Notizie in Controluce

L’art. 143 del Codice civile afferma, al 1° comma che «Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri». Al 2° comma che «Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e della coabitazione» e, al 3° comma, che «entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia».
I coniugi sono chiamati, in egual modo, a rispettare l’art. 143. In questo articolo viene, sommariamente, riportata una ordinanza che riguarda i doveri emergenti dal matrimonio. In particolare, si fa riferimento a un marito che, a seguito di una donazione effettuata a favore del fratello, viene meno ai doveri di assistenza materiale e morale nei confronti della moglie. Il gesto del marito, che di per sé potrebbe anche essere considerato generoso, a dire della donna, ha portato alla crisi coniugale. Evidentemente il comportamento dell’uomo nei confronti del fratello ha generato una serie di discussioni tra lui e la moglie, al punto da rendere intollerabile la convivenza. Al momento della richiesta della separazione, il giudice ha rinvenuto nel gesto compiuto dall’uomo violazione appunto dei doveri matrimoniali e quindi violazione dell’art. 143 c.c., il che ha comportatlo nei suoi confronti l’addebito della separazione, con le relative conseguenze. A nulla sono valsi i tentativi di difesa dell’uomo, il quale ha sostenuto di aver effettuato quella così lamentata donazione, in quanto il fratello, in tempi trascorsi, gli aveva prestato delle somme. Egli sosteneva quindi la tesi per cui la donazione stava semplicemente a rappresentare la restituzione di un debito. Se l’uomo fosse riuscito a dare dimostrazione di ciò, non si può escludere che il giudice avrebbe potuto accogliere la sua tesi e giungere a una decisione diversa, ma così non è stato, in quanto l’uomo non è riuscito a fornire nessuna prova in tal senso. Il giudice ha quindi confermato l’addebito della separazione a carico del marito, ma non solo. Infatti ha inoltre previsto un mantenimento sia a favore della moglie, sia a favore della figlia, considerando che spetta al genitore, nel caso in cui non intenda elargire delle somme per il mantenimento dei figli, dimostrare che questi ultimi sono in grado di poter provvedere al proprio sostentamento, oppure che l’incapacità in tal senso, cioè di provvedere ai propri bisogni, non dipende da una causa oggettiva, ma da loro colpa. Può darsi per esempio il caso del figlio che non ha voglia di lavorare e che quindi non si preoccupa e non si impegna al fine di trovarsi un impiego. Tale fattispecie ricorda in qualche modo la sentenza di cui trattai tempo fa circa lo shopping compulsivo. In quel caso alla moglie era stata addebitata la separazione, poichè a causa del suo acquistare spasmodicamente cose inutili, era venuta meno ai doveri di cui all’art. 143 c.c. In entrambi i casi la decisione del giudice è stata indicativa della primarietà che va riconosciuta alla famiglia. Comportamenti che possono apparentemente sembrare innocui, come il caso dello shopping, o addirittura gesti di cui ci si potrebbe sentire orgogliosi e fieri al punto da stupirsi o anche indignarsi se l’altro coniuge li critica aspramente, come il caso della donazione fatta al fratello, possono assumere, dal punto di vista giuridico, una valenza fondamentale relativamente alla materia regolatrice il rapporto coniugale. Occorrerebbe, riterrei, far riferimento alla teoria del compromesso anche tra marito e moglie, e prendere le decisioni insieme, se non altro per salvare il matrimonio.
Cassazione civile, sez. VI-1, ordinanza 31.10.2014, n°23307