La psicosi Islam
Solo così, psicosi Islam, si potrebbe definire quello che il 2015 ha tristemente inaugurato. Una psicosi per lo più data da una mala-informazione e da luoghi comuni che incitano al non rispetto per l’altro. In Occidente sono tanti, infiniti i luoghi comuni che attanagliano la mente e la manipolano in modo da distogliere l’attenzione dai veri problemi.
L’Italia è la terra dei luoghi comuni: Colombia uguale droga, Sicilia uguale mafia, albanesi uguale delinquenza, Islam uguale terrorismo. Si potrebbe andare avanti per ore. E forse chi tenta di convincersi che queste affermazioni sono vere non è mai stato in Colombia e in Albania, non conosce l’Islam e il resto. È facile, troppo facile parlare e sentenziare per ‘sentito dire’.
I media, al riguardo, hanno responsabilità enormi. Dovrebbero divulgare informazioni, non psicosi, verità e non menzogne, o tesi infondate, magari per un pugno di ascolti in più. L’Informazione, quella con l’iniziale maiuscola, dovrebbe servire alle persone per ‘entrare’ nel mondo, vederlo da vicino anche essendo a chilometri di distanza. La libertà di informazione è una gran cosa, ma libertà non significa ledere quella altrui.
Il mondo grida Je suis Charlie! Ma non serve uno slogan per essere liberi: lo si è veramente quando si rispetta la libertà degli altri. E la satira non dev’essere anarchia, perché può sfociare in provocazioni e irriverenza. Non si può vivere in un mondo senza libertà, ma neanche in un mondo dove puoi essere deriso e provocato gratuitamente.
L’Islam andrebbe conosciuto, come tante altre cose. Mettere da una parte, emarginare, avere la verità assoluta su tutto e tutti non giova a nessuno. Ripeto, l’informazione è sacra, ma se questa dovesse essere soggetta a strumentalizzazione si arriverà a un punto in cui non si distinguerà più il vero dal falso, il buono dal cattivo. Io non sono Charlie. Io sono io.
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