La Politica alla rincorsa di se stessa
Lettera aperta
L’impressione che si ha nel leggere i giornali, è quella di una classe politica continuamente alla rincorsa degli avvenimenti, dei fatti e delle emergenze. La professione del politico sembra confondersi con quella dell’opinionista: «commenta» la realtà, prende le distanze dalle cose oppure si schiera indistintamente su tutto, approfittando dei momenti di visibilità. Assume, di volta in volta, posizioni preconfezionate dai media. In termini calcistici si direbbe che «gioca di rimessa».
Succede così che sui temi scottanti dell’attualità la politica mostri affanno senza saper proporre letture di lungo respiro. Gli esempi sono tanti, anzi troppi. Forse il più significativo riguarda l’attuale crisi economica. Qualche giorno fa un’economista è stato costretto a comprare a sue spese una pagina sul quotidiano La Repubblica per ricordare che la devastante crisi finanziaria che sta colpendo il globo, non solo non era affatto imprevedibile, ma era stata prevista con largo anticipo, quel tanto insomma che sarebbe bastato per correre ai ripari con i tempi giusti, arginando quanto possibile quell’insieme di effetti a catena che sta mettendo in ginocchio i governi di tutto il mondo. Questo basta a dare il senso della strutturale impreparazione di una politica che scambia i giornali per la realtà. Così è necessaria una calamità naturale per scoprire quello che ogni cittadino sa, cioè che se il territorio viene lasciato a se stesso, se non c’è un monitoraggio continuo del suo assetto idro-geologico, se gli alberi o le caditoie non vengono curate con la necessaria attenzione, il rischio che un evento atmosferico produca danni ingenti diventa un’insopportabile e facile profezia.
Per lo stesso motivo sono servite manifestazioni oceaniche e radicali in Italia (così come in Grecia) per segnalare che esiste un problema giovanile nel nostro paese, che le nostre società non sono in grado di rispondere alle domande e ai nuovi bisogni della cittadinanza, che non esistono forme di tutela adeguate ad un intera generazione di studenti e precari.
Abbiamo dovuto aspettare la crisi economica per accorgerci che la precarizzazione selvaggia in questo paese rischia, in un momento di recessione, di diventare un vero e proprio massacro sociale. Solo adesso ascoltiamo parole sulla necessità di introdurre anche in Italia un reddito garantito e in generale di ripensare gli ammortizzatori sociali, di estenderne le garanzie a coloro che ne sono stati ingiustamente e per troppo tempo esclusi.
È stato necessario arrivare al fallimento di Alitalia per mettere in moto l’intervento, del resto altrettanto fallimentare, del Governo. Ora già non se ne parla più nonostante il prezzo di questa colpevole «disattenzione» lo stiano pagando intere famiglie, in particolare nella nostra Regione. Nella prossima finanziaria regionale stiamo predisponendo degli interventi per salvare il salvabile, ma è inutile dire che se si fosse stati in grado di proporre iniziative in tempo, oggi discuteremmo con maggiore rilassatezza la crisi di Fiumicino.
Chi si è occupato negli ultimi anni delle tematiche legate alla povertà e all’esclusone sociale era, nel migliore dei casi, considerato un passionario caritatevole che agiva sostenuto solo dalla forza dei propri buoni sentimenti. Oggi quella della nuova povertà è diventata tema all’ordine del giorno di tutti i governi e la spia di un problema non solo sociale, ma anche economico e sanitario.
Tutto questo e molto altro, era prevedibile, tanto è vero che è stato il tema di battaglie che negli ultimi anni abbiamo condotto nella solitudine più nera e nel silenzio più assoluto. Ma non è questo il punto. Il problema è interrogare tutte le forze della sinistra attorno alla seguente domanda: è possibile pensare che la politica torni a «giocare d’anticipo» sugli avvenimenti? Rispondere a questa domanda vuol dire, in sostanza, chiedersi se oggi è ancora possibile il riformismo.
Per questo stesso motivo cavalcare l’onda dei movimenti sociali solo quando questi costringono tutti a prendere posizione, inseguire le mille emergenze anche tragiche che caratterizzano i nostri giorni, senza comprenderne le cause e la storia, senza cioè afferrarne il senso, può nel migliore dei casi dare agli altri e a se stessi l’impressione di essere al passo con i tempi. In realtà, non testimonia altro, che il proprio eterno ritardo sulle cose che contano.
Peppe Mariani
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