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La storia sismica dei Colli Albani – Epoca moderna

Ottobre 11
23:00 2009

L’epoca moderna iniziò sotto buoni auspici sui Colli Albani, considerando che per molti anni non si ha notizia di sismi: per trovare il primo bisogna aspettare fino al terremoto del 1577 a Velletri che con i suoi 4.4 gradi stimati potrebbe aver causato qualche lieve danno alla città, ma non ne restano notizie.
Si sa invece del panico che colse la cittadina laziale in seguito ad un terremoto datato 1703: alcune cronache lo vogliono occorso il 25 aprile con epicentro a Norcia, ma chi scrive pensa che probabilmente il sisma risentito a Velletri fu quello che rase al suolo l’Aquila il 2 febbraio sempre del 1703, scossa in confronto alla quale il recente terremoto del 6 aprile 2009 scompare quanto a devastazioni (parliamo di un sisma stimato 6.7 gradi Richter che fece 6500 morti). In ogni caso i velletrani impauriti si raccomandarono alla Madonna delle Grazie loro patrona, offrendole preghiere e penitenze.
Con questo terremoto si entrò nel Secolo dei Lumi che vide un rinnovato interesse per lo studio dei fenomeni naturali ed un miglioramento delle condizioni di vita, condizioni che portarono a produrre documenti che annotavano i sismi con capillarità.
Nel volgere di 6 anni dal 1748 al 1754 troviamo notizia di ben 3 terremoti tutti di 4.4 gradi di magnitudo equivalente: il 17 settembre 1748 a Frascati, il 28 gennaio 1750 ad Albano ed infine l’8 giugno 1754 a Rocca di Papa. Quest’ultima scossa (che sarebbe stata preceduto da un’altra il 22 maggio) è riportata nel diario di Padre Filippo Vitale, monaco dell’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata. Fra’ Filippo racconta che il 7 giugno fu una giornata molto calda e afosa ai Castelli Romani e nell’aria immobile venne avvertito distintamente un odore di zolfo. Questo clima avverso non scoraggiò i frascatani a dare una festa che tra canti e balli durò tutta la notte, terminando alle 5 del mattino dell’8 giugno. Secondo il frate non appena finì la festa e cessati i balli un vento impetuoso investì l’Abbazia durando fino alle 6 del mattino, quando una scossa di terremoto molto forte ricordò a tutti che anche Dio “sa far ballare la terra per nostro avviso e castigo“. Il padre parla di una scossa che durò il tempo di recitare un Padre Nostro e giunse notizia che a Frascati venne avvertita per 4 minuti esatti. Dall’Abbazia si sentirono poi distintamente suonare la campane di Marino e si seppe che le genti di Rocca di Papa erano fuggite per i castagneti.
Per vent’anni i Colli godettero di quiete, fino allo sciame sismico del 1773 che vide Albano come epicentro di almeno due scosse importanti: la prima in un giorno imprecisato di marzo fu abbastanza forte con i suoi 4.7 gradi e venne seguita il 22 giugno da una di 4.2 gradi. Non si hanno notizie di danni, che la prima scossa potrebbe avere causato vista la sua forza.
Un decennio dopo Albano fu di nuovo interessata da terremoti di rilievo: il 25 febbraio 1781 un terremoto di magnitudo 4.2 scosse la cittadina laziale, che nel marzo di 3 anni dopo ne provò uno ancora superiore, 4.4 gradi. In entrambi i casi non si ha notizia di danni, che invece devono purtroppo aver subito Rocca di Papa e Velletri epicentri di sismi di 5.0 gradi, ossia tra il V ed il VI grado Mercalli che le investirono rispettivamente il 24 settembre 1782 ed il 29 dicembre 1800.
È molto difficile dire se questa maggior frequenza di forti scosse al termine del 18esimo secolo fu dovuta solo ad una maggiore attenzione verso di esse o se era in atto un generale risveglio della furia del Vulcano Laziale: sta di fatto che queste potenti scosse precedettero di poco e contribuirono a rendere ancora più devastante il sisma più potente mai verificatosi ai Colli Albani, quello del 1806.
Proviamo a raccontare cosa accadde quel giorno fatale.
Il 26 agosto del 1806, un martedì, sono le 8:35 del mattino: è probabilmente una bella giornata d’estate sui Colli Albani, contadini e massaie sono già fuori casa da un bel pezzo quando la terra inizia a tremare in maniera violentissima. A Rocca di Papa una dopo l’altra cominciano a cadere le case del centro storico: bambini, vecchi invalidi, massaie al lavoro, scolari, fedeli in preghiera restano sotto le macerie del quartiere alto, quello prossimo ai Campi d’Annibale. Si contano molti morti e feriti. Crolla metà della chiesa dei padri Scalzi della Mercede, si lesiona seriamente la cattedrale. Genzano è il secondo centro più colpito: anche qui morti e feriti sotto i crolli, crolli che interessano anche Velletri dove fuori città vengono giù le chiese della Madonna degli Angeli e di Santa Maria Inviolata. Nel centro cittadino ci sono molti feriti e si lesionano gravemente il palazzo pubblico, la cattedrale e la chiesa di San Salvatore.
A Nemi crolla il convento dei Minori Osservanti la cui chiesa si apre in quattro. Ad Ariccia si lesionano molte case e crolla il tetto della chiesa di San Nicola. Anche a Frascati in quel momento si aprono crepe nelle case ed i comignoli cominciano a venir giù impazziti mentre nella sua Villa Rufinella il senatore Luciano Bonaparte si salva per miracolo dai crolli che interessano la sua residenza. A Zagarolo vien giù parte del palazzo baronale ed addirittura ad Artena (allora chiamata Montefortino) crolla la cappella della Madonna delle Grazie.
Tutto questo accadde nei 28 tremendi secondi di una scossa di magnitudo 5.6 che toccò l’ottavo grado Mercalli e si sentì fino a Sora e addirittura a Napoli: la potenza del sisma fu tale che fece nascere un lago sulfureo sui Monti della Faiola a Nemi, innescò un piccolo tsunami sul Tirreno e abbassò il livello del Tevere a Roma. La sera la popolazione sconvolta si riunì in processione, in particolar modo a Frascati dove vennero celebrate messe e indetto un digiuno votivo. Il 28 agosto si ebbe una piccola replica.
Passano una manciata di anni ed i Castelli Romani tornarono a fare i conti con terremoti di forte intensità: il 13 luglio 1810 Albano Laziale venne scossa da un sisma di magnitudo stimata 5.0 gradi: purtroppo di tale sisma non abbiamo documenti, ma è facile ipotizzare danni anche perché seguì il devastante terremoto del 1806. In questa corta sequenza sismica si pongono dei terremoti attribuiti alla città di Roma che negli anni seguenti toccarono anche 4.7 gradi, ma non è noto se l’epicentro fosse davvero la Città Eterna. Nel prossimo articolo inizieremo a trattare l’epoca contemporanea.

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