L’armonia in Canova, Caravaggio e Barbery – 3
Se nell’arte la perfezione, l’armonia gratificano l’occhio dell’osservatore, in letteratura la bellezza è da ricercare nella grazia, nell’eleganza degli atteggiamenti dei personaggi principali, non a caso Muriel Barbery l’autrice de L’eleganza del riccio si serve della parola giapponese wabi, che indica appunto, «la forma nascosta del bello, qualità di raffinatezza mascherata di rusticità»1, per farci scoprire la vera identità delle due protagoniste della storia: la portinaia Renée e la dodicenne Paloma, figlia di un deputato di cui conosciamo i pensieri attraverso il suo diario. Entrambe hanno deciso di celare agli occhi della società la loro intelligenza: Renée è una coltissima autodidatta che si interessa di arte, cinema, cultura giapponese e filosofia, mentre Paloma, dotata di un’intelligenza superiore alla media, fa intendere a chi la conosce di “abbeverarsi di sottocultura”. La storia si svolge in un lussuoso condominio di rue de Grenelle e precisamente al numero 7, la portinaia è relegata nella sua guardiola e Paloma nel suo lussuoso appartamento. Due mondi solo all’apparenza lontani, due vite che si incontreranno, perché molto simili tra loro, grazie all’arrivo del signor Ozu, un ricco giapponese che riuscirà a smascherare il loro segreto. La descrizione che fa di sé Renée è proprio quella dello stereotipo della portinaia:
Ho cinquantaquattro anni. […] Sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi […]. Non ho studiato, sono sempre stata povera, discreta e insignificante. Vivo sola con il mio gatto […]. Né lui né io facciamo molti sforzi per integrarci nella cerchia dei nostri simili. Siccome, pur essendo sempre educata, raramente sono gentile, non mi amano; tuttavia mi tollerano perché corrispondo fedelmente al paradigma della portinaia forgiato dal comune sentire. Di conseguenza, rappresento uno dei molteplici ingranaggi che permettono il funzionamento di quella grande illusione universale secondo cui la vita ha un senso facile da decifrare. […] In proposito si aggiunga che le portinaie guardano ininterrottamente la televisione mentre i loro gatti grassi sonnecchiano, e che l’atrio del palazzo deve oleazzare di bollito, di zuppa di cavolo o di cassoulet fatto in casa.2
Paloma, invece, è alle prese con un problema esistenziale, quello del vero significato della nostra esistenza:
La vita ha un senso e sono gli adulti a custodirlo” è la bugia universale cui tutti sono costretti a credere. Da adulti, quando capiamo che non è vero, ormai è troppo tardi. Il mistero rimane, ma tutta l’energia disponibile è andata da tempo sprecata in stupide attività. […] La mia famiglia frequenta tutte persone che hanno seguito lo stesso percorso: una gioventù passata a cercare di mettere a frutto la propria intelligenza, a spremere come un limone i propri studi e ad assicurarsi una posizione al vertice, e poi tutta una vita a chiedersi sbalorditi perché tali speranze siano sfociate in un’esistenza così vana. La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. […] Io ho dodici anni, abito al numero 7 di rue de Grenelle in un appartamento da ricchi. I miei genitori sono ricchi […] Mio padre è un deputato con un passato da ministro […] mia madre non è proprio una cima, però è istruita. Ha un dottorato in lettere. […] nonostante tutta questa fortuna e tutta questa ricchezza, da molto tempo so che la meta finale è la boccia dei pesci. Come faccio a saperlo? Si dà il caso che io sia molto intelligente. Di un’intelligenza addirittura eccezionale. […] Siccome però non mi va di farmi notare, e siccome nelle famiglie dove l’intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace, a scuola cerco di ridurre le mie prestazioni, ma anche facendo così sono sempre la prima della classe. […] E così ho preso una decisione. Presto lascerò l’infanzia […] alla fine dell’anno scolastico, il giorno dei miei tredici anni, il 16 giugno prossimo, mi suicido.3
Entrambe, quindi, hanno pianificato il loro futuro, ma a monsieur Ozu, un ricco giapponese che acquista uno degli appartamenti liberatosi dopo la morte del proprietario, non sfugge l’intelligenza della bambina e della portinaia, tanto che approfitta di un giorno in cui lui e Paloma rimangono chiusi nell’ascensore per esternarle la sua intuizione: «Madame Michel, la portinaia, mi incuriosisce molto. Vorrei conoscere la tua opinione […] Io credo che lei non sia come crediamo»4. Il dado è tratto. La curiosità è in agguato. I tre diventeranno amici grazie anche alla complicità di madame de Broglie, la domestica portoghese, la più cara amica di Renée, che non rientra nello stereotipo della donna delle pulizie, ma è una vera aristocratica nei suoi modi, che non viene minimamente sfiorata dalla volgarità che la circonda. Dov’è la bellezza? Nella ricerca della vera personalità dell’altro dietro la maschera, nel non lasciarsi condizionare dalle apparenze, proprio come ci ha insegnato Pirandello nel suo saggio sull’Umorismo, in cui alla comicità iniziale che si avverte nel vedere una persona goffamente abbigliata e truccata, subentra l’umorismo, quel sentimento del contrario che ci fa intravedere l’altra faccia della vecchia signora, entrando in empatia con il personaggio, in questo caso l’altro volto di Renée, con la sua intelligenza, sensibilità, i suoi modi da gran dama. La descrizione che l’arguta Paloma ci fornisce della portinaia, ricalca fedelmente il ritratto di questa donna che per ventisette anni ha nascosto la parte più vera di se stessa:
Madame Michel ha l’eleganza del riccio fuori è protetto da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti5.
(Fine)
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1 M. Barbery, L’eleganza del riccio, Edizione Mondolibri Spa, Milano su licenza Edizioni e/o, Roma, 2007, p.159.
2 Ibid., p.11.
3 E. Barbery, op. cit., pp.14,15,16.
4 Ibid., p.137.
5 Ibid., p.137.
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