‘La lupa e il furore’ di Antonio Bennato, un’ondata di piena che tanto ipocrita perbenismo spazza via
Antonio Bennato, salernitano di nascita e veliterno di adozione, si ripresenta ai suoi lettori con una storia grandiosa, poetica e cruda, narrata con un linguaggio assolutamente singolare e dirompente, confermandosi ancora una volta scrittore autentico di altissima valenza. Uno strepitoso caso letterario che si spera non naufraghi nell’ingorgo di una Editoria sfiancata, dalla vista corta e di bocca buona. Leggere per credere – inutile estrapolare qualche brano da un libro compatto e duro come un diamante, non renderebbe giustizia –, tutte le opere di Bennato si trovano in vendita in tutte le Librerie on line.
La lettura de ‘La lupa e il furore’ (ILMIOLIBRO 2019) presenta le sue incognite – se ne esce comunque scossi e con qualche certezza in meno – ma guai a non affrontarle, si perderebbe l’opportunità di rivisitare un pezzo di storia recente che si preferisce non ricordare ma che segna il tracciato della società che oggi siamo, narrata con il piglio di chi, scoperte le carte, punta tutto sulle sue innate qualità di poeta/scrittore di pietra e di piume.
Anni ottanta, nella Roma cosmopolita che tutti accoglie e nessuno abbraccia, prosciugata delle tante risorse dagli abusi perpetrati a suo danno da figli e figliastri degeneri. Un incrocio di periferia e un semaforo che scandisce vita e tempo con lo scatto delle sue luci colorate. Una varia umanità che consuma ogni giorno la sua dose di speranza e disperazione, chi attaccato a un sogno e chi vorticando nel vuoto o peggio nella vacuità delle illusioni indotte. Le stagioni si susseguono alle stagioni, e non solo astronomiche, con la variabilità ma anche la persistenza delle leggi primarie, e tutto scorre e trascorre e ritorna nel flusso inarrestabile dell’esistenza, così come dell’animo umano, e le storie s’intrecciano alle storie incanalandosi verso soluzioni portatrici di nuovi dilemmi. Sotto lo sguardo dei “tre cani” che ringhiando e mordendo e solo concedendo attimi di tregua allo scatto del verde, saranno muti testimoni delle passioni, umane e disumane, che lasceranno al crocevia i segni di aberrazione e riscatto avvinghiati in lotta perpetua.
La storia si fa quanto mai dura nel trattare l’avvicendarsi degli ambulanti ai semafori, quando ai ‘fazzolettari’, strilloni e venditori di accendini subentreranno i vucumprà e sarà ancora una volta guerra fra poveri, utile per fare da cortina agli imbrogli sistematici di una società corrotta.
Cesco Civetta il protagonista di una vicenda apparentemente senza sbocco, contornato da uno stuolo di personaggi sempre d’attualità in un contesto impantanato, che però in finale dimostrerà che volendo – ma volendolo con tutte le proprie forze, anche quelle nascoste – non tutto è già scritto del destino di ognuno e molto si può mutare del già scritto con un atto di pacifica rivoluzione, che prima di tutto deve scatenarsi all’interno di ogni uomo non disposto ad arrendersi a quello che sembrerebbe il volere della sorte.
Questo e tanto d’altro su cui ragionare e riflettere offre ‘La lupa e il furore’ di Antonio Bennato, il tutto narrato con una scrittura mirabilmente ‘scapestrata’, senza padroni e senza cavezza, ma rigorosamente imbrigliata nei dettami di una lingua che nello stesso narrare si va forgiando, impastandosi con più dialetti e neologismi a raffica tra i più bizzarri e impensabili, con la fiamma e il vigore che la passione alimenta e squisitamente traduce nella quintessenza del modello inimitabile.
Se il libro presenta una qualche pecca, ma vuole essere un punto di vista del tutto soggettivo, sta nel finale che l’Autore in Appendice ha voluto chiudere con un messaggio di speranza e di fede, in una parola di Misericordia, già implicito in ogni pagina del libro. Il pregio dell’‘imperfezione’, se così può dirsi, che rimarca l’autenticità di un tessuto narrativo di straordinaria fattura.
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