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La memoria biologica e la memoria cibernetica: l’ipotesi ologrammica

La memoria biologica e la memoria cibernetica: l’ipotesi ologrammica
Novembre 22
19:18 2019

Realtà e pensiero

La parola realtà deriva dalla parola latina res (cosa).

La parola latina res deriva dal verbo latino reri (pensare).

La capacità espressiva che è implicita nelle parole ci suggerisce, quindi, questa interpretazione: per un uomo non esiste alcun oggetto reale (res) esterno a meno che esso non sia riscontrato da una rappresentazione residente all’interno del suo pensiero (reri) costruito con la percezione del mondo reale. Ogni parte di mondo reale è nota a un individuo solo quando sia ben fissata nella sua memoria.

La realtà e il pensiero si inseguono e si confondono in un ciclo continuo. Ma che cosa è la realtà? È tutto ciò che ci circonda, è l’intero complesso delle cose materiali e anche delle cose che hanno uno stretto legame con esse (realtà materiale, naturale, spirituale, intellegibile, sensibile, logica, ecc.). La realtà esiste indipendentemente dalla conoscenza che noi abbiamo di essa.

Gli uomini, dentro di loro ricostruiscono rappresentazioni virtuali della stessa realtà. Come affermava Platone, il mondo che percepiamo attraverso i sensi è una specie di realtà apparente, è una realtà imperfetta e transitoria, è una rappresentazione virtuale più o meno simile, ma diversa dall’originale.

Anche gli altri uomini, dentro di loro, ricostruiscono rappresentazioni virtuali della stessa realtà, ma tutte diverse tra loro e anche dalla nostra.

Questa realtà apparente, sempre secondo Platone: «ci rinvia alla realtà vera, perfetta ed eterna» ovverosia ‘ci richiama’ gli archetipi, cioè i campioni, che noi abbiamo fissato nel supporto della memoria».

Il pensiero è la ricostruzione interiore della realtà (conoscenza) e anche il ‘mezzo’ con il quale si cerca di conoscere il mondo.

La memoria

La memoria biologica non può essere associata a un modello informatico nel quale informazioni via via depositate in celle di memoria sono poi successivamente ripescate, ma deve essere certamente riferita alla ‘qualità’ della percezione.


Il sistema corpo-ambiente
partecipa a un processo integrato che ha la forma di un ciclo dinamico. La memoria è una componente fondamentale di questo ciclo, è un insieme di ‘strutture aggregate’ disposte all’interno del sistema neuronale, ma non necessariamente concentrate in uno spazio ristretto, che operano da vero e proprio evocatore del mondo esterno, basato su dati raccolti dinamicamente in un lontano o recente passato.

Fenomeni simili a quello della memoria si possono osservare anche nella materia inanimata: un pezzo di carta piegato tenderà ad assumere di nuovo la sua configurazione piatta se lasciato stare per un tempo sufficientemente lungo. La memoria potrebbe quindi essere una proprietà più generale della materia.

Infatti, se un alieno, a cui non sia stato ancora spiegato che la memoria è un’esclusiva degli esseri intelligenti, osservasse il fenomeno del foglio piegato, potrebbe dedurne che un foglio di carta piegato più volte tende a ‘ricordare’ di essere stato piegato.

La cibernetica del “gruppo di Frascati”: Olocontrollo emulativo

Come suggeriva Cartesio, l’attività umana può essere distinta in due parti diverse: l’attività di base (ovvero ciò che fa il corpo) e l’attività alta (quella del cervello). Cartesio, però, alimentò l’illusione che la mente potesse ‘possedere’ un corpo al proprio servizio affermando, così, il paradosso di ‘possedere ed essere’ un corpo al tempo stesso. Assumiamo, invece, che il problema del dualismo cartesiano sia stato risolto e che le due attività da lui descritte facciano parte di un’entità unica (la parte fisica dell’intelligenza) che, a sua volta, fa parte della materialità del mondo reale, della realtà concreta. Quindi associamo a questa entità anche tutto ciò che è contenuto nell’ambiente esterno e lo definiamo entità della materialità generica.

