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La questione del Lago Regillo: una ricerca continua

La questione del Lago Regillo: una ricerca continua
Luglio 28
18:24 2014

In tutti gli interventi, a cominciare dal saluto di Armando Guidoni, è stata ricordata la figura dell’autore e l’impegno per questa ricerca, che lo ha appassionato per molti anni, come ha confermato la figlia, con racconti e aneddoti famigliari, con cui ha concordato l’altro figlio Stefano, presente in sala. Dal libro emerge la cura e l’ampiezza dello studio di Frangini, tanto è vero che Trombetta ha scelto di seguire il testo come base del suo intervento, mentre l’archeologo Bellucci, di fronte alle numerose ipotesi analizzate, si è augurato che una serie di scavi mirati riescano presto a far emergere la prova certa dell’ubicazione del lago.
L’esistenza del lago Regillo e della battaglia che da esso prese il nome sono documentati ampiamente da Tito Livio e da Dionigi di Alicarnasso. Siamo all’inizio del V secolo a.C., precisamente nel 496 (o nel 499, secondo alcuni), quando l’esercito dei Latini, che raggruppava circa trenta città delle zone a est e sud del Lazio, guidato dal fuoriuscito Tarquinio il Superbo e dal genero Ottavio Mamilio, si scontrò con le milizie romane dei consoli Aulo Postumio e Tito Ebuzio. I Latini avrebbero voluto aggredire Roma di sorpresa, ma furono anticipati dai Romani che, pur in rilevante inferiorità numerica ma ben dislocati nelle alture e lungo il lago, riuscirono a prevalere nella battaglia molto cruenta. La vittoria cambiò il destino di Roma, che costrinse i Latini a un patto di mutua assistenza (il cosiddetto Foedus Cassianum) e iniziò per gradi la conquista del mondo allora conosciuto. Sui fatti storici si innestò quindi la leggenda, perché si raccontava che Aulo Postumio si fosse rivolto ai Dioscuri Castore e Polluce, il cui tempio era sul colle tuscolano, e che i due fossero scesi in battaglia sbaragliando il nemico, per correre poi subito a Roma ad annunciare la vittoria.
Questa la sintesi estrema. Ma molto presto accade che del lago non si trovi più traccia (come del resto è avvenuto per molti altri invasi in crateri spenti della zona) e quindi parta la ricerca di insigni storici e archeologi, tra i quali Nibby, Kircher, Ashby, Pareti e altri. Il lavoro di Frangini ha il pregio di analizzare dettagliatamente almeno otto ipotesi di localizzazione, valutandole con riferimenti storici, logici, geografici, strategici e, per quanto si può allo stato attuale, archeologici. Soprattutto, mette in chiaro che ogni sito è distinto e identificabile, mentre spesso in passato venivano confusi indifferentemente tra loro, e giunge a scegliere la località di Prataporci, poco sotto Monte Porzio, come quella che risponde a tutti i requisiti per collocarvi il lago Regillo, in seguito prosciugato, probabilmente per intervento umano, e quindi diventato pratum, e via via…
Ma qui è opportuno fermarsi, lasciando al lettore la scoperta delle tante pieghe del libro: storie, argomentazioni, immagini, schemi, brani e citazioni, etimologie, e perfino un colorito carme in ben 40 strofe, con molti riferimenti alla battaglia, composto in onore dei Dioscuri. D’altra parte la “questione” è sempre attuale. Il nostro territorio conserva infatti molte tracce apparenti di un passato che è anche dentro di noi, perché ne siamo figli e vogliamo scoprire quanto più possibile degli antichi padri.

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