LA POESIA DIALETTALE E LA CULTURA LOCALE IN TEMPI DI COVID
Il 12 settembre 2020 si è tenuta a Rocca di Papa l’undicesima edizione della Rassegna della poesia dialettale. L’iniziativa, voluta e realizzata da Rita Gatta, ha ricevuto il patrocinio del Comune e si è tenuta presso il Centro anziani.
La rassegna è nata nell’ambito delle manifestazioni culturali della Contea della Birra ed è proseguita negli anni ricevendo il patrocinio del Comune.
L’incontro è avvenuto in una cornice davvero ideale, all’aperto in un tepore settembrino di un pomeriggio in cui, alla declamazione delle poesie in vernacolo, si sono intercalate canzoni romane interpretate magistralmente da Assy Serafini e Paolo Valbonesi. La conclusione serotina con un tramonto su Roma mozzafiato è stata la degna chiusura.
Si sono avvicendati, declamando le proprie poesie, i seguenti poeti dialettali:
Gaetano Ricco, napoletano, Maria Polidoro calabrese e rocchegiano, Fausto Giuliani colonnese, Nicoletta Berliri romanesco, Armando Sbordoni albanense, Lina Furfaro calabrese, Franco Carfagna rocchegiano con poesia Anna Maria Fazi, Tarquinio Minotti monticiano, Mario Giovanetti rocchegiano, Mario Tamburri albanense, Claudia Sellati rocchegiano, Aldo Colaprisco calabrese, Lorenzo Gabrielli rocchegiano, Giulio Iacoangeli genzanese, Maria Rita Canterani lanuvino, Anna Giovannetti rocchegiano, Salvatore Giovannetti rocchegiano, Maria Fondi rocchegiano, Massimo Onesti rocchegiano, Ignazio Zito siciliano, Lucio Grasso napoletano, Maria Marturana romanesco, Florentina Doina Pagnejer.
Il dialetto è tradizione, linguaggio, ma anche cultura, storia e, quando questo si esprime in poesia, fa emergere il pulsare della vita vissuta. Non a caso alcune poesie, appena scritte, trattavano la tragedia della barbara uccisione di Willy Montero Duarte, a testimonianza della capacità della poesia di essere specchio dei più profondi sentimenti vissuti qui ed oggi dall’umanità.
Il dialetto è elemento essenziale nella definizione e nello sviluppo dell’identità culturale di una comunità che non va intesa come contemplazione nostalgica che ingessa il passato, ma che si arricchisce nel divenire. Ce n’è stata una bellissima prova nella Rassegna. Una poesia in rocchegiano è stata declamata da una persona non nativa di Rocca di Papa, ma di origine slava che, ovviamente, portava con sé i suoni della sua lingua madre, così lontani dalla lingua castellana. Le culture si contagiano e si arricchiscono reciprocamente: sono sistemi aperti, e tutti possono diventare rocchegiani, anche se provengono da lontano, come testimonia la vicenda dei bavaresi che, dai tempi di Ludovico il Bavaro, si sono successivamente stabiliti a Rocca di Papa e la cui presenza fonetica è riflessa nel dialetto.
Come tante iniziative culturali la Rassegna, ormai diventata un punto di riferimento a livello nazionale, riposa sulla buona volontà e l’impegno di una singola persona intorno a cui si raccoglie uno stuolo di amici poeti che non sempre trova il necessario sostegno degli enti del settore pubblico. Il Comune, nell’ambito della sua politica culturale, dovrebbe provvedere a sostenere la Rassegna con maggior convinzione promuovendone lo sviluppo e la stabilità nel tempo.
La manifestazione di Rocca di Papa è stata la testimonianza di come la cultura può essere vissuta come un evento civile in cui i poeti, ritenuti per tradizione anarchici e con la testa tra le nuvole, danno a tutti una lezione di senso civico rispettando le regole (cosa che, purtroppo, in Italia troppo spesso non avviene): grazie all’inflessibile ed apprezzata regia di Rita Gatta, che ha alle spalle una precalara carriera di educatrice, sono state seguire alla lettera le regole del distanziamento sociale (mascherina, sanificazione, distanza).
La Rassegna del 12 settembre 2020, a Rocca di Papa, ha fatto vivere ai numerosi partecipanti un momento magico, di elevazione spirituale, in cui si sono mirabilmente fusi l’arte poetica, la natura dei Castelli Romani ed il vivere pulsante di una comunità.
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