La pensilina di Ali
Vampe ardenti tra l’asfalto e il cemento
scappamento di motori ruggenti
e il Cotral che non arriva.
Nei pressi dell’asta che segnala fermata
– il cartello c’era un tempo lontano –
pazienti come muli da trincea,
muovono passi stanchi, strascicati,
i reduci del giorno non ancora compiuto
– ancora c’è da battagliare per conquistarsi
le poche ore d’oblio e forse brandelli di sogno –
con gli occhi a terra e la gola secca,
la sacca che pesa di vuoti e panni sporchi
e il pacchetto accartocciato delle sigarette in ribasso
– dose giornaliera finita troppo presto, accidenti
quanto è lunga la giornata di manovalanza! –
i veterani della sofferenza s’appoggiano a se stessi
aspettando il Cotral che non arriva.
Ali – lavaggio a mano, impresa individuale –
attende ansioso clienti che non arrivano
– ma certo verranno domani, rassicura il suo aiutante –
e ingoiano birra e bile e forse lacrime
seduti sul divanetto di bambù, raccolto una sera
accanto ai cassonetti dell’indifferenziata.
Ali, giovanissimo, osserva dall’altra parte della strada
persone come lui, stanche più di lui – che oggi non ha lavorato
ma è comunque sfinito dall’inutile attesa –
e s’alza, afferra il divanetto scolorito di bambù e lo pone
sul ciglio della strada, per chiunque un invito.
Dispiaciuto, Ali, di non avere anche un ombrellone
per dare refrigerio ai pendolari della sfida quotidiana.
In attesa alle fermate Cotral, senza sedili e pensiline.
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