LA TUA VITA È COME UNA SCULTURA
Michelangelo Buonarroti, pittore, architetto e scultore rinascimentale, affermava di non creare le sculture dalla pietra ma di liberare una figura già esistente in forma dormiente.
Ecco le parole racchiuse nel madrigale di Michelangelo Buonarroti:
“Sì come per levar, donna, si pone
in pietra alpestra e dura
una viva figura,
che là più cresce u’ più la pietra scema;
tal alcun’opre buone,
per l’alma che pur trema,
cela il superchio della propria carne
co’ l’inculta sua cruda e dura scorza.
Tu pur dalle mie streme
parti puo’ sol levarne,
ch’in me non è di me voler né forza”.
Ora immagina di essere il tuo stesso Michelangelo, lo scultore che porterà alla luce ogni potenzialità nascosta.
Per far questo dovrai come dice lo scultore stesso “levare il soverchio” – eliminare il superfluo – che imprigiona l’opera, te stesso, all’interno del blocco per disvelare la tua bellezza divina.
(Michelangelo, “Prigione morente”, 1510-13. Marmo, altezza 2,29 m. Parigi, Musée du Louvre)
Il pensiero di Michelangelo affascina tutti sin da subito, soprattutto per l’idea di una bellezza intrinseca nelle cose e nelle persone che spesso non riesce ad essere disvelata, come imprigionata in un blocco di marmo.
Tutte le persone hanno in sé tutte le caratteristiche e le potenzialità per emergere e raggiungere risultati eccelsi, proprio come Michelangelo credeva che un blocco di marmo racchiudesse in sé una splendida scultura. Così come molte persone non riescano a raggiungere dei risultati perché sono imprigionate da un blocco. L’obiettivo allora è di disvelare la nostra vera essenza della nostra persona scoprendo tutti gli strumenti che già possediamo (e che spesso non conosciamo bene) per ottenere risultati e raggiungere obiettivi.
L’abilità sta allora nella capacità di disvelare la vera bellezza e potenzialità che ognuno di noi possiede, come un David racchiuso in un blocco di marmo ancora da scoprire!
( “David” di Michelangelo, 1501-1504,Galleria dell’Accademia, Firenze )
Sempre esaminando le figure dei Prigioni di Michelangelo queste appaiono, più che incatenate a pilastri, come schiacciate dal peso immane della materia, dalla quale tentano vanamente di liberarsi. C’è un senso di tensione, di movimento impresso dall’accentuata torsione: questa lotta esprime in Michelangelo una sorta di analogia simbolica fra la figura che tenta di fuoriuscire dal marmo e lo spirito che cerca di liberarsi. Ogni blocco mostra una solida muscolatura delle braccia e delle gambe abbozzati in modo dinamico e potente, traccia concreta della profonda passione che Michelangelo nutriva per l’anatomia umana.
(Michelangelo, “Prigione ribelle”, 1510-13. Marmo, altezza 2,29 m. Parigi, Musée du Louvre)
Togliere, come quando uno scultore elimina il marmo in eccesso per dare vita alla sua opera: questo è ciò che si dovrebbe fare per ricollegarsi alla propria parte più intima e profonda, la vera essenza che, da quando si nasce, se non da prima, viene manipolata e decisa da altre persone, altrettanto inconsapevoli di se stesse.
Siamo sommersi da pesi, fardelli, giudizi, pregiudizi, comportamenti, sensi di colpa, paure, obblighi, regole, norme etiche e sociali che abbiamo perso la nostra vera essenza o peggio ancora costruito di noi un falso sé.
A questo punto la domanda d’obbligo è: “Quanto ognuno crede di conoscere se stesso?”
L’unica cosa da fare è togliere tutto ciò che blocca e liberare il nostro vero io. L’arte del togliere consiste nello sviluppare la capacità di osservare il proprio pensiero, ma per farlo bisogna imparare a chiedersi costantemente se ciò che la psiche produce ci appartenga davvero oppure no e, in seguito, nel cercare soluzioni differenti e visioni alternative della realtà.
Si tratta di un costante lavoro di osservazione della propria attività psichica. Questa è la base da cui partire per lasciare al proprio vero sé lo spazio per germogliare e crescere, esprimendo tutto se stesso.
Bisogna però stare attenti a non confondere l’occupazione che abitualmente si svolge con ciò che si è, ciò che si sa del proprio passato con la persona che si potrebbe diventare.
Per capire quale sia il nostro dono, il nostro talento, il nostro essere autentico e sentirsi “allineati” allo scorrere della propria esistenza, percepire l’assenza di tensioni tra i nostri pensieri e il nostro sentire, provare leggerezza e serenità e non aver più bisogno di compensazioni esterne bisognerà togliere, un po’ per volta: questa è la soluzione. Togliere e lasciare spazio a ciò che ancora è rimasto inespresso dentro di noi.
Si dovrà poi trovare la propria strada per raggiungere i nostri personali obiettivi, e allora sarà necessario ampliare la capacità di esplorare le risorse e l’ ambiente circostante.
John Withmore propone il modello G.R.O.W.
Il modello GROW è in realtà un acronimo che indica quali siano i passi da seguire:
G = Goal = Obiettivo. Il primissimo passo da fare è identificare lo Stato Desiderato da raggiungere, trasformandolo da desiderio ad obiettivo concreto, tempificato, motivante. Senza un obiettivo ben definito, non si potrà raggiungere nessun obiettivo! Per tale ragione questa fase è probabilmente la più delicata di tutto il processo.
R = Reality = Realtà. È la fase in cui si analizza il presente con i suoi ostacoli e le sue risorse, cercando di individuare quali sono i blocchi e su cosa possiamo agire. Cosa ci blocca? Come liberare il nostro Io dal blocco? Cosa c’è da togliere?
O = Options = Opzioni. Questa è la fase generatrice di idee e possibilità. In questo passaggio si naviga tra le infinite possibilità a disposizione. È il momento dell’abbondanza di idee ma anche qui dovremo “Togliere” ciò che non ci calza, ciò che non è della nostra taglia, forzare qualcosa che non ci si addice non serve.
W = Will = Volontà. A questo punto bisognerà fare le proprie scelte tra le possibilità esplorate in precedenza e selezionate accuratamente. Definire le azioni che si vuole mettere in pratica, come metterle in pratica, le tempistiche e come misurarne l’effettiva efficacia.
Successivamente quando avremo scoperto noi stessi, chi siamo, accettati con le nostre fragilità ma anche per le nostre potenzialità, messo a frutto i nostri talenti, l’effetto Michelangelo consisterà nello “scolpirsi” con l’altro a vicenda influenzandosi positivamente per dare il meglio di sé così che l’identità del singolo si impreziosisca in uno scambio reciproco e virtuoso. Questo è “l’effetto Michelangelo” un fenomeno osservato per la prima volta nel 1999 dallo psicologo statunitense Stephen Michael Drigotas. Se accanto all’altro siamo cresciuti, abbiamo esplorato nuove sfaccettature di noi stessi e sentiamo di essere diventati una persona migliore o più completa, allora la sua influenza è benefica e positiva ed essendo stata l’influenza reciproca noi avremo aiutato l‘altro a tirar fuori la sua versione migliore mentre noi ci siamo impegnati a sviluppare il nostro “io” migliore. Insomma, si tratta di crescere insieme guardando nella stessa direzione.
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