La storia sismica dei Colli Albani – Introduzione
È noto che gran parte del territorio italiano è ad elevato rischio sismico: a questo riguardo l’Istituto Nazionale di Geofisica pubblica periodicamente una Mappa di Pericolosità Sismica nella quale sono individuate le zone (tipicamente ripartite per comuni) dove la possibilità di forti terremoti è maggiore ed in cui vanno adottati particolari accorgimenti per la costruzione o ristrutturazione di immobili. Tale carta nasce essenzialmente da due filoni di studi: il primo è di tipo squisitamente geologico e riguarda lo studio delle faglie, il secondo passa per l’archeosismologia ossia lo studio delle fonti storiche che citano terremoti. Entrambi questi filoni presentano delle criticità dovute nel primo caso ad una evidente impossibilità di conoscere nel dettaglio tutto il sottosuolo italiano, mentre il secondo filone deve fare i conti con documentazioni che nel migliore dei casi risalgono al 500 avanti Cristo. Tali criticità possono portare (e si è purtroppo verificato) ad una sottovalutazione del rischio sismico in zone dove non si sono condotti studi approfonditi del sottosuolo perché mancando documenti storici che ricordino terremoti non le si è considerate ad elevato rischio.
Venendo alla zona che ci riguarda, i Colli Albani, i cui comuni rientrano tutti in una stima di sismicità fino al grado VIII Mercalli (quindi elevato) lo stato degli studi è decisamente buono per ragioni legate all’introduzione fatta sopra: l’evidente e ben riconoscibile presenza di un grande vulcano a pochi chilometri da un importante centro di studi come la città di Roma ha favorito soprattutto negli anni Ottanta del secolo scorso una grande produzione di documenti geologici che ne hanno “sviscerato” (è il caso di dirlo) natura del suolo, faglie, presenza di camini, camere magmatiche eccetera. Roma ha poi raccolto nel corso di 2500 anni la storia sismica dei Colli Albani stante l’ovvio fatto che ogni forte sisma registrato sui Colli veniva distintamente avvertito nella città. Questi documenti pur se carenti epistemologicamente e con diversi vuoti temporali forniscono prima un’idea e poi fonti di studio di intensità e frequenza dei terremoti della nostra area.
Diciamo subito che allo stato attuale della ricerca dei documenti fino al terremoto di Velletri del 1577 è impossibile individuare con certezza terremoti con epicentro ai Colli Albani: questo perché le cronache degli storici romani riportano gli effetti dei sismi in città senza però mai dare informazioni sui danni nelle aree circonvicine o anche solo osservazioni come la natura delle onde sismiche (ondulatorie, sussultorie) che indirettamente fornirebbero preziose informazioni sull’epicentro. Vista la prossimità di Roma ad aree sismologicamente attive come appunto i Colli Albani, la Valle dell’Aniene, la Tuscia, la Marsica, il Tirreno, l’Appennino Umbro-Marchigiano moltissime delle scosse avvertite nei secoli nella Capitale potrebbero avere avuto un’origine locale o molto lontana nel caso di terremoti forti che abbiano coinvolto zone dell’Italia Centrale.
Difficilmente questi terremoti avranno avuto un’origine cittadina considerando che la ricerca geologica e storiografica tendono ad escludere una forte sismicità dell’area strettamente romana, vista l’assenza di faglie significative nel territorio e l’assenza di sismi disastrosi nella storia, anche se come nel caso del terremoto del 12 giugno 1995 il comune di Roma è in grado di generare scosse del VI grado Mercalli (quanto venne valutato quel fenomeno).
La storia che seguirà è tratta da un cospicuo lavoro di ricerca che chi scrive ha compiuto nel corso degli anni su tutti i database dell’Istituto Nazionale di Geofisica che si è riusciti a trovare su internet: usiamo il plurale riferendoci ai database perché incomprensibilmente i sismi italiani non sono ancora stati raggruppati in un unico catalogo che copra tutta la storia fino ai tempi nostri. Accanto a ricerche di eccellenza come il Catalogo Parametrico che raccoglie una monumentale mole di documenti scovati in testi antichi, archivi remoti e manoscritti esistono elenchi anche molto recenti che quasi nulla dicono dei terremoti degli ultimi 15 anni. Crediamo che ciò sia dovuto all’annoso problema della precarietà della ricerca in Italia e soprattutto dei ricercatori dell’ambito geofisico, situazione che invitiamo chi di dovere a sanare per il bene di tutti.
Inoltre i dati che seguiranno peccano per molti secoli di approssimazione riguardo a date, epicentri, danni ed intensità dei terremoti: usando buon senso e metodo chi scrive ha provato ad interpretare questi dati senza uscire da un sentiero di scienza. Le intensità dei sismi riportate sono quelle stimate dai geofisici nei documenti e chiamate magnitudo equivalenti: una maniera per normalizzare grandezze dedotte dai danni alle scale attualmente usate per i terremoti recenti.
Ma prima di cominciare a parlare di terremoti è necessario spiegare l’origine remota dei sismi che si avvertono ai Colli Albani: si partirà dunque dalla preistoria e dal grande Vulcano Laziale per poi affrontare i dati attribuiti alle epoche antica, medievale, moderna e contemporanea. (Continua)
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