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LA RUBRICA DELLE DONNE

Dicembre 21
10:39 2022

   

Diana dea della caccia e della luna

Care amiche si sta avvicinando il Natale, le strade sono piene di mille addobbi che ci trascinano in una dimensione quasi fiabesca; mille lucine si accendono e si spengono sopra ogni negozio che non solo ci ricordano che il natale è la festa dell’amore ma anche quella del dono. Ma il natale non dovrebbe essere solo il momento dell’anno in cui la nostra capacità di amare emerge in tutta la sua potenza? File di macchine incolonnate per ore per le strade principali di città e nei piccoli paesi, file alle casse dei negozi, file ai supermercati, file al bancomat ci fanno si assaporare l’avvento del Natale ma anche come ormai sia diventata una festa estremamente commercializzata. Comunque ogni persona è giustamente libera di festeggiare il natale come vuole, pagana o religiosa che sia, dopo lo scandalo del Qatar la questione morale tanto cara già a Gramsci poi ripresa da E. Berlinguer non è più di moda, nessuno ne vuole parlare e quindi ognuno festeggi come vuole. E allora che sia un dolce Natale per tutti pieno di oro, incenso e mirra e di tante belle realizzazioni personali e collettive. Ma tutti festeggiano il Natale nel mondo allo stesso modo?

CURIOSANDO…..

Norvegia: il natale si festeggia il 24 dicembre e in Germania il 6 e in Russia il 7 gennaio aspettando chi San Nicola, chi santa Claus con la slitta e con le renne.

Filandaia: la casa di babbo natale si trova a Rovaniemi in Lapponia, ma è a Turku che il natale inizia con la Dichiarazione Natalizia di Pace:  Joulipukki (Babbo Natale) camminando tra le vie addobbate di Helsinki proclama l’inizio delle feste: il 24 si fa la sauna con tutta la famiglia, si vanno a trovare i propri defunti al cimitero, e si pranza con i parenti e aspettando che Babbo Natale arrivi in tutte le case e, dona i regali solo ai bambini buoni.

Polonia. Il giorno della vigilia si fa l’albero e si mangiano pesce o verdura. Non si usano i grassi come burro o olio neanche per fare i dolci. La vigilia di Natale è chiamata Festa della Stella, perché sino a quando non compare in cielo la prima stella, non si deve iniziare la cena.

Etiopia. Secondo l’antico calendario giuliano, il Natale viene celebrato il 7 gennaio. Tutti si vestono di bianco.

Austria. Oltre a san Nicola, che porta i doni ai bambini, la notte del 5 dicembre dai boschi escono i Krampus, i folletti che puniscono i bambini cattivi.

Ci vorrebbero mille pagine per descrivere come si festeggia il natale nel mondo ma ci fermiamo qui buon natale a tutti.

LO SAPEVI CHE : “mens sana in corpore sano: donne, trucco e vestiti”

(Pompei casa dei misteri)

Care amiche avete già pensato al pranzo o cena di natale? Cosa indosserete durante le sante feste? Se vi conosco un po’ guarderete nell’armadio e, come ogni donna che si rispetti, con l’armadio pieno di vestiti direte ” e oggi che mi metto? Non ho niente da mettermi” è sempre cosi, siamo donne e vanitose, e oggi forse questo vale anche per gli uomini che ormai frequentano centri estetici e negozi glamour come le donne: ma gli antichi romani come vivevano noi la cura del proprio corpo? E le donne erano tanto diverse da noi nello scegliere vestiti, trucco o gioielli? Ebbene per quanto impensabile le donne così come gli uomini dedicavano ore e ore alla cura del proprio corpo e per la scelta del proprio outfit. Così, proprio come noi oggi passiamo molto tempo in palestra, dall’estetista, o davanti allo specchio per trovare il giusto trucco, l’acconciatura alla moda o il vestito giusto che ci fa sembrare più belle, anche i romani curavano tantissimo il proprio aspetto fisico.  Già Ovidio nel ” De medicamene facies femminea” ci istruisce circa i prodotti e tecniche usate per il corpo così come Plinio il Vecchio nel suo ““Naturalis Historia”ci parla delle proprietà delle erbe e prodotti naturali: certo è che la giornata del tipico romano iniziava proprio con l’andare alle terme.

