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Andrà all’asta il 26 giugno a Roma un importante manoscritto di Giacomo Leopardi: un foglio in cui il poeta trascrisse di suo pugno un “idillio” che aveva già composto e che nel tempo è divenuto la sua opera più nota, e forse la composizione più celebre di tutta la produzione poetica italiana: L’infinito. Rinvenuta di recente presso una famiglia di Recanati, il paese natio di Leopardi, la nuova copia dell’Infinito è già stata sottoposta a una serie di analisi ed è ormai certo che risalga al 1821, ovvero a poco prima della partenza del poeta per Roma.

Questo dettaglio non sembra superfluo, perché potrebbe suggerire quale fu il motivo che indusse Leopardi a effettuare quella trascrizione: il desiderio di lasciare a casa, “al sicuro”, un duplicato della sua produzione artistica migliore, da recuperare in caso di necessità, dato che i manoscritti che portava con sé – per le precarie condizioni nelle quali si viaggiava all’epoca – erano esposti al rischio di deteriorasi o perdersi.
La copia ora in vendita è in realtà la terza di quel componimento poetico: altre due, risalenti al 1819 e al 1824-5, sono conservate rispettivamente nella Biblioteca Nazionale di Napoli e a Visso, un comune in provincia di Macerata. Sembra che Leopardi fosse uso rileggere e rimeditare spesso sui suoi scritti, e che proprio questo fosse all’origine della consuetudine delle trascrizioni, che riportano di solito anche le correzioni e i ripensamenti che avevano dato origine alla prima stesura delle opere. Rivedendo e ricordando le sue esitazioni e i cambiamenti introdotti, Leopardi ripercorreva probabilmente le vie della propria ispirazione e trovava nuove suggestioni per altri componimenti.
Definita la partenza dell’asta in 150mila euro, si pensa che l’aggiudicazione finale dell’autografo sarà “battuta” a un valore molto più alto. È ignoto, al momento in cui scriviamo, se e quanti enti o istituti pubblici tenteranno di acquisire il manoscritto, portandolo via a qualche agguerrito collezionista che potrebbe provenire anche dall’estero.