Chiamiamo primo spazio il dominio relativo alle entità della materialità generica comprendendo in esso, come abbiamo detto, anche le due entità fisiche dell’attività umana: il corpo (attività di base) e il cervello (attività alta).

Chiamiamo secondo spazio il dominio della virtualità biologica (pensiero) individuato come ‘parte metafisica dell’intelligenza’. Con ‘metafisica’ non intendo nulla di trascendente, ma il dominio di conoscenza assoluta dove il pensiero, la parola, la creazione artistica e altri sistemi concettuali differenti si uniscono pur mantenendo proprie reciproche relazioni ontologiche separate.

Nel secondo spazio esistono le virtualizzazioni biologiche della ‘parte fisica dell’intelligenza’ e anche le virtualizzazioni biologiche degli oggetti esistenti nel primo spazio. L’insieme delle virtualizzazioni biologiche del secondo spazio rappresentano la ‘coscienza di sé’. Il secondo spazio è la sede dei fenomeni complessi che consideriamo l’essenza peculiare dell’essere umano, quali il pensiero, la parola e la creazione artistica.

Il secondo spazio è il dominio dove sistemi concettuali differenti vengono a unirsi e compenetrarsi pur mantenendo proprie reciproche relazioni ontologiche separate e chiarificate. Che esista un tale dominio è l’assunto di un realismo generale sulle nostre attività cognitive. Chi crede che non esista un simile dominio, esprime la sua idea in un dominio certamente metafisico!

In questo spazio virtuale sono presenti le ‘trasformazioni’ degli ‘stimoli’ percepiti attraverso il sistema sensoriale. Ma, essendo virtuale, possiede capacità molto più sofisticate. Nel primo spazio non è possibile, a esempio, che due oggetti solidi possano condividere contemporaneamente la loro posizione.

Ora proviamo a definire una nuova entità: il terzo spazio che è configurato a imitazione del secondo spazio biologico. Il terzo spazio è di tipo cibernetico e vi risiede la virtualità cibernetica. Accoglie fenomeni e processi di comunicazione e controllo. È attivo in tutti i transitori verso l’omeostasi della macchina. Trasforma stimoli esterni in una rappresentazione interiore. La rappresentazione è confrontata con quella che era presente un istante prima e trasformata in una differenza. La ‘notizia’ di una differenza viene trasmessa verso la rete di canalizzazioni e si trasforma in uno stimolo verso l’esterno provocando una azione.

Il sistema complessivo si dimostra autocorrettivo nella direzione della omeostasi con un procedimento che implica tentativi ed errori.

Con l’uso del terzo spazio si potrà realizzare uno dei più affascinanti obiettivi proposti dalla scienza nel secolo XXI:

Capire chi siamo attraverso la costruzione di una macchina che potrà esprimere quello che avviene dentro di essa allorché, similmente a ciò che avviene in un essere umano, proverà una ‘sensazione’ e una ‘emozione’.

Con il terzo spazio (cibernetico) che imita il secondo spazio (biologico) si ‘trasporta’ il dominio del controllo su un livello diverso. Ciò consente di controllare qualsiasi ‘essere artificiale’ capace di interferire con l’ambiente esterno (primo spazio).

Il sistema Olocontrollo emulativo è basato sul terzo spazio.

Non opera sui valori assoluti delle grandezze in gioco, ma agisce su differenze generate nel suo interno fra due scenari diversi all’interno del suo spazio emulativo:

scenari uguali –» sistema in equilibrio

scenari diversi –» emersione di una differenza che si traduce in interferenza che sarà la causa di una serie di azioni sul primo spazio – lo scenario reale – modificandolo

Ipotesi ologrammica della memoria

Per rappresentare il fenomeno della memoria nel modello cibernetico, noi abbiamo percorso la strada della ‘ipotesi ologrammica’. La parola ologramma è l’unione di due parole greche: holo e gram. La prima si traduce in tutto (o intero), mentre la seconda si traduce in scrivere. Il significato della parola è: scrivere l’intero. L’ologramma di un oggetto è la sua immagine ‘scritta’ nello spazio.


Aiutati dallo schema in
figura diamo una breve descrizione dell’ologramma. Sono riportati: un Laser, un Oggetto, una Lastra ologrammica e dispositivi ottici.

