LA POLITICA TRA POTERE, RELIGIONE E ASIMMETRIA DI INFORMAZIONE
C’è un aforisma di Paul Valéry che dice “La politica è l’arte di impedire alla gente di impicciarsi di ciò che la riguarda”.
Comandare vuol dire esercitare il potere anche ammantandolo di mistero, o addirittura legittimandolo con la benedizione divina. Non a caso vi sono casi in cui l’individuo viene per regola tenuto fuori dalle “segrete cose”: ancora oggi nei momenti più rilevanti delle funzioni religiose della chiesa ortodossa l’officiante si apparta dietro l’iconostasi, fuori della vista dei fedeli – le cose che li riguardano vengono a loro nascoste.
Dai tempi di Valéry le cose sono cambiate, decisamente in meglio. Nel nostro paese durante i decenni trascorsi sono state varate molte leggi che danno ai cittadini non solo il diritto, ma anche gli strumenti per acquisire informazioni sulle cose che li riguardano e che permettono loro di farsi un’idea della gestione del potere.
Ma il quadro è composito e talvolta contraddittorio.
Un’esperienza interessante è quella del Comune di Albano Laziale. Circa quaranta anni fa, un gruppo di cittadini con competenze professionali di vario genere propose al sindaco di istituire, presso il Comune, un Centro studi sociali, una sorta di think tank ante litteram con l’intento di fornire agli amministratori locali elementi di riflessione sulla città in vista di più meditate decisioni. L’offerta venne accettata e quindi ai cittadini che avevano esplicitato di voler lavorare per la propria comunità gratuitamente, venne affidato l’incarico di stilare lo statuto del Centro. Una prima bozza venne esaminata dalla giunta e vennero proposte alcune modifiche. Vi fu una seconda bozza, e poi una terza. Alla quarta, dopo circa un anno, fu chiaro che l’iniziativa non andava avanti e i proponenti si ritirarono in buon ordine senza aver compreso il perché di una falsa partenza. Dopo qualche tempo uno dei politici locali confidò al promotore dell’iniziativa: “Ma non avevate capito che non volevano farvi entrare nel dominio delle ‘segrete cose’”? Da che mondo è mondo chi governa non gradisce affatto l’intrusione di chi è fuori dal perimetro di coloro che gestiscono il potere. Avere a che fare con un gruppo di individui indipendenti, non condizionabili, rappresenta di fatto una minaccia, visto che possono divulgare informazioni talvolta tenute appositamente riservate, o che, esaminando le varie questioni, possono giungere a conclusioni diverse da quelle a cui giungono i decisori, delegittimandoli. Nel corso dei decenni il Comune di Albano Laziale ha pubblicato un giornalino con l’intento teorico di informare i cittadini sull’andamento della gestione della cosa pubblica; troppo spesso hanno fallito l’obiettivo, virando verso l’elegia dell’amministratore di turno. Insomma, come avrebbe detto Valéry, per épater les bourgeois, per impressionare la gente. Vi è stato un periodo in cui il Comune ha dato avvio a una intensa e benvenuta attività statistica pubblicando l’annuario statistico e conducendo indagini sui cittadini, ma tale attività è stata chiusa; di fronte alla proposta di riattivarla il sindaco, di fronte all’unanime consiglio comunale, ha affermato che “non ce n’è bisogno, ci sono già tanti dati”.
Attualmente non vi sono segnali che chi amministra la città voglia promuovere con i cittadini un dialogo adeguato all’insegna della trasparenza, precondizione della partecipazione democratica alla cosa pubblica. Di fronte a tale situazione è possibile superare, almeno in parte, l’ostacolo facendo ricorso a tutta quella documentazione che, per legge, viene prodotta. Vi sono documenti come il bilancio, il Documento Unico di Programmazione, il rendiconto di gestione, il piano triennale delle opere pubbliche, e molti altri che, sebbene rispondano spesso a criteri formali e siano di difficile lettura, rappresentano interessanti e utili fonti di conoscenza della realtà cittadina. Anche il sito istituzionale del Comune rappresenta una preziosa miniera di informazioni, a cominciare dall’Albo pretorio in-linea che dà conto di tutti i provvedimenti adottati.
Di fronte a questa atavica e immutabile riluttanza del potere a impedire “alla gente di impicciarsi di ciò che la riguarda”, chi vuole può entrare nella casa del Comune facendola diventare, almeno in parte, una casa di vetro. Sta ai cittadini irrompere, con volontà e impegno, nel fortino di chi detiene il potere, riducendo le asimmetrie di informazione e dando così corpo ad una vera democrazia partecipata.
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