Alle terme: i romani pensavano che le malattie oltre che essere di origine naturale venissero trasmesse dalle acque malsane e dalla sporcizia per cui, non avendo bagni nelle case privati, accanto ai bagni pubblici, le latrine molto presenti nelle vie di Roma proprio per questo motivo, si diffusero in breve tempo le terme pubbliche, ben più di 170 in tutta Roma come quella di Caracalla e di Domiziano. Erano luoghi utili non solo per lavarsi ma veri e propri centri culturali dove incontrarsi per parlare di affari e alleanze politiche, di matrimoni, e di tutto ciò che capitava nella propria vita. Vi aveva accesso chiunque ricco o povero: molti erano i soldati che prima di partire andavano alle terme, si dice infatti che i soldati romani fossero tra gli uomini più profumati di Roma. Le terme erano vere e proprie SPA centri estetici, si passava dalle palestre alle saune, fino al percorso del calidarium, tepidarium, frigidarium, o si potevva andare nelle piscine all’aperto, e poi in biblioteca o al teatro o a stare nei bellissimi giardini tra marmi policromi, mosaici e opere d’arte.

La cosmesi: era composta da l’ars ornatrix e dall’ars fucatrix, la prima per la cura medica della pelle infetta (attraverso maschere, unguenti, balsami a base di erbe e altre sostanze), mentre la seconda rappresentava proprio l’arte del truccare, tradotto anche come “ingannare” perché faceva assumere un nuovo aspetto a chi lo indossava: il trucco delle donne romane cambiava a seconda delle situazioni sociali (feste, cerimonie, etc.…) e  il diverso l  modo di truccarsi, indicava l’appartenenza ad una specifica classe sociale. Le truccatrici erano chiamate “Cosmetae” schiave che si occupavano sia della preparazione dei prodotti cosmetici che della cura del corpo della donna soprattutto appartenente alle classi più agiate: le donne proprio come succede oggi nelle migliori SPA ricorrevano a massaggi, cerette, oli profumati per il corpo e creme per il viso. Venivano utilizzate   creme alla lanolina, maschere per il viso, a base anche di latte d’asina, era diffuso anche l’uso di fiele di toro e asina per le macchie, della placenta di mucca per l’acne, si usava il burro per i brufoli, il bicarbonato per cicatrizzare e gli estratti di genitali di vitello per le dermatiti. All’ars fucatrix  inoltre presentava una vasta gamma di trucchi come il fondotinta a base di miele, sostanze grasse, cerussa (che dava luminosità) e una piccola quantità di pigmento rosso per mantenere l’incarnato roseo. Dopo il fondotinta si utilizzava una polvere di ematite per la luminosità e su tutto il corpo si cospargeva di cipria (farina di fave) il lomentum. Dopo il fondotinta si truccavano le guance di rosso, mentre gli occhi erano colorati all’esterno di nero con polveri o con il khol egizio che era usato anche come mascara. Sulle palpebre venivano utilizzati ombretti colorati di origine minerale e le sopracciglia erano ben delineate molto tonde e ravvicinate alla greca. Come ancora oggi per le labbra si usava il colore rosso, prelevato dal fucus, un’alga rossastra, da minerali come il cinabro, solfuro di mercurio, o dai molluschi da cui si estraeva la porpora. Per la cura dei denti, usavano dentifrici a base di bicarbonato, salvia, pietra pomice o soda. Le donne romane si tingevano i capelli o di nero, ottenuto con il mallo di noce, o biondo, o di rosso, o di biondo rame e non mancavano tinture colorate come l’azzurro e l’arancione spesso portati dalle prostitute,  come il trucco molto acceso, Queste tinture però alla lunga rovinavano i capelli e presto si diffuse l’uso delle parrucche, realizzate con pettinature di grande dimensione talvolta faraoniche anche pe gli uomini.  Facevano la manicure e tingevano le unghie con l’henna.  Anche gli uomini non disdegnavano affatto interventi cosmetici per apparire più belli e seducenti: era diffuso farsi fare la barba dal proprio schiavo e depilarsi, utilizzando una pinzetta, le sopracciglia e i peli superflui di collo e nuca, e in alcuni casi c’erano uomini che facevano uso della ceretta a base di pece e resine. Anche gli uomini come le donne tingevano i capelli, ovviamente per coprire quelli bianchi, alcuni ricorrevano al riporto in presenza di calvizie, mentre altri utilizzavano parrucchini o toupet.

