“La Rota”, una storia di ieri e di oggi
tornando dalla campagna, nei pressi della Fontana Maggiore incontra due Uomini, con la U maiuscola, quando il rispetto travalicava le differenze politiche, religiose, culturali. Il “vecchio compagno” in un gesto del tutto naturale chiese: “…ne vo ‘mpezzittu…” offrendo quel pane bagnato, una sorta di “panzanella”. Poi continuò: “…’pprofittane…”. Da questo ricordo l’idea di racchiudere in un romanzo le atmosfere dell’epoca.
Dialoghiamo con l’autore, per trovare la chiave che conduce alla lettura del libro.
D – Quali sono le fondamenta del libro?
R – È una narrazione dedicata ai cittadini di Rocca Priora, che ritengo doverosa verso quegli uomini con la U maiuscola, contadini, braccianti, delle sue Genti, dei loro mestieri, della loro dignità, del coraggio e della povertà, dei giochi, delle usanze, delle loro credenze. È il racconto di una storia d’amore ambientata nel ’65, durante i quattro giorni della festa del Narciso, quando Marco aveva quindici anni e Aurora, “la sua fidanzatina” ancora non li aveva compiuti. Nei ricordi del protagonista che torna, dopo varie migrazioni, dopo 48 anni, e trova il suo paese completamente cambiato.
D – Personaggi, fatti, avvenimenti, tra realtà e racconto?
R – L’impianto scenico del racconto è reale. La fantasia in parte interviene soltanto là dove le varie storie coinvolgono direttamente i personaggi della vicenda. Anche la tragedia che colpirà i due ragazzi, durante lo svolgimento della Festa è frutto della fantasia. L’intreccio di personaggi, l’avvenimento dei fatti, è una condizione che può riguardare varie realtà, anche di paesi diversi dal nostro. Molti personaggi, come i fatti sono collegati ai ricordi che tornano alla mente di quando ero ragazzo.
D – La rota.
R – Nel ’98 dipinsi un olio su cartoncino che ora è presente nella copertina. Forse una premonizione, un’idea che si doveva sviluppare. Frutto della fantasia, la rota cos’era e perché quel nome. Si narrano le sue storie. Quell’anno Sophia aveva lanciato la rota proprio su Marco. Nella grande radura, raccolta da fiorenti arbusti, le donne costruivano un ripostiglio, per poi allontanarsi in modo circolare, creando una spirale che permetteva ad esse di uscire e lasciare, quell’anno, Sophia e Marco soli. Una trappola fece fallire l’incontro. Quella causa fece nascere un effetto disastroso. Una tragedia che verrà svelata solo alla fine del romanzo, in tutta la sua crudezza.
D – Quale messaggio si può trovare in una narrazione storica della vita di un paese?
R – L’intreccio con la realtà del nostro tempo si fa sempre più forte, affrontando i temi dello sviluppo del paese, le ragioni e le cause del degrado. Un viaggio a doppio binario della narrazione, il ricordo del passato, dal dopo guerra, la festa del ’65, al vivere dei giorni attuali. Il racconto politico e sociale della storia di Rocca Priora e della sua frazione. Un riconoscimento alle genti di ieri, un documento per i ragazzi di oggi. I temi che si trovano nel libro riguardano anche l’immigrazione, la politica nazionale e locale, Dio, il precariato, l’attuale crisi politico-finanziaria.
Voglio esprimere un ringraziamento all’Amministrazione Comunale e all’Associazione Culturale “Pietro Pericoli” di Colle di Fuori.
Un libro “locale”, ma che va ad arricchire il grande patrimonio narrativo di una comunità e, più diffusamente, dei Castelli Romani.
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