Si deve disporre della luce ordinata (o coerente) di un Laser che viene divisa da uno ‘specchio semitrasparente’ in due fasci distinti.

Il primo fascio – in figura, ‘luce di riferimento’ – dopo alcune deviazioni è inviato sulla superficie di una ‘lastra ologrammica’ rivestita con un film sensibile alla luce.

Il secondo fascio – in figura, ‘luce del Laser’ – è inviato sulla superficie dell’oggetto che diffonderà per riflessione una parte della luce che lo ha investito. Questo riflesso – in figura definito ‘luce diffusa dell’oggetto’ – arriverà anch’esso sopra la lastra ologrammica.

Sfruttando il fenomeno dell’interferenza ottica, i due fasci danno vita, nella lastra, a un modello di interferenza.

In un momento successivo tolgo dalla scena l’oggetto e illumino la lastra fotografica con il Laser. Avviene che nello spazio si ripresenta l’immagine dell’oggetto originale emessa dal modello di interferenza della lastra. L’oggetto è come se fosse lì, a tre dimensioni e nella posizione dello spazio in cui si trovava.

Gli elementi che sono entrati nel fenomeno ologrammico sono tre: (i) un oggetto riflettente; (ii) un reticolo fisico; (iii) un ologramma.

Basandoci su quanto detto, possiamo inserire le seguenti regole:

Un oggetto riflettente fa ‘emergere’ nel sistema un ologramma da un reticolo: 1 + 1 = 1

Un ologramma proiettato da un reticolo può far ‘emergere’ nel sistema un oggetto originario: 1 + 1 = 1

Un oggetto proiettato in un ologramma può ‘creare’ (disponendo di un Laser) un nuovo reticolo: 1 + 1 = 1

Aggiungiamo altre due caratteristiche molto speciali che possono arricchire la metafora memoria-ologramma:

La prima – Cambiando l’angolo di incidenza del Laser sulla lastra, possiamo impressionare altre immagini diverse. L’ologramma relativo riemergerà, come distinto dagli altri, semplicemente usando il Laser con lo stesso angolo di incidenza.

La seconda caratteristica – Ogni singola parte della lastra contiene tutto l’ologramma. Possiamo rompere la lastra e illuminarne col Laser un solo frammento: dal frammento emergerà un ologramma intero, solo un po’ più piccolo e meno dettagliato.

Si può dire, allora, che: la parte è l’integrità.

Memorizzazione biologica e cibernetica

Continuiamo ad analizzare la ‘ipotesi ologrammica’ per descrivere il fenomeno della memorizzazione in un sistema cibernetico (o in una macchina biologica).

Vediamo cosa succede quando una membrana di trasduzione cibernetica (a es. pelle e sensori biologici) accoglie un flusso di ‘fronti energetici’ ambientali (onde sonore, luminose, pressorie, termiche) e li trasforma in treni d’onda (a es. segnali biochimici) che si muovono all’interno del sistema utilizzando un mezzo di trasmissione (a es. i neuroni).

Descrizione delle dinamiche:


Uno scenario O
interferisce con la membrana sensoriale esterna SE.

Il fronte energetico SE è trasformato in treni d’onda (a es. energia biochimica).

Contemporaneamente, uno stato interno della macchina (a es. sistema vegetativo o viscerale) attiva il fronte biochimico SV.

I due fronti SE e SV penetrano nel sistema dei reticoli R con un fronte d’onda S.

In R è contenuto l’intero repertorio di storie, ma sono ancora tutte ‘spente’! Il fronte passa nei reticoli ‘raccogliendo’ nel suo itinerario, per risonanza, anche le frequenze coincidenti o simili di altre aggregazioni reticolari già presenti in R, anche quelle relative al sistema neurovegetativo (caselle verdi).

Il fronte M di uscita è diverso da S.

Il viaggio di questi treni, ‘arricchiti’ da ‘storie’ e ‘sensazioni’, continua fino a giungere nelle ‘sezioni attuative’: una, la sezione ME contenente gli attuatori (a es. muscoli), si rivolge verso l’ambiente esterno per la sua modifica e l’altra, la sezione MV (a es. sistema vegetativo o viscerale), si rivolge verso gli organi interni e le ghiandole.