Vestiti: Per quanto riguarda l’abbagliamento la tunica era la più utilizzata, una intima e l’altra esterna, ma l’abito più diffuso era la toga che poteva essere indossata solo da chi era cittadino romano mentre se un uomo veniva esiliato non poteva più indossarla lo, jus togae. A seconda della fascia d’età: i ragazzi romani fino ai quindici anni portavano la toga praetexta orlata da un nastro purpureo mentre raggiunta la maggiore età, tra i quindici e i diciassette anni, potevano indossare la toga virilis bianca. A seconda delle varie situazioni sia private che pubbliche veniva indossata una specifica toga: chi era candidato indossava la toga candida mentre chi aveva subito un lutto la toga pulla grigia o nera, tutte le persone venivano sepolte con la toga che avevano indossato in vita.

Le persone comuni indossavano la toga solo in occasioni formali mentre per i senatori era un modo per rappresentare il loro ceto sociale, era una toga bianca con una striscia porpora.  Le scarpe di diverse forme: le solae  sandali tipici con i lacci, le crepidae sandali di cuoio intrecciato, i calcei scarpe con corregge intrecciate e le caligae stivaletti chiusi “le donne invece indossavano come indumenti il perizoma, una fascia per il seno e una o più tuniche subuculae di lana o di lino senza maniche, al di sopra si indossava il supparum era ornato da fibule o cammei che fungevano da blocco per la stola che ricadeva sulle braccia a formare delle maniche e una cinta in vita il cingulum che formava uno sbuffo di stoffa che rendeva l’abito più ricco. Le giovani romane indossavano invece la recta una tunica bianca stretta in vita e leggermente scampanata. L’abito nuziale era una tunica bianca lunga fino ai piedi e stretta in vita dal cingulum herculeum, i cui capi erano fermati da due nodi contro il malocchio, che il marito scioglieva la notte delle nozze. Sopra si indossava la sopraveste color zafferano e ai piedi dei sandali dello stesso colore. I capelli erano acconciati in sei trecce raccolte in una reticella e il capo era coperto dal flammeum un velo rosso che nascondeva il viso”.

Inoltre amavano gioielli di buona fattura, soprattutto l’oreficeria etrusca molto in voga per la sua complicatissima ma bellissima lavorazione a filigrana e a granula. Ebbene non mi sembra che sia cambiato molto se non la tecnologia con cui si producono le stesse cose che già erano amate in passato: ma i desideri e le esigenze delle donne e degli uomini almeno per l’estetica e la cosmesi sono sempre le stesse, la ricerca dell’eterna giovinezza e bellezza ha caratterizzato tutte le epoche storiche, fino a vendere l’anima al diavolo per ottenerla! 

Quanti natali esistono?

Esite un unico die natalis? La risposta è complessa, come per le tante divine commedie nate in tutta Europa che però trovano nell’opera di Dante l’espressione più famosa, anche per il 25 dicembre abbiamo più culti pagani e religiosi che consideravano questo giorno come emblematico, importante per la nascita degli dei pagani e successivamente utilizzato per rappresentare la nascita di Gesù Cristo. Il giorno del natale per i romani era semplicemente il giorno della nascita un evento importante sia pubblico che privato o come la nascita di persone, o città o regni, divinità etc.

 

IL 25 DICEMBRE SOL INVICTU

 Il solstizio d’inverno

La notte più lunga, come tenebra nera avvolgeva il giorno più corto dell’anno. Il sole veniva imprigionato dalle ombre buie del mondo, non potendosi liberare stava fermo, solsistium “immobile”, d’inverno: dal 22 al 24 dicembre nell’emisfero nord della terra il sole immobile. Il sole nascosto dal buio raggiungeva il punto di massima distanza dal piano equatoriale e così si determinava la notte più lunga dell’anno che sposa il giorno più corto dell’anno. Dopo il solstizio d’inverno il sole invicto, invincibile torna ad impadronirsi della luce e potente sconfigge il buio  fino ad arrivare al solstizio d’estate il 21 giugno con il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. In nome dei solstizi i popoli antichi celebravano diverse feste e divinità spesso tutte “nate” il 25 dicembre, dies natalis sol invictus, giorno della nascita del sole invictus, appunto  mai sconfitto, che dopo il buio della morte tornava a sorgere nella sua potenza di luce e calore, risvegliando lentamente la natura dal sonno profondo causato del freddo e del buio dell’inverno, rendendola fertile e prodigiosa.

