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La proposta di legge regionale Tarzia

Dicembre 09
15:40 2010

Tale proposta, essendo di notevole rilevanza sociale, necessiterebbe una discussione ed una valutazione pacate e scevre da qualsiasi sorta di preconcetti, nell’interesse del bene collettivo, tenendo conto, pertanto, delle esigenze d’ogni singola situazione culturale, economica e sociale. Tuttavia, dobbiamo constatare l’incedere di un dibattito già molto acceso nel mondo politico e non solo: da più parti, purtroppo, prevale la logica del pregiudizio (si guardino gli innumerevoli articoli e commenti apparsi in questi mesi sui diversi organi di stampa e sul web).
La proposta Tarzia, nel pieno rispetto delle leggi nazionali, mira a riformare e riqualificare i consultori familiari, attribuendo ad essi, in virtù di quanto stabilito anche dalla Costituzione, funzioni interdisciplinari di consulenza, intervento, prevenzione ed organizzazione per la famiglia. Tale riqualificazione nasce dalla necessità di ridare alla legge n. 194/1978 un più coerente adempimento, in quanto l’art. 1 della suddetta legge garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile. Si cerca, altresì, di conferire una matrice pluralistica ai consultori familiari per una più ampia partecipazione interdisciplinare che comprenda ciascun operatore sociale. In tal modo si aspira ad assicurare alla donna in difficoltà e che intende avvalersi dell’interruzione volontaria della gravidanza, quella serie di sostegni già previsti dalla legge regionale n. 32/2001, ossia la garanzia del diritto a formarsi un nucleo familiare, la salvaguardia della gravidanza e del nascituro dal momento del concepimento al parto e l’eventuale rimozione di ostacoli abitativi, lavorativi ed economici.
Con la proposta, inoltre, ci si prefigge la riorganizzazione delle procedure consultoriali di assistenza e consulenza alla famiglia, alla maternità e alla donna che intende abortire, distinguendo due autonomi procedimenti. Il primo, un procedimento non tecnico-sanitario ma inteso come percorso di socializzazione, propone alla donna e alla coppia, con adeguati consigli interdisciplinari, il riconoscimento del valore primario della vita, della maternità e della tutela del figlio concepito, predisponendo eventuali aiuti anche a carattere economico. La struttura di questo procedimento consente una fruttuosa collaborazione tra istituzioni pubbliche e strutture consultoriali non pubbliche, associazioni di volontariato, organizzazioni sociali non profit qualificate, senza che vengano in alcun modo negati o limitati i diritti della donna: infatti, qualora quest’ultima non accolga le proposte avanzate nella prima fase, si aprirà, previa verbalizzazione del dissenso informato, il secondo procedimento, disciplinato dalla già citata legge sull’interruzione volontaria della gravidanza n. 194/1978.

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