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LA MONETA MAGICA

Ottobre 27
15:10 2010

C’era una volta,

un vecchio mago che abitava, tutto solo, in un antico castello della Francia. Durante la sua carriera di mago egli aveva sempre aiutato i re più saggi e i prodi cavalieri, ma ora che era diventato molto vecchio si era ritirato nel suo castello lontano da tutti. Un giorno, mentre era seduto sulla poltrona del grande salone principale, pensò che sarebbe stato bello, prima che gli anni della sua vita giungessero alla fine, dedicarsi anche alle persone più umili, premiando le più buone e generose. Si mise dunque a pensare a come avrebbe potuto trovare e premiare una persona veramente buona e pura d’animo. Questo era un compito assai difficile, poiché in cambio di un premio chiunque si sarebbe mostrato generoso; il mago quindi si travestì da viandante, tagliò la sua lunga barba, ringiovanendo un po’ il suo aspetto, indossò dei vecchi calzari di pelle, un pantalone di canapa, una camicia scolorita di cotone ed un cappello di paglia, poi con una speciale pozione magica creò una moneta di rame, che sarebbe tramutata in oro qualora fosse stata in presenza di gente realmente pura d’animo.
Il mago raccolse poche cose in un sacco e si avviò per il suo lungo viaggio. Prese una strada di campagna, perché pensava che quel sentiero sterrato, tra alberi e fiori, molto probabilmente l’avrebbe condotto verso la casa di persone veramente umili. Cammina, cammina, vide che all’orizzonte lo aspettava la grande catena montuosa dei Pirenei, che separa la Francia dalla Spagna. Non si scoraggiò perché era appena all’inizio del suo viaggio e poi in qualunque momento poteva ricorrere alla magia; infatti fu questo un suo primo pensiero, ma avendo timore che qualcuno vedendo un suo prodigio potesse scoprire la sua vera identità, preferì aiutarsi con un bastone e incominciò ad arrampicarsi pian, piano, per il tortuoso sentiero. Ad un certo punto incontrò un mulattiere che gli offrì il dorso di una sua mula per continuare più facilmente e comodamente il cammino. Il mago accettò, e mentre si avviava sul dorso dell’animale controllò la moneta. Essa era diventata d’argento e questo voleva dire che il mulattiere era stato gentile con lui, ma in efffetti non era che un semplice favore quello che gli aveva offerto. Il mago che invece voleva premiare la vera generosità, ricompensò con una buona paga il mulattiere e una volta sceso si mise in cammino verso delle case ai piedi delle montagne. Le osservò bene:
una era una bella casetta, fatta di mattoni, probabilmente di un fattore; l’altra era una piccola capanna di legno e paglia che probabilmente apparteneva ad un contadino. Il mago era veramente stanco e poi stava facendo sera, quindi decise di fermarsi e di chiedere alloggio per la notte. Dall’aspetto delle due case capì che avrebbe dato meno disturbo nella prima e andò a bussare lì. – Toc, toc.-
Fattore: “Chi è?”
Viandante: “Sono un povero viaggiatore, chiedo alloggio solo per questa notte”. Si aprì di scatto una finestra vicino alla porta e ne spuntò fuori la paffuta faccia di Diego il fattore:
“Ospitarvi? Io? Se dovessi ospitare tutti i girovaghi che passano di qui, sarei rovinato!”
Viandante: “Ma io posso ricompensarvi con questa moneta di rame”.
Diego: “E mica è un albergo questo! Via, sciò!” e la finestra si chiuse con un gran botto.
Il mago non poté fare altro che voltare le spalle e andare a bussare alla porticina della casa di legno. – Toc, toc – La porta si aprì subito e comparve un uomo smilzo e vestito modestamente:
“Buonasera, chi siete?”
Viandante: “Sono un viaggiatore, cerco alloggio per la notte, posso ricambiare il disturbo con questa moneta di rame”.
Enriche: “Non ce n’è bisogno. La mia casa è umile e cadente però c’è sempre posto per un ospite. Entri pure. Consuelo!”
Consuelo: “Cosa c’è caro?”
Enriche: “Abbiamo un ospite, aggiungi un piatto di minestra ed un posto in più a tavola”.
Consuelo: “Va bene, per quel che si può. Buonasera viandante, accomodatevi, le nostre porzioni non sono abbondanti, ma quando si viaggia è meglio mettere qualcosina nello stomaco piuttosto che tenerlo vuoto”.
Viandante: “Grazie, voi siete veramente gentili, non posso dire lo stesso del vostro vicino”.
Enriche: “Oh, ma quello è Diego, il fattore, è sempre scontroso con tutti, sembra che a lui e a sua moglie Manola non vada mai bene niente”.
Consuelo: “Chi si accontenta gode”.
Consuelo era una donnina minuta, ma svelta e gentile, servì la cena riempiendo di più il piatto del viandante, poi lasciò i due uomini a chiacchierare davanti al camino, e preparò un giaciglio di paglia vicino ad esso.
Consuelo: “Sarete veramente stanco?”
Viandante: “Sì, lo sono, grazie per il giaciglio che mi avete preparato”.
Consuelo: “No, non è per voi questo giaciglio. Qui per stanotte dormiremo io e Enriche, voi, che avete camminato tutto il giorno ed avete attraversato le montagne, dormirete di là sul nostro letto”..
Il mago non voleva accettare, ma i due coniugi insistettero tanto che alla fine cedette.
Al mattino il mago controllò la moneta e infatti essa brillava come il sole ed era tutta d’oro, decise dunque di premiare Enriche e Consuelo, avverando tre loro desideri. Quando furono a colazione domandò loro:
“Ma siete veramente felici?”
“Sì che lo siamo, ci vogliamo bene, viviamo onestamente e anche se quello che guadagniamo non è molto ci basta per vivere”.
“Ma non vi piacerebbe avere una bella casa, con qualche vestito buono ed un calessino?”
I due si guardarono in faccia dubbiosi, poi annuirono. Quando il mago li salutò e voltò le spalle, la capanna si tramutò in una bella casetta di mattoni, davanti ad essa comparve un calesse con un cavallo bianco e la stanza da letto dei due coniugi si riempì di bei vestiti. Credendo in un miracolo i due coniugi si vestirono per recarsi in chiesa, e proprio mentre ben vestiti salivano sul calesse, Manola spalancava le finestre di casa sua. Rimase abbagliata alla vista della casa e di Enriche e Consuelo che vestiti in quella maniera si apprestavano a salire su un bel calesse…
Manola: “Diegoo!!”
Diego: “Cos’hai da gridar così? Che è successo, per tutti i lumi?!”
Manola: “Guarda con i tuoi stessi occhi!”
Indicò al marito la scena. Diego si stropicciò gli occhi, sbatté le palpebre e ancora incredulo a ciò che vedeva uscì di corsa e andò a chiedere a Enriche cosa fosse mai successo. Enriche e Consuelo raccontarono che casa, calesse e vestiti, erano comparsi inspiegabilmente come un dono divino dopo che avevano ospitato in casa loro un povero mendicante.
Potete immaginare la rabbia di Diego, diventò rosso dall’invidia e per poco non si mangiò le mani. Comunque sarebbe stato inutile, perché anche se per pietà avesse ospitato il mago, travestito da viandante, la moneta non sarebbe diventata d’oro, poiché solo la vera generosità e la purezza d’animo vengono premiate.

 

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