LA LUMACA DI COMENCINI (sull’onda emotiva per Leonard Cohen)
Mauro reagì con terrore, al ‘Pinocchio’ di Comencini. Il film era uscito quando frequentavamo la prima elementare dietro l’abside della nostra chiesetta di campagna. Ricordo i suoi pianti da vitello: “E’ grosso e citrullo!”, commentavano le altre madri e le nonne. Era soltanto il suo essere il temporaneo figlio unico, a mantenerlo avvolto nella rassicurante placenta materna…. Per il resto era un bambino buono, sul quale sapevi di poter contare.
Quel capolavoro di Comencini dal cast stellare di Cinecittà aveva una fonte di luce materna nella Fata Turchina, grazie a una Gina Lollobrigida nel punto più alto della sua carriera. Una madre volata in cielo come per distrazione, per noi bambini inspiegabilmente crudele ogni volta che Pinocchio andava punito.
Faceva pensare a una moglie devota, perfetta per Geppetto, principessa innamorata di un falegname, che nell’ovale in bianco e nero appeso al muro ricordava una Maria Goretti morta di parto. Una moglie amata una volta sola, il tempo sufficiente per generare l’unico figlio, e poi un trapasso misterioso e indolore, dolcissimo.
Più di Mangiafuoco, del Gatto e della Volpe e di Lucignolo m’inquieta ancora l’anziana lumaca, bianca di cerone, che fungeva da domestica della Fata Turchina nella sua pagoda confitta all’inizio del mare. Viveva confinata in quella costruzione effimera, che sapeva di circo e d’inverno e che riassumeva le costanti della vita.
Me lo chiedo ancora, il perché della mia inquietudine. Ho pensato anche ad analogie di quella lumaca con le sorelle pazze e trasformiste de ‘La casa dalle finestre che ridono’ di Pupi Avati.
La lentezza di quella creatura sa d’irrefrenabile destino. Oggi sono tentato di vederla nella voce, nei sorrisi, negli sguardi e nei gesti gentili di Leonard Cohen, ma è un moto comprensibile dell’animo quando si congedano i nostri compagni di viaggio migliori. I compagni veri, quelli che ‘sanno darti compagnia’ e sanno fugare le nostre paure e solitudini.
La lumaca di Comencini, a pensarci bene, evoca in me il ricordo delle nonne, che prima di dire addio ti sorridono, ti stringono forte la mano e chiedono le loro scarpe migliori, affinchè possano mettersi in cammino.
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