‘L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto’, di Luisa Muraro
L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto, l’ultimo libro della filosofa Luisa Muraro, Editrice La Scuola .
«L’idea di commissionare la confezione di una creaturina umana con un regolare contratto commerciale, non so se sia mai apparsa in qualche romanzo di fantascienza per descrivere gli usi e costumi di una civiltà aliena. Sicuramente è apparsa sul pianeta Terra. Non come una fantasia, ma come una pratica garantita dalla tecnoscienza e dal diritto commerciale […].Il poco che si sa di questa pratica nel breve termine, si presta a tutte le interpretazioni». «La più risibile difesa della maternità surrogata è quella che protesta contro i divieti e le proibizioni, in nome della libertà. Qui non si tratta di proibire, si tratta di non sbagliare». «L’idea di istituire un mercato per le creature del corpo femminile fecondo, che conseguenze potrebbe avere? Un mercato equivale alla possibilità di fare soldi e per alcuni (quanti?) non sarà altro che questo, affari e profitto…».E ancora: «Se diamo altro posto ancora alla tecnica e al mercato in ciò che riguarda la riproduzione degli esseri umani, mettiamo a rischio la relazione materna, da una parte, e dall’altra la ricerca di un nuovo e più ricco senso della paternità, che è iniziata con la fine del patriarcato…»
Sono alcuni stralci da L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto – Editrice La Scuola, pagg. 86, euro 8,50 il nuovo libro di Luisa Muraro, figura di riferimento del femminismo italiano, che in queste pagine analizza il tema della maternità surrogata, considerata come la forma più attuale di sfruttamento del corpo delle donne. La nota filosofa e scrittrice, reagendo alla richiesta di legalizzazione di tale pratica, ripensa il rapporto della donna con il proprio corpo alla luce di un neoliberismo culturale che ne predica la totale disponibilità ed esalta l’unicità della relazione madre-creatura che va formandosi. Un testo originale per capire il dibattito che sta investendo la politica, il diritto, l’etica e la famiglia e per riflettere su un tema esplosivo, che riguarda tutti. Insomma: ammesso che la madre sia sostituibile, non lo può essere la relazione materna. E la surrogazione la minaccia doppiamente: dapprima programmando la sua interruzione senza necessità «il neonato separato dalla madre è capace di fare la mediazione che gli è necessaria; ma ne sarà capace la donna – o l’uomo – che si è messa arbitrariamente al posto di madre?»; poi spezzando il ‘continuum materno che invece domanda di andare avanti senza interrompersi «L’essere figlia di una madre che era anche lei una donna, figlia di una madre che era anche lei…, fino alle origini, questo sentimento o pensiero aiuta a non identificarsi totalmente con la funzione materna, aiuta cioè la libertà femminile e il valore simbolico della maternità». Inoltre il problema maggiore posto dalla maternità surrogata, non è quello di venire al mondo e trovarsi a dover fare i conti con lo scarso amore, l’incostanza del desiderio o il malaffare, e neanche quello del ricorso alla tecnica o al mercato, a certe condizioni. «È invece, quello del ruolo che tecnica e mercato giocano nella generazione. Tecnica mercato nella nostra civiltà, lo sappiamo, sono sempre meno dei mezzi a nostra disposizione».
Per Luisa Muraro che qui passa al vaglio con lucidità gli argomenti a difesa ‘dell’utero in affitto’ «formula che, con tutta la sua crudezza, non lascia scampo: o pensiamo a un corpo femminile fatto a pezzi o pensiamo a un corpo femminile affittato per intero, e lei allora diventa qualcosa come un villino per le vacanze», non si può negare che ci si trovi davanti ad una minaccia mirante alla libera disponibilità di sé da parte femminile. E spiega: «I soldi hanno di questi effetti, come insegna la prostituzione. Intorno a quello che c’è di libera scelta, cresce l’asservimento. Un argomento è: se non si potrà fare legalmente, ci sarà un mercato nero. Anche questa è una minaccia. Oppure: se qui non si può, andremo all’estero. All’estero ci sono paesi che cominciano a proibire la surrogata agli stranieri; forse lo considerano un turismo per loro umiliante, come quello sessuale. Un altro argomento è: tocca alla legge badare alle donne più esposte all’abuso e allo sfruttamento. Chi o che cosa è all’origine di questa ulteriore prospettiva di abuso e sfruttamento che prima non c’era? Non certo il desiderio sacrosanto di diventare madre e padre, che c’è da sempre. Anche il desiderio, in definitiva, è sfruttato».
Non è tutto. Per l’autrice de L’anima del corpo anche applicare alla surrogata lo slogan ‘l’utero è mio’ è un controsenso. «Prendeva il suo significato dal contesto di una mobilitazione per assicurare alla singola la prospettiva di una maternità liberamente desiderata. Nel caso presente, invece, si tratta di subordinare la fecondità personale a un progetto di altri, che saranno i titolari del suo frutto e dettano le condizioni del suo svolgimento. Nondimeno quello slogan era sbagliato già allora, così com’è una semplificazione parlare di diritto per l’interruzione volontaria della gravidanza». Non a caso l’analisi di Luisa Muraro sfocia nella riflessione ineludibile sulla relazione materna, che ha dato un’impronta di civiltà alla convivenza umana: il tema assorbe molte pagine del saggio dettate da forte consapevolezza: «….altrimenti […], la prospettiva diventa che, nella convivenza umana, tutto quello che si vuole salvaguardare finirà in una questione di proibito/ obbligatorio/ indifferente, e tutto quello che resta di semplicemente desiderabile, non sarà più nella libera disponibilità delle persone perché avrà un prezzo di mercato o dovrà essere regolato secondo i rapporti di forza. La libertà non avrà più modo di svilupparsi e, con questa, neanche la nostra umanità».
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