La polvere dell’infanzia
La polvere dell’infanzia
Francesco Permunian
9788865943885
Nutrimenti
€ 15,00 anno 2015 e-book disponibile NO
Francesco Permunian (si legge con l’accento sulla a), scrittore ancora difficile da catalogare e non certo per un vezzo del caso, ripercorre attraverso una modalità già nota ai suoli lettori, fatta di brevi scritti intervallati da foto (stavolta sono gli scatti magnetici di Duilio Avezzù e altri da archivi privati), la bellezza senza fine che l’infanzia è capace di consegnare ad alcuni fortunati adulti.
Lo scrittore l’ha vissuta in una terra di confine come il Polesine ricca di acque e osterie, canali e polvere secca nelle torride estati e d’infinite nebbie invernali. Questa terra, che possiede i suoi abitanti più che essere posseduta, vide i natali dello scrittore proprio nell’anno dell’alluvione (1951), natali ai quali si pose poca attenzione vista la mole della catastrofe, come racconta egli stesso: «Me ne stavo dentro una cesta sistemata tra le capre e le galline di mia nonna Assunta, in mezzo a una folla di disperati che fuggivano sotto l’incalzare delle acque». Prosegue raccontando che nella cesta ci rimase due giorni, in attesa che la famiglia trovasse ospitalità presso alcuni parenti nel padovano, il tempo giusto per beccarsi la broncopolmonite; bimbo di soli nove mesi, si disperava guarisse e il parroco gli impartì l’estrema unzione. La sua sopravvivenza al male e altri fatti gli ritagliarono una nomea quasi mortifera al passaggio che forse non ha mai finito di seguire questo personaggio schivo che ha vissuto buona parte della sua esistenza fra i libri fino a diventare direttore della biblioteca di Desenzano del Garda, terra più ridente dove ha scelto di vivere dopo la perdita dell’amata moglie. Permunian, consegnandoci i ricordi del suo mondo bambino, un particolare mondo nel mondo come solo le terre dominate dalla natura sanno essere, ha lasciato per strada la sua ammirevole ironia confezionando una serie di quadretti e storie, per quanto originali in alcuni casi,orfani della lingua ‘giusta’ per essere raccontati. Da Poeti in barca, gita sul Po dei poeti del Polesine per ricordare l’ondata di piena del ’51, spersi nella nebbia a poche ore dall’inizio della navigazione, ci si sarebbe aspettati di più anche se resta uno degli episodi più gustosi del libro. Stessa sorte per alcune disavventure sentimentali, divenute mitiche in quelle terre, e che raccontano gli anni ’80 in maniera un po’ diversa da quella canonica. Così come le biografie del cantautore Stino, la cui fama non varcava il fiume, dell’artista Renzo, Virginio Quagliato, amico del narratore o l’afflato sincero per la fisarmonica del Maseneta che viaggiava fra le osterie, testimone d’un tempo perduto già allora. L’emozione forse è stata motore di queste pagine ma le stesse faticano poi a diventare territorio condivisibile con gli altri, con il lettore, per quanto le si voglia leggere come zibaldone d’una Italia contadina sparita o come appunti per un romanzo incompiuto. Il racconto appare, a tratti, quasi intralciato dalle testimonianze fotografiche, fermandosi a fare da didascalia a queste. (Serena Grizi)
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