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L’anoressia

L’anoressia
Marzo 01
02:00 2008

Attualmente circa 2.200 persone soffrono di anoressia nel Lazio, di queste il 95% sono ragazze di età compresa tra i 14 e i 18 anni, ma l’età in cui il disturbo può comparire per la prima volta si estende dai 12 ai 30 anni. Il fenomeno è in costante aumento, come testimoniano anche le numerose segnalazioni che pervengono a noi psicologi dalle scuole superiori del nostro territorio.
Che cos’è l’anoressia?
L’anoressia è un disturbo mentale, con importanti risvolti nella vita relazionale della persona che ne soffre e di chi ci vive insieme, e soprattutto con gravi conseguenze sul piano fisico, talvolta anche letali. Ma bisogna subito dire che dall’anoressia si può guarire e che, prima viene riconosciuta e diagnosticata correttamente, prima possono essere attivati i percorsi di cura e con i migliori risultati possibili. La parola anoressia deriva dal greco, “anorexia”, che letteralmente significa “mancanza di desiderio o di appetito”. È una definizione che trae in inganno perché sebbene le persone affette da questo disturbo si rifiutino di mangiare, in realtà sono divorate dal desiderio di mangiare e lottano quotidianamente per tenere sotto controllo l’alimentazione, ricercando una ideale forma fisica spesso ai limiti della sopravvivenza. Talvolta il controllo restrittivo fallisce e cadono in preda a crisi bulimiche, cioè abbuffate, seguite sempre da disgusto e vergogna e da condotte di eliminazione del cibo (vomito, uso di lassativi, intensa attività fisica) per bruciare le calorie assunte.
Per diagnosticare l’anoressia devono essere presenti le quattro seguenti condizioni:
Una severa perdita di peso. Le persone affette da anoressia sono caratterizzate da una magrezza estrema (non costituzionale) con rifiuto di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima di peso ritenuta normale (l’indice di massa corporea – BMI – deve essere inferiore a 17,5; per calcolarlo la formula è peso/altezza². Le tabelle con i valori di norma stabiliti dall’OMS sono reperibili su internet).
La seconda condizione è una forte paura di ingrassare anche in presenza di un evidente sottopeso. La terza è una preoccupazione estrema per il peso e l’aspetto fisico: sono persone insoddisfatte del proprio peso e aspetto fisico, si considerano grasse pur essendo sottopeso o considerano troppo grasse alcune parti del proprio corpo. Inoltre basano la propria autostima principalmente sui valori della bilancia, un aumento di peso anche di pochi grammi porta a frustrazione e autosvalutazione, mentre al contrario un calo di peso aumenta il senso di autocontrollo e di fiducia personale.
L’ultima condizione nelle femmine è l’amenorrea, cioè la mancanza del ciclo mestruale, da almeno tre mesi; nei maschi in genere è presente una perdita dell’interesse sessuale e impotenza. A questi sintomi si accompagnano frequentemente depressione, ansia, facile irritabilità, isolamento sociale, come anche diminuite capacità di concentrazione, disturbi del sonno, disturbi gastrointestinali.
Quali sono le cause dell’anoressia?
Vi sono innanzitutto dei fattori socioculturali che predispongono l’insorgere del disturbo: la magrezza è esaltata da tutti i mezzi di comunicazione. Pensiamo al bombardamento quotidiano da parte dei mass-media con servizi relativi a diete e prodotti per dimagrire, o alle modelle emaciate che sulle passerelle e sulle copertine delle riviste rivolte alle adolescenti, vengono proposte come ideali di bellezza e successo. E quando sentiamo i racconti di chi soffre di anoressia, spesso scopriamo che il primo passo del cammino che ha condotto alla malattia è stato proprio l’inizio di una dieta per imitare qualcuno o per sentirsi più in forma. Vi sono poi caratteristiche individuali, quali tratti di personalità caratterizzati dal perfezionismo, dietro il quale si nascondono una bassa stima di sè, profonde insicurezze e la paura di non poter essere accettati dagli altri per quello che si è. Il corpo magro e “perfetto” diventa il rifugio nel quale nascondere le proprie debolezze e l’unico modo per poter essere giudicati positivamente. Altre volte invece il corpo diventa lo strumento per comunicare il disagio di crescere, di affrontare il passaggio dall’infanzia all’adolescenza o dall’adolescenza all’età adulta, dalla dipendenza dalla famiglia all’indipendenza: il riuscire a tenere sotto controllo l’alimentazione ed il proprio peso è accompagnato dalla sensazione di successo personale, di autonomia ed orgoglio e dall’aumento dell’autostima. In altri casi attraverso il corpo la persona che soffre di anoressia cerca di canalizzare su di sé l’attenzione dei genitori per cercare così di risolvere dei loro conflitti di coppia o delle situazioni familiari difficili. Il corpo ed il cibo quindi non sono altro che dei “simboli” su cui vengono proiettate emozioni, ferite, delusioni, inadeguatezze, e diventano i modi preferenziali di comunicare il proprio mondo interno. Si possono leggere tanti altri significati dietro i sintomi dell’anoressia, ed ogni caso ha le sue caratteristiche peculiari, ma l’importante è che la famiglia non venga colpevolizzata e vista, al contrario, come la principale risorsa da coinvolgere nel percorso di guarigione dalla malattia.
L’intervento nei casi più gravi, quando le condizioni fisiche sono ai limiti della sopravvivenza, avviene in strutture ospedaliere o comunità terapeutiche specializzate e mediante il lavoro di equipe che prevede la collaborazione di più figure professionali (psichiatra, nutrizionista, psicologo); quando invece segnali del disagio sono riconosciuti per tempo, è sufficiente un intervento psicologico, mirato alla remissione della sintomatologia e alla costruzione di un’identità personale più stabile e definita, che consenta una maggiore accettazione delle caratteristiche personali e dell’unicità, sia della persona che soffre del disturbo, sia dei suoi genitori.

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