La libertà quel traguardo oltre l’ultimo passo
Argomento: Teologia
La libertà quel traguardo oltre l’ultimo passo
Deuteronomio 30, 15-20
Il concetto di libertà è sempre sfuggente quando viene declinato nei suoi campi di osservazione: assioma, conquista della parità di genere, assenza dei confini tracciati dalle regole stringenti. Nel caleidoscopio potrebbe affiorare come trasgressione quando scolpisce nel soggetto un senso liberatorio. Cerchiamo, speriamo e vogliamo la libertà: di pensieri, di parole, di azione che si declina in scelte di vita. Si traduce in legge per le carte Costituzionali delle moderne democrazie. La forma liberale del politically correct oscilla come un pendolo sulle relazioni tra Stato e cittadini a garanzia della parità e del rispetto. Paradossalmente, anche certe pratiche istituzionali come la pena di morte, sono percepite da taluni Stati come una conquista di libertà, a garanzia dell’ordine sociale e del bene comune.
Un oceano pieno di onde nel quale è difficile approdare al porto sicuro della verità.
La questione è complessa in quanto solleva in prima istanza quale sia il rapporto tra libertà soggettiva e oggettiva, soprattutto in relazione alle ricadute delle scelte individuali. L’egoismo individuale fa la sua bella parte, quando scompagina i fragili equilibri della libertà, nei condizionamenti culturali, familiare e sociali.
Parliamo di chimera per inguaribili romantici oppure di una mèta possibile da raggiungere.
Come spesso accade, le grandi opere vengono in nostro aiuto nella fitta nebbia della ricerca. Nel libro del Deuteronomio, si trovano interessanti spunti di riflessione in merito alla questione:
Fate attenzione, oggi vi propongo la scelta tra vita e felicità da una parte, morte e sventura dall’altra. Per questo oggi vi ordino di amare il Signore, vostro Dio, di seguire la sua strada e di osservare i suoi ordini, le sue leggi e le sue norme. Così vivrete (…) il Signor vi benedirà nella terra che state per conquistare. Ma se allontanerete il vostro cuore da lui e gli disubbidirete, se cederete alla tentazione di inginocchiarvi davanti ad altri dèi e di rendere loro culto, già da oggi vi dichiaro che farete una brutta fine: non rimarrete a lungo nella terra che state per conquistare (…) Dt 30, 15-20.
I versetti vanno al di là della semplice fascinazione letteraria, tipica delle grandi opere. Il brano pone la questione della riuscita o del fallimento della vita: un fatto non del tutto secondario! Malgrado la Bibbia, resti il punto fermo degli uomini di fede, esiste un significato letterale che può essere concordato anche dai non credenti; fermo restando che il suo senso spirituale resta per lo più un eco ad appannaggio dei fedeli.
In questa logica sono possibili punti di convergenza ad ampio raggio culturale nell’onesta ricerca della verità. Un testo che si presenta con un potenziale interpretativo praticamente infinito secondo uno prospettiva dilatata nell’estensione del tempo. Le sue implicazioni risultano connesse alle vicende storiche che lo caratterizzano e altrettanto idonee per essere interiorizzate da uomini di qualsiasi status sociale e/o epoca.
La Parola di Dio, si muove insieme alla storia seguendo l’evoluzione delle vicende di un popolo che si scopre eletto, amato, salvato. Il loro privilegio è quello di fare da battistrada per l’umanità dell’esperienza centrale e qualificante della salvezza. La ricerca degli ebrei della libertà dopo la lunga schiavitù in Egitto, diventa l’emblema del destino che attende tutte le nazioni, protese ad accogliere l’amicizia del loro Dio nell’osservanza del comandamento dell’amore.
La storia narrata nel Deuteronomio è prevalentemente incentrata sulla assenza/presenza della Terra Promessa e dell’opzione del vero bene e/o della propria rovina. Una storia lunga 40 anni, tutti trascorsi nel deserto, nell’attesa di quel bene che si intravede solo in lontananza. Mosè si affaccia solo con lo sguardo su quella libertà promessa e mai raggiunta pienamente, perché si trova oltre il suo ultimo passo. La libertà è quel bene visibile, lontano e allo stesso tempo irrinunciabile per il suo valore duraturo e favorevole. Questo libro, concludendo i primi cinque libri della Bibbia, si pone quasi a voler conferire un finale di senso incompiuto alla ricerca. La narrazione, infatti, s’interrompe proprio quando Israele è in procinto di entrare, quasi a significare che l’ingresso a Canaan è qualcosa che bisogna continuamente guadagnarsi: restando fedeli al bene scolpito nei dieci comandamenti.
Una conquista che porta in dotazione la capacità di salvare l’esistenza umana dal pericolo costante del no-senso e del male che serpeggia in ogni dove le esperienze individuali e collettive. Saper individuare, tra le varie proposte, quelle che si avvicinano maggiormente a un ideale positivo di libertà, produce quel bene tanto ambito.
Le tappe fondamentali del viaggio sono continue conquiste di libertà che si alimentano in quel respiro interiore dove prevale il desiderio di sentirsi costruttori della propria storia e del proprio essere. Affermare principi di equità e giustizia sono certamente frutto di molte conquiste del contesto contemporaneo. Tuttavia, le Sacre Scritture infondono un’idea profonda e nascosta della libertà, che prima di ogni altra cosa è “libertà dal male” che si trova in quell’oltre che va riconquistato e perfezionato ogni giorno della vita, come si evince dall’analisi del testo Dt 30,15-20.
Sara Sarracino
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