” la disposizione della tastiera del pianoforte. Poi l’applauso ha chiamato sulla scena il grande talento olandese dell’arpa Joost Willemze e Michelangelo Carbonara al pianoforte. È stato un crescendo di sorprese e piacere, per la resa sonora dell’arpa e la sintonia dell’esecuzione, nonostante fosse la prima esibizione insieme dopo appena “una prova e mezza” per gli impegni come docenti nei rispettivi conservatori. In alcuni momenti si percepiva un unico suono, in altri sembrava una esecuzione a quattro mani. Altissimo gradimento e doppio bis. In particolare Joost ha regalato con maestria un pezzo moderno dal sapore jazzistico a testimonianza della sorprendente versatilità dello strumento. Dunque una giornata che ha riconciliato col mondo dove esistono impegno ed eccellenze che fanno sperare. Domenica 24 aspettiamo Giulia Sanguinetti al violoncello e Lucrezia Liberati al pianoforte con Puccini, Prokofiev, Fauré e Brahms. E ancora altri appuntamenti fino alla fine di giugno come si può vedere dal sito dell’Associazione. Concludo, per non perdere il vizio, con una divagazione sul tema. Mentre scrivevo questi appunti ho notato, leggendo la quotidiana rassegna stampa, un articolo del direttore de “La Ragione” Davide Giacalone che, con riferimento alla situazione politica mondiale, citava il film di Radu Mihăileanu “Il concerto”. Il direttore parla di “un film che strappa un sorriso mentre le lacrime rigano il volto”. Proprio così, confermo per esperienza diretta di ormai qualche anno fa. Per i pochi che lo avessero perso (all’epoca ebbe risonanza e premi) consiglio vivamente di recuperarlo. Anche perché, con la giusta concessione alla fantasia di una sceneggiatura, tratta fatti veri e importanti, attuali come l’oppressione del potere e la discriminazione razziale, ma si inserisce bene nel filone della lotta per riaffermare libertà, giustizia e umanità. Sembravano scontate e citate distrattamente. D’improvviso tocchiamo con mano il gelo del dubbio e della paura. Che ci salvi Čajkovskij.

 

                      

 

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