L’APPRENDISTA STREGONE
Enzo Biagi diceva: “Il mestiere di giornalista non si insegna, si ruba”. Questa regola vale anche per lo studioso accademico? Il libro di Daniele Archibugi, L’apprendista stregone edito dalla LUISS University Press nel 2022, fornisce ai giovani che intendono intraprendere questa difficile ma affascinante carriera elementi per commettere il furto.
E’ interessante cogliere una similarità tra il libro di Archibugi e quello di Carlo Cipolla del 1988, Le leggi fondamentali della stupidità umana. In entrambi i casi due studiosi, l’uno economista dell’innovazione e l’altro storico appassionato di numismatica, si sono cimentati su un tema del tutto estraneo alla propria disciplina: il primo sulla stupidità dell’uomo e l’altro sull’essenza del mestiere di studioso. Anche John Bernal, fisico e biologo, si è cimentato in un’area ben distante dal suo orto accademico, fondando di fatto la disciplina della politica della scienza. Benedette deviazioni da parte di esperti di qualcos’altro.
Incasellare il libro di Archibugi è davvero difficile. Potrebbe essere definito un testo di sociologia della scienza, di filosofia della scienza, di management della ricerca e dell’educazione superiore, di psicologia della cognizione, di antropologia, di politica scientifica, ma si avvale di tutti questi approcci disciplinari per impartire la sua lezione – se in effetti di lezione si tratta. Lezione impartita con ironia e autoironia, parlando di scienza, arte, musica, filosofia, e toccando dimensioni personali quali i rapporti che gli studiosi e gli artisti intrattengono nell’ambito della comunità epistemica che si ritrova nei caffè, nei ristoranti, negli stadi, nei teatri e finanche nelle alcove (sono incluse interessanti considerazioni sulle opportunità fornite dai congressi a celibi o nubili per incontrare un cuore solitario).
Siamo di fronte ad un godibile testo di narrativa in cui l’autore si rivolge direttamente al candidato apprendista stregone. Il lettore si trova di fronte a un nonno che parla ai propri (possibili) nipotini nel tentativo – irraggiungibile per definizione – di guidarli a navigare nel periglioso e affascinante mondo della comunità epistemica tra gli intricati meccanismi, conosciuti dai suoi membri ma non codificati in nessun documento, dell’accademia. Ma non è un nonno saccente, o addirittura un consulente aziendale che ti rifila pillole per la felicità, è un vero scienziato che ben conosce le potenzialità e i limiti del processo della conoscenza e che dunque alimenta in continuazione lo stimolo al mertoniano scetticismo. Afferma che, “prima di diventare arditamente innovativi, è quanto meno utile conoscere quali sono le regole del gioco; conoscerle non significa necessariamente inchinarsi a esse, ma anche per ribellarsi occorre sapere a cosa ci si ribella”. E che “gli studiosi del futuro siano capaci di trovare il giusto mezzo tra mettere a profitto i suggerimenti della vecchia guardia e sperimentare nuovi e più fecondi percorsi”, concludendo il discorso così: “Chiunque li trovi, mi faccia sapere”. Ho messo le virgolette, tenendo ben presente, un po’ intimorito, il magistrale capitolo sul plagio nel mondo scientifico.
Un elenco, non esaustivo, dei temi trattati: chi sono gli studiosi, la libertà dello studioso, le sue competenze, la scelta del mentore, i tre livelli di formazione universitaria, la lettera di referenza, la comunità epistemica, le varie tipologie di pubblicazione, la revisione degli articoli inviati alle riviste, la pubblicazione del libro, la valutazione della ricerca, i frutti della creatività, il plagio.
Il libro viene da lontano: è una approfondita elaborazione del materiale usato dall’autore in occasione di due corsi tenuti presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche intitolati Metodi e obiettivi dell’attività di ricerca. Consigli ai giovani ricercatori e si iscrive nel filone dei maestri che insegnano ai giovani il mestiere come Umberto Eco con il suo libro del 1977 Come si fa una tesi di laurea.
Si tratta di una lettura davvero utile per i giovani che intendono intraprendere la carriera accademica e della ricerca, ma anche per coloro che già sono nel sistema. Nel mio caso, avendo percorso tutta una carriera nella ricerca e nell’insegnamento universitario, ho molto imparato dalla lettura del libro. Chiudendolo, ho avuto un moto di disappunto e mi sono detto: magari avessi avuto, all’inizio del mio percorso di apprendista stregone, l’opportunità di leggere un libro come questo, avrei evitato di fare tutta una serie di errori per ignoranza delle leggi della comunità epistemica e, magari, avrei potuto spendere le mie energie in maniera più proficua.
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