La via difficile alla normalità
L’Italia è soprattutto una terra di artisti; nella realtà e di eccezionale valore in molti casi, ma più spesso solo nelle aspirazioni e negli atteggiamenti; e gli italiani, come gli artisti, sono spesso eccessivi, nel bene e nel male. Passano dal circo all’accademia, dalle sconcezze alla santità, dalla beata ignoranza al pensiero più sofisticato e profondo. Sebbene dal tempo dei progenitori latini aleggi, e sia stato diffuso in tutto il mondo, il motto che la virtù sta nel mezzo, nella pratica quotidiana vi sono spadaccini o “don abbondi”, spudorati o bigotti, giocolieri o meccanici. Difficilmente il coraggio si accompagna alla prudenza, o l’estro all’operosità. Siamo costretti tra i voltagabbana e gli irriducibili; quasi introvabili i ragionevoli, che modulano i loro comportamenti in relazione cosciente con tempi, modi e fini.
Il riscontro perfetto è nella giravolta verificatasi nel Governo del Paese: appunto dal circo – i nomi dei giocolieri sono noti e ancora indossano abiti da pagliaccio o mostrano manifesti mortuari in stile ultrà – all’accademia, in senso proprio, essendo i membri dell’attuale governo per buona parte accademici o cattedratici. C’è chi pensa, e noi tra questi, che l’Italia avrebbe bisogno di meccanici, per riparare i guasti, e di capi colonia o sciame per trasformare le cicale in formiche. I meccanici devono essere esperti ed onesti, i capi colonia seri e non rissosi. Qualche problema, nell’uno e nell’altro caso, si può ravvisare. I nostri ‘meccanici’ sono certamente esperti nelle loro materie e pure onesti per unanime riconoscimento; non avverrà che dicano di aver cambiato un pezzo se non l’hanno fatto, né allenteranno un bullone per procurarsi nuovo lavoro.
C’è solo un dubbio: sono meccanici da Ferrari, impareranno e saranno disponibili a rimettere in sesto “Panda” e trattori? Ce lo auguriamo in base al principio che nel grande è compreso anche il piccolo. Il discorso dei capi colonia, sciame o gregge che dir si voglia, è un pochino più complicato. Il buon capo dà, di solito, il buon esempio, è fermo ma non litiga, è coerente e onesto intellettualmente. I nostri politici-capi sembrano essere i primi a non aver capito di non essere più in “formula uno”. Il capo (dei capi) non solo non è cosparso di cenere, ma non si vede neppure una grattatina di ravvedimento. Il gioco delle parti continua e fa impressione notare le nuove alleanze preconcette: ora PD e PDL (quasi) a braccetto e la Lega all’attacco dei vecchi amici. E solo perché sono state ridate le carte o cambiate le caselle.
Ancora ordini di scuderia (a proposito di “formula uno”) e paraocchi ben stretti; sempre viva il parroco o baffone; ma non era cambiato tutto, amico gattopardo? Migliaia di pulsanti cancellano i talk-show sempre uguali a se stessi: c’è desiderio di silenzio. Un silenzio operoso, di insegnamenti a voce discreta, di studio e lavoro pagina a pagina e mattone a mattone. Un paese normale, nel quale gli exploit siano solo sportivi, i gratta e vinci l’eccezione, e i sogni si raggiungano a piedi e ad occhi aperti. Anche stavolta speriamo di non aver bisogno di ‘eroi’. Confidiamo che i professori diventino un po’ meccanici e abbiano voglia di sporcarsi le mani per poi ungere e contagiare tutti in un nuovo salutare rito di atipica e purificante festa di fine vendemmia: nella quale diverte e porta bene appiccicarsi di dolce mosto.
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