Uni, dea del Pantheon etrusco: Gli etruschi a  Rasenna recavano offerte al suo santuario, madre di Hercle e moglie di Tinia. Il calendario etrusco era composto di dieci mesi, iniziava a marzo e terminava a dicembre dall’ Equinozio di Primavera al Solstizio d’Inverno. I templi di Uni avevano tutti orientamento nord-est/sud-ovest, in direzione appunto del Solstizio d’Inverno. Il Solstizio coincideva con la fine di dicembre e prevedeva, oltre alle offerte a Uni, riti in onore di Satr (Saturno)..In un mondo popolato da dei che imponevano al mondo i loro capricci era fondamentale implorare la rinascita della Natura e il ritorno della luce. Aureliano nel 274 d.c  scelse la data del 25 dicembre per inaugurare il tempio del “sol invictus dominus imperi ” sostenendo che il suo potere derivava direttamente dalla divinità solare a dimostrazione di quanto fosse potente e radicato il culto del sol invictus.

A Roma con l’editto di Milano del 313 d.c voluto da Costantino, si iniziò a diffondere in modo più radicato il cristianesimo, affiancandosi a tutta una serie di innumerevoli feste pagane già esistenti tipiche del calendario romano precristiano. Culti pagani, che nella maggior parte dei casi, erano dedicati a divinità solari, celebrate proprio nella data, o vicina ad essa, del 25 dicembre: dicembre era il mese in cui si celebravano molte feste tra cui i: Faunalia Rustica – Tiberinalia – Solis Indigetis – Septimontium – Sementive a Tellus-Consualia- Saturnalia- Sigillaria- Larentalia

Il dio Mitra è una divinità dell’induismo e della religione persiana, presente anche nella tradizione greca e romana che fu adorato anche nelle religioni misteriche. A Roma: era una delle divinità più associate al sol invictu nasceva secondo alcune leggende come fanciullo da una pietra pentra gentrix all’interno di una caverna dove si recavano due pastori a portare doni, si parla di divinità reggi fiaccola cautes e cuatopates e così come al Gesù cristiano, Mitra muore per poi risorgere per salvare l’umanità dai mali del mondo. Il mitraismo prima di arrivare a Roma era diffuso in quasi tutto oriente. Ricordiamo tra i mitrei più importanti, quello di Capua Vetere il cui sacello appartiene al II° sec. d.c. che non solo è rimasto integro ma testimonia quanto fosse seguito il mitraismo a Roma visto che il cristianesimo era già ampiamente diffuso da due secoli.

Mitreo di Marino: Di incredibile bellezza e rarità questo mitreo insieme al mitreo Barberini a Roma e a quello di santa Maria Capua Vetere rappresentano la scena del mistero: la rara tecnica esecutiva del dipinto è chiamata ad incausto  direttamente sull’intonaco della cisterna.

“..Al centro del dipinto, risalente al II secolo d.C., si trova Mitra, vestito all’orientale, con berretto frigio, tunica e calzoni rossi; indossa anche un mantello svolazzante al cui interno appare la volta celeste in azzurro, puntinata di stelle. E ‘all’interno di una grotta e guarda verso il Sole che lo illumina; dall’altra parte c’è la Luna in ombra, col volto oscurato. Sotto al Sole e alla luna ci sono due dadofori, portatori di torce, uno con la torcia alzata (Cautes, il giorno), l’altro con la torcia abbassata (Cautopates, la notte). Mitra sta sgozzando col pugnale il toro bianco, mentre un cane e un serpente bevono il sangue del toro e uno scorpione morde i testicoli del toro. Dalla coda della vittima escono alcune spighe di grano, simbolo della rinascita della Terra. Ai lati della scena principale ci sono otto riquadri con le principali imprese della vita di Mitra, tra cui Zeus che sconfigge i Giganti, la nascita miracolosa del dio da una roccia, la cattura e il trasporto del toro nella grotta, la lotta vittoriosa e il patto con il dio Sole-Apo”

 

ATTUALITA: OSSERVATORIO sulla VIOLENZA contro le DONNE 

(tre donne uccise in una lite condominiale)