Il quadro successivo vede rientrare uno scenario modificato e uno stato interno diverso. Si attiva così un ciclo nel quale ogni fronte ambientale ‘innesca’ nel reticolo un processo che tende alla ricerca delle ‘frequenze coincidenti’ negli strati che costituiscono il reticolo: il flusso sarà guidato attraverso itinerari preferenziali.

Quando il processo giungerà a regime (in frazioni di secondo), sarà emerso un nuovo fronte che è pienamente il prodotto anche di ciò che è già contenuto nell’interno. Il sistema ‘crede di vedere’ lo scenario esterno, ma, in effetti, ‘vede’ il fronte virtuale di uno scenario che è già memorizzato nel reticolo; l’oggetto esterno funziona solo da innesco. Invece, se azzerassi, isolandomi in meditazione, la percezione ambientale SE (il blu e il nero), avvertirei solo le esperienze emotive pregresse (il verde). Se azzerassi il verde… no, questo proprio non è possibile!

La tendenza del sistema è di arrivare alla coincidenza tra i due fronti. In altri termini, dal repertorio di storie sopite contenute nel reticolo, una di esse si è ‘accesa’ e ora ‘flussa ciclicamente’ cercando coincidenze sempre più precise. Ciò produce una ‘magnificazione’ del fronte. È come se avvenisse un ‘effetto risonante’. L’accodamento di fronti uguali ai precedenti genera un flusso ordinato e coerente (in analogia con la luce ordinata e coerente di un Laser) proveniente dal reticolo R (in analogia con la lastra ologrammica). Avviene che la macchina crede di vedere lo scenario O, ma vede solo la sua immagine emersa da R (in analogia con un ologramma).

Ebbene, questa sembra essere una corretta descrizione di un vero e proprio processo immaginativo! L’ologramma, non è costituito da fotoni ma da quanti energetici biochimici che operano in un flusso dinamico all’interno di circuiti concreti. Si può forse dire che anch’essa è un’entità reale?

Ora immaginiamo, invece, di ‘riaprire’ la dinamica del fronte SE. Nella sezione S si verranno a trovare, sovrapposti, i due fronti SV e SE. Dai due ‘insiemi energetici’ emerge una differenza. Come ricordiamo, il sistema segue il principio generale della ‘autostabilizzazione’ e la differenza può essere vista come una ‘discrepanza’ che può destabilizzare il sistema; essa può, cioè, generare squilibrio o confusione che sarà tanto più elevato quanto più il sistema si allontana dal suo obiettivo, rappresentato dal raggiungimento della coincidenza tra i fronti SV-SE e MV-ME e viceversa.

È come se nel meccanismo della memoria esistesse una sorta di ‘ordine implicito’ universale. Una cellula biologica, a esempio, possiede nel DNA tutte le informazioni che servono per produrre l’intero corpo. Con l’ipotesi ologrammica della memoria possiamo dire che:

A ogni ‘pensiero assopito’ è associato una sorta di ‘codice dei pensieri’, come se noi avessimo gettato i disegni del progetto ma avessimo mantenuto uno strumento per rigenerarlo: il ‘DNA dei pensieri’.

Citando dal romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco:

«Se vediamo le impronte di un cavallo nella neve proiettiamo l’idea del cavallo nella nostra mente senza aver realmente visto l’animale che le ha lasciate.»

David Bohm, un fisico e filosofo statunitense vissuto nello scorso secolo, sviluppò un modello del funzionamento del cervello secondo il quale esso opera in modo simile a un ologramma. Una sua teoria ‘recita’ così:

«Basandoci su una descrizione dei processi, le interazioni neuronali si presenterebbero sotto forma di onde, poi convertite in schemi di interferenza e trasformate in immagini tridimensionali… noi non vedremmo gli oggetti “per come sono”, ma solamente la loro informazione quantistica.»

Chiudiamo con una citazione di Giacomo Leopardi:

«Senza memoria l’uomo non saprebbe nulla, e non saprebbe far nulla».

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