La storia sismica dei Colli Albani – Medioevo
Come anticipato nel precedente articolo, il Medioevo a Roma si aprì all’insegna dei terremoti: furono ben 70 le scosse che si susseguirono negli anni 476 e 477 e che danneggiarono in modo significativo il Colosseo rendendolo più vulnerabile ai sismi che vennero copiosi negli anni a seguire… Infatti nel 484 un terremoto di ben 5.4 gradi stimati causò gravi danni all’anfiteatro distruggendone il portico, con il crollo di 20 colonne e parte delle gradinate: è ancora possibile vedere in loco una lapide posta da Decio Mario Venanzio Basilio che curò e sostenne i lavori di restauro. La scossa provocò vari altri crolli e distruzioni in giro per la città. Purtroppo la benemerita opera di restauro non mise al riparo l’Anfiteatro Flavio dal collasso dell’arena che seguì ad una forte scossa occorsa nel 508. Dalle cronache di quegli anni appare evidente come i terremoti erano ancora associati a prodigi e sventure: ne è un esempio quello del 6 agosto 618, di per se non troppo forte con i suoi 4.3 gradi, ma che viene descritto concomitante ad una mortale epidemia di scabbia che falcidiò la popolazione romana. Sicuramente non ebbe epicentro a Roma il terremoto del 29 aprile 801 che devastò l’Italia Centrale almeno da Spoleto a Roma: nonostante la distanza crollarono il tetto della basilica di San Paolo Apostolo e tutta la chiesa di Santa Petronilla, venne danneggiato per l’ennesima volta il Colosseo e vari crolli e frane interessarono le zone prossime alla Capitale. Il sisma viene valutato per Roma a 5.4 gradi ma l’intensità nell’epicentro sarà purtroppo stata gigantesca. L’ultima scossa segnalata nell’Alto Medioevo la troviamo nell’anno 911.
Il Basso Medioevo è un periodo buio anche per quanto riguarda la produzione di documenti relativi a terremoti e le notizie si diradano molto: tuttavia pare che proprio nel cruciale anno 1000 si avvertì un forte terremoto proprio sui Colli Albani presago dell’imminente fine del mondo… Fine che sappiamo bene non arrivò, ma arrivarono altre scosse: pare che una ce ne sia stata nel 1005 in piena fondazione dell’Abbazia di San Nilo di Grottaferrata, una seconda nel 1007 ed una terza durante la Pasqua del 1027. Passano poi diversi anni duranti i quali non si sono trovati documenti. Il primo di cui si ha notizia è il terremoto che accadde la notte tra il 27 ed il 28 gennaio 1091: la notizia è riportata come annotazione in un calendario liturgico, non si menzionano però danni significativi a Roma pur essendovi stato avvertito distintamente. È probabile che tale sisma giudicato 5.1 gradi si sia generato molto lontano da Roma.
Tra il 1100 ed il 1116 si segnalano diversi terremoti che avrebbero avuto epicentro sui Colli Albani, ma le testimonianze sono così vaghe che è impossibile stabilirlo con certezza. Non ebbe origine albana il terremoto di Subiaco del 1227 che oltre a devastare il monastero di Santa Scolastica causò qualcosa come cinquemila morti nella città di Roma. Una tale ecatombe fu dovuta certamente alle pessime condizioni in cui versavano molti edifici, ma siamo sicuri che se la città risentisse di un forte terremoto non vi sarebbero crolli disastrosi? Chi scrive prova ancora sdegno per i danni riportati in seguito al terremoto aquilano da diversi plessi scolastici, e Roma tutt’ora non viene considerata a moderato rischio sismico.
Come scritto sopra paura e superstizione regnavano sovrani nel Medioevo ed ogni avvenimento naturale veniva considerato un presagio, che poteva a sua volta essere associato ad un altro avvenimento onde cogliere un disegno complessivo: così va letta l’associazione tra un terremoto devastante che sarebbe occorso nel 1229 durante il quale una grande e rossa cometa avrebbe illuminato la misera condizione delle popolazioni terremotate. Sisma a cui ne seguì un altro fortissimo nel 1231, facendo immani danni ai monumenti romani: fu allora che venne giù la parete esterna sud-ovest del Colosseo, ferita ancora ben visibile. Crollò anche la Tor de’ Conti (posta oggi all’angolo tra Via Cavour e Via dei Fori Imperiali). Nel 1255 poi viene segnalata un’altra scossa di cui non sappiamo purtroppo nulla.
Nonostante non venga considerata una zona fortemente sismica Roma è stata pesantemente condizionata nella sua storia dai terremoti: prova ne è che alla morte del papa Onorio IV nel 1287 seguirono 10 mesi di vacanza della carica: la ragione è nel fatto che il conclave veniva continuamente sciolto per le continue scosse che impedivano agli attempati e malfermi cardinali di riunirsi in sicurezza. L’elezione del francescano Niccolò IV si avrà solo il 15 febbraio 1288.
Una scossa lieve è poi segnalata 4 anni dopo, nel 1292. Lievi non lo furono quelle che tra il 1321 ed il 1334 causarono vari crolli ad edifici della città, tra cui quello della Torre delle Milizie. Un’altra torre, la già citata de’ Conti perse un altro piano a causa del forte terremoto del 1348 che la ridusse a come è possibile vederla oggi.
Il monumento che nel corso della storia era stato il più martoriato dai sismi, il Colosseo, riportò altri seri danni nel 1349 a causa di una scossa, come pure la Colonna Antonina che addirittura girò su se stessa tra il nono ed il decimo rocchio.
Seguirono poi anni di relativa quiete, con la sola eccezione della scossa del 1407: segno forse della volontà della Natura di aiutare l’uomo ad uscire da anni poveri e bui come quelli medievali. Ed è proprio alla fine del Medioevo che attribuiamo la prima notizia certa di un terremoto riguardante i Colli Albani e ce la lascia il monaco Paolo dell’Abbazia di San Nilo di Grottaferrata. Paolo che in seguito diventerò abate di San Nilo era ancora un semplice copista che il 2 febbraio del 1438 stava lavorando su un manoscritto quando alle 13:15 avvertì uno “spaventoso terremoto” e preso dallo spavento lo scrisse a nota del manoscritto che stava copiando: il codice del V secolo concernente opere di Teodoreto esiste tutt’ora ed è custodito presso la Biblioteca Evangelica di Roma. Il terremoto è stato valutato di magnitudo 5.4 ma non ebbe probabilmente epicentro a Grottaferrata.
Nel prossimo articolo affronteremo l’epoca moderna.
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