Si avvicinano le sante feste è purtroppo non troviamo solo pacchi di amore e regali sotto l’albero di natale ma ancora una volta  la violenza, folle ed omicida, che ha colpito ancora: Alice Neri viene uccisa nella sua macchina e ritrovata carbonizzata  nelle campagne presso Concordia,  Modena, poi il  4 dicembre Alessia Sbal viene inseguita e travolta da un tir sul raccordo anulare a Roma e poco dopo una riunione di condominio si trasforma in uno scenario tipico dei migliori film dell’orrore, Claudio Campiti spara e uccide tre donne . Anche se è natale non dobbiamo dimenticarci della violenza contro le donne, cercando così da diffondere il più possibile sia una sensibilizzazione verso

 queste tematiche e per far capire che   la violenza non è solo una questione sociale causata   dalla malattia mentale ma anche un vero disturbo del pensiero razionale e soprattutto un disturbo di tipo cultura. Ancora oggi, nonostante le molteplici ricerche scientifiche, illustri intellettuali e molte persone comuni giustificano la violenza, riconoscendogli una validità sociale   poiché la considera come “istintuale” libera espressione di pulsioni del tutto normali insite nel dna dell’uomo. Ancora oggi possiamo trovare sostenitori di una visione dell’uomo, che vede l’istinto di morte del tutto connaturale e normale nell’uomo, affermando un’origine quasi biologica della violenza, una naturale tendenza distruttiva dell’essere umano, per cui sarebbe anche normale fare le guerre e annientare il mondo, e sfruttare in modo violento e distruttivo l’essere umano come se fosse una macchina per fare solo soldi. Ma è proprio così? Le ultime teorie psicodinamiche e neuroscientifiche non condividono questa impostazione di fondo poiché attraverso indagini mediche e strumentali ormai e consolidata la teoria per cu l’uomo nasce come identità fisica e psichica sana: così come già negli anni ‘70 affermava Massimo Fagioli, psichiatra dell’analisi collettiva e così come oggi affermano innumerevoli neuroscienziati. La malattia mentale non è una malattia dell’organo cervello così come la violenza non è una tendenza naturale istintuale dell’essere umano ma si origina all’interno di dinamiche patologiche nei rapporti umani che poi cristallizzandosi in relazioni malate, creano una sorta di cultura della violenza giustificata da chi pensa che la vera natura dell’essere umano sia malvagia e cattiva (demoniaca nel cattolicesimo). Ma per fortuna la stragrande maggioranza di persone segue la sua vera natura e capacità di amare anche se tra mille difficoltà realizza e fa realizzare l’altro all’interno di un rapporto sano, sono poche le persone che vivono costantemente nell’odio e nella cattiveria pensando che il mondo sia solo sofferenza e distruzione.  Oggi grazie alle nuove generazioni si va sempre verso la realizzazione dei rapporti umani che seppur tra mille difficoltà porta a vivere la vita con una maggiore realizzazione di se stessi e della collettività nella società attuale purtroppo  super tecnologizzata: anche se attualmente viviamo in un momento di grande difficoltà sociale, politica ed economica che si è determinata dopo il covid ,con aumento dei suicidi  e delle patologie psichiatriche, che però  vanno giustificati e inseriti  all’interno di un momento storico del tutto eccezionale e inedito. La violenza ormai è un grande business per i venditori di armi, i trafficanti di droga, mafiosi, i venditori di baby prostitute e tutte le altre forme di aberrazione dei comportamenti umani che purtroppo ancora oggi sono diffuse nel mondo che producono un grande guadagno economico alimentando l cultura dell’odio e della violenza.

Babbo natale o befana? io preferisco la befana

Ma chi ci sarà dietro il vecchio volto della befana? Se fosse un sogno si potrebbe dire che l ‘immagine della vecchia viene utilizzata per negare e nascondere quella più intima e profonda di una bella donna e forse è proprio così. Secondo alcune ricerche i romani festeggiavano il sole invicto, e dopo la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si festeggiava la rinascita della luce che con la sua potenza faceva rinascere la natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti “delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti da cui il mito della figura “volante”. Secondo alcuni, tale figura femminile fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell’abbondanza). Un’altra ipotesi collegherebbe la Befana con un’antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia (da cui deriva anche il termine “strenna”) e durante la quale ci si scambiavano regali”. Condannata dalla Chiesa, l’antica figura pagana femminile fu accettata gradualmente nel Cattolicesimo, come una sorta di dualismo tra il bene e il male, il passaggio dal vecchio al nuovo

 

 

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