“L’amore non lo vede nessuno” di Giovanni Grasso
L’amore non lo vede nessuno di Giovanni Grasso, Rizzoli, 2024, è un thriller psicologico, con ritmo avvincente e trama brillante, da leggere tutto d’un fiato. Dentro al racconto, magistralmente intrecciato, vengono affrontate, al netto delle pedanterie della saggistica, alcune questioni attuali e tutt’altro che semplici: narcisismo (nella meno conosciuta declinazione rosa), revenge porn, consumismo, edonismo e fragilità dei rapporti sentimentali. Congiuntamente anche altri aspetti, meno recenti ma non meno importanti, sono sottoposti a scrutinio: lotta tra bene e male, crisi della fede, difficoltà nei legami famigliari, dissoluzione morale, promiscuità e desiderio.
La protagonista del romanzo, per scelta narrativa sempre evocata attraverso il ricordo degli altri personaggi, è Federica. Sedotta dai soldi del capitale commerciale, dalla moda e dagli eventi mondani lascia la sorella e il padre vedovo per raggiungere Milano. Vive in un vuoto pneumatico di emotività e radici. La sua realtà originaria le sta stretta e non la comprende in senso comunitario. Vede solo l’asfittica monotonia dei piccoli centri di provincia e nient’altro. Là dove la sua personalità, sull’onda di una megalomania neppure tanto nascosta, non può evolversi come desidererebbe. Federica è stupenda e con il suo charme, unito alla capacità di modellamento e manipolazione, riesce a irretire chiunque voglia:
«Con la sua bellezza e la sua sottile spregiudicatezza aveva sedotto una schiera di uomini, belli, ricchi, potenti, giovani e meno giovani, spremendoli come limoni e gettandoli via senza pietà. Sapeva bene che uso fare della sua avvenenza» (p. 57)
Queste abilità, al di là dei modesti proventi derivanti dal suo lavoro, le permettono di condurre una vita elegante, lussuosa e civettuola: una mole di abiti griffati, importanti gioielli, viaggi esclusivi e auto rombanti. È proprio il suo amore per la velocità, con un corrispettivo evento tragico, a dare inizio al romanzo che, nel suo svolgersi, narra anche le pieghe dell’altro amore di Federica. Quello per la compagnia di uomini già impegnati che, opportunamente fotografati e catalogati, vanno a rimpinguare il folto palmarès delle sue conquiste. Tutto questo, però, sembrerebbe non bastare: come se non esistessero altri limiti se non quelli da superare. In questo scenario deteriore, maturerà in lei la spinta verso il sacrilego che architetta, fin nei minimi dettagli, cercando di accalappiare ciò che, per scelta vocazionale, non dovrebbe subire la pressione data dai lacci dell’amore sensibile. A questo punto, entra nella narrazione il misterioso Mister P., vero e proprio coprotagonista, vittima di Federica e delle forti debolezze della sua concupiscenza:
«Mi sfidava, mi provocava continuamente e aveva preso a svalutarmi, a umiliarmi, a criticarmi per ogni inezia. Aveva trovato il mio punto debole, il mio tallone di Achille: l’amore, l’attrazione irresistibile che provavo per lei. Mi aveva in pugno. […] Il mio unico scopo era ormai diventato quello di accontentarla. […] Ma più moltiplicavo le mie attenzioni, più lei diventava esigente, come una dea crudele che, per essere placata, chiede ai suoi fedeli offerte sempre più massicce. Alternava dolcezze e pretese. Dosava con estrema perizia castighi e premi. Alzava sempre il livello dell’azzardo. Era un gioco al massacro, il mio, che subivo senza riuscire a sottrarmi» (p. 130)
È poi davvero una vittima chi anela di lasciarsi soffocare da una stretta così forte? Mister P., al di là dell’alone che avvolge la sua figura fino alle battute finali, si lascia comprendere nel suo sforzo vano di attovagliare qualcosa di tanto sfuggente quanto pericoloso. In questa prassi deleteria, così capace di spazzare via tutte le sue vecchie e sedimentate consapevolezze, sembrerebbe senza speranza alcuna. Tuttavia, nei romanzi, così come nella vita, hanno luogo colpi di scena che, a beneficio dei futuri lettori di Grasso, è bene non raccontare!
C’è una morale in questa storia? Sì e più di una. L’insegnamento più importante concerne l’intemperanza degli amori scorretti che, travolti da una passione apparentemente inarginabile, finiscono con la desertificazione interiore. Il falso sentimento, quello che nasce nel nascondimento, nel suo venire alla luce sconquassa le anime dei fedifraghi e lascia cumuli di macerie tra assenza d’appagamento e desolante solitudine. L’antidoto è fornito nel finale quasi religioso che, se non fosse quello di un romanzo postmoderno, si potrebbe definire addirittura edificante. Riemerge, come nel conversi ad Dominum a conclusione delle omelie agostiniane, l’aspirazione di coloro che trovano nella verticalità dell’amore divino la giusta forma dell’amore del prossimo.
Giovanni Grasso, giornalista, scrittore, attuale direttore ufficio stampa della Presidenza della Repubblica
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento