La religione è contro la scienza?
Nei nostri tempi, il dibattito fra creazionisti ed evoluzionisti si è riacceso in forme piuttosto vivaci e sconcertanti, per taluni versi. Basti pensare che, paradossalmente, proprio nel paese oggi più progredito scientificamente e tecnologicamente, gli Stati Uniti d’America, i ‘creazionisti’ antidarwiniani hanno ottenuto l’interdizione dell’evoluzionismo in alcune scuole e l’insegnamento, al suo posto, di un ‘Creazionismo Scientifico. [‘] Oltre a ciò sembra che adesso il movimento intenda attaccare Copernico come ha fatto con Darwin e ritornare al geocentrismo. [‘] Questo movimento rientra in un più generale attacco al ‘laicismo umanistico’, che essi vedono come componente di una ‘ideologia satanica”[1]. In Italia, l’ex ministro della Pubblica Istruzione Moratti ha tentato di seguire l’esempio d’oltre Oceano, proponendo anche nella scuola italiana l’abolizione dell’insegnamento della teoria di Darwin, pericolo fortunatamente scongiurato a seguito della vigorosa protesta di numerose personalità del mondo scientifico italiano. Questi episodi, assieme ad altri più o meno recenti (fra cui l’esito dei referendum del 12 e 13 giugno 2006 per l’abrogazione parziale della legge 40/2004 sulla fecondazione assistita, fortemente influenzato dall’avversa propaganda della Chiesa), ripropongono il tema dell’annoso conflitto tra fede e ragione o tra religione e scienza o, ancor più correttamente, tra Chiesa e scienza, facendoci fare uno dei drammatici ‘passi all’indietro’ di cui parla Umberto Eco nel suo libro A passo di gambero.
L’affermazione del laicismo, soprattutto fuori d’Italia, ha ridato vigore allo sviluppo della scienza, la cui credibilità da parte delle masse, tuttavia, è stata ed è sostenuta più dalle pratiche applicazioni che da essa sono rese possibili che non da un’effettiva comprensione del suo valore gnoseologico. La Chiesa cattolica pur non esercitando più l’azione repressiva nei confronti del progresso scientifico nelle forme cruenti dei tempi di Giordano Bruno, Galileo Galilei e Tommaso Campanella, non ha mai rinunciato a ‘tenerlo sotto controllo’, con l’atteggiamento di fondo sospettoso di chi teme di perdere un privilegio che, in ultima analisi, dunque, mostra di non aver la sicurezza di possedere. Ma cos’ha da temere la Chiesa dalla scienza? La vera scienza non ha mai preteso di svelare il mistero supremo: ‘Capire significa non eliminare il mistero, ma inoltrarsi nel mistero’, scriveva Bruno de Finetti [2]. Parole che stanno in buona compagnia con queste altre di Albert Einstein: ‘C’è un senso di meraviglia che aumenta sempre più, esattamente quanto aumenta il progresso scientifico.[…] Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell’intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi. […] Vi è ancora un terzo grado della vita religiosa [dopo la religione-terrore e la religione-morale, nota d.A.], sebbene assai raro nella sua espressione pura ed è quello della religiosità cosmica. […]D’altra parte io sostengo che la religione cosmica è l’impulso più potente e più nobile alla ricerca scientifica.’ [3]. Il progredire nella conoscenza, dunque, non esaurisce la ‘meraviglia’ di fronte al mistero, ma al contrario l’accresce, stimolando nuova conoscenza. Questa è la molla fondamentale che spinge lo scienziato sempre più avanti: quando un nuovo orizzonte si spalanca innanzi, un altro ancora più vasto e promettente s’intravede. La storia della Fisica ci dimostra come nuove teorie, sempre più ampie nel loro dominio di conoscenza, hanno inghiottito le precedenti, con un meccanismo che ricorda le scatole cinesi. C’è sempre una scatola esterna a quella in cui ci troviamo, che la comprende e che è più grande e più bella, e, come una volta ebbe a dire un nostro illustre fisico, Tullio Regge, la successione di queste scatole, probabilmente, non finirà mai, ovvero non ci sarà mai una teoria fisica, per quanto unificata, in grado di spiegare tutto il mondo naturale con il medesimo grado di precisione. I fisici, anche in futuro, avranno sempre da lavorare! Un discorso analogo potrebbe essere fatto per le altre scienze. La scienza non finisce mai.
Se il senso del ‘mistero che ci circonda’, per dirla con Norberto Bobbio, è la religiosità da tutti sentita, allora il progresso nella scienza, inteso come inoltrarsi nel mistero, è avvicinamento a Dio, sia che si accetti l’idea religiosa del Dio creatore, e quindi la concezione finalistica dell’universo, sia che tale idea si rifiuti e si chiami Dio semplicemente il ‘gran mistero’ senza null’altro pretendere di definire. E’ avvicinamento progressivo, senza che vi potrà essere mai raggiungimento: è il concetto di limite, che i matematici ben conoscono. Il progresso della scienza, allora, dovrebbe essere accolto dalla Chiesa cattolica senza timore. Se Dio è il ‘gran mistero’, non v’è scienziato, di qualunque credo e orientamento filosofico e scientifico, che non riconosca la sua esistenza e non lo ami. Forse è questo il senso di una delle poche frasi che Bruno de Finetti dedicò a Dio: ‘Io credo che sia inconcludente discutere su cosa significhi affermare o negare che Dio esiste pensando di aggrapparsi al trascendente. Penso che l’importante è ‘amare Dio’, intendendo tale frase come espressione di quel tanto di misticismo o di aspirazione al misticismo che spero rimanga sempre nell’animo dell’umanità.’ [4]. Dunque, la scienza non dovrebbe essere avvertita dalla Chiesa come un potenziale pericolo. Eppure, ancora oggi la Chiesa cattolica interviene contro la scienza, per difendere il suo privilegio di depositaria di una pretesa verità assoluta, che poi tanto assoluta non sembra essere, visto che non è condivisa da tutti gli uomini e che non si è imposta da sempre all’uomo, bensì soltanto da duemila anni. Nel 1981, in Vaticano, si tenne un congresso internazionale di cosmologia, al quale partecipò anche Stephen Hawking, il più grande cosmologo vivente, noto al grande pubblico per i suoi studi sui buchi neri, che così ricorda quell’evento: ‘Al termine del convegno, i partecipanti vennero ricevuti in udienza dal papa. Egli ci disse che era giusto studiare l’evoluzione dell’universo dopo il big bang, ma che non avremmo dovuto cercare di penetrare i segreti del big bang stesso, poiché quello era il momento della creazione e, in quanto tale, era l’opera stessa di Dio.’ [5]. Per fortuna Giovanni Paolo II non era a conoscenza del contenuto delle memorie scientifiche presentate in quel congresso, perché l’intervento di Hawking riguardava proprio l’indagine sui primi istanti del big bang. Ancora una volta: cos’ha da temere la Chiesa dalla scienza? Se la verità da essa professata è ‘la verità’, non dovrebbe avere nessun timore e, anzi, dovrebbe gioire del fatto che la scienza per altre vie, razionali, la confermi a ‘tutti’, trasformandola da ‘verità rivelata’ in ‘verità dimostrata’. Sarebbe finalmente la convergenza tra fede e ragione. Non la religione, intesa come sentimento religioso e non come dottrina istituzionalizzata, può essere contro la scienza, bensì le istituzioni religiose, con le loro ambizioni umane di definire dogmaticamente, e quindi arbitrariamente, ciò che in realtà è a tutti ignoto, pur essendo nella mente e nel cuore di tutti.
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[1] Gerald Holton, Le responsabilità della scienza, Laterza, Bari 1993.
[2] Bruno de Finetti, Matematica Logico-Intuitiva, Prefazione, Cremonese, 1959.
[3] Albert Einstein, Come io vedo il mondo, Giachini editore, Milano, pp.40-47.
[4] Bruno de Finetti, Tavola rotonda sul futuro in Civiltà delle Macchine, maggio-giugno 1968, p.65.
[5] Stephen Hawking La teoria del tutto, Mondolibri edizioni, 2003, p.103.
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