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La follia dell’Inquisizione

La follia dell’Inquisizione
Giugno 04
02:00 2007

Khalid Sheil MohammedLa follia dell’Inquisizione: per intenderci, un presunto indemoniato o indemoniata, o le celebri “streghe” venivano messi sotto tortura, perché si riteneva, che solo con la tortura il demonio si sarebbe mostrato nella sua vera essenza e il posseduto avrebbe confessato. Al posseduto si chiedeva confessione piena dei peccati, così come a chi criticava la dottrina (Giordano Bruno, Galileo Galilei ecc. ecc.) si chiedeva di rinnegare quanto affermato. Per la dottrina ecclesiastica, essendo impossibile che la Chiesa sbagliasse, se il posseduto non si riconosceva colpevole era evidente che il demonio lo possedeva, e di conseguenza si doveva torturarlo per far uscire la verità altrimenti celata. Le torture continuavano fino a quando il colpevole, stremato dalla tortura, non confessava pienamente. Una volta avuta la confessione, a seconda del reato, la chiesa gli dava la “giusta” punizione che andava dall’interdizione agli uffici, all’ergastolo fino al rogo. Lo Stato Pontificio aveva un braccio secolare potente che arrivava ovunque anche lì dove si esercitava l’indipendenza come a Venezia, costretta a consegnarli per esempio Giordano Bruno dopo averlo protetto per anni, e finito al rogo a Roma. Quando studiavo queste cose all’Università 15 anni fa, non avrei mai pensato che un giorno non lontano avrei dovuto commentare una notizia di attualità dello stesso tipo. Ossia, la notizia che Khalid Sheik Mohammed, presunto terrorista, arrestato a incarcerato a Guantanamo, il 15 marzo ha confessato la sua colpevolezza e la piena responsabilità di aver ideato l’attentato dell’11 settembre 2001. Ma è valida la confessione di un detenuto privato dei diritti di difesa, tenuto prigioniero in un carcere contrario alla normativa internazionale (e pure a quella americana) e probabilmente sottoposto a tortura? Ovviamente no! A conferma delle torture, un altro condannato, Abd al-Rahim al-Nashiri, ha fatto mettere a verbale di essere stato torturato nelle prigioni segrete della Cia e di aver ammesso una serie di circostanze solo per “far felici quelli che mi torturavano”. Eppure, tutti i giornali d’Italia e del mondo hanno dato la notizia che Khalid Sheik Mohammed “ha confessato”. Facendo così si instilla nella gente il principio che la tortura, se fatta a fini di verità, può portare giustizia. È lo stesso principio dell’inquisizione: non è possibile che l’autorità incarcerante sbagli, è il terrorista che cela il male. Ma cosa volete che valga la confessione di un sequestrato, privato dei diritti fondamentali, detenuto per anni in stato bestiale e probabilmente sottoposto a torture tali da cancellarne la personalità? Tutti conoscono la “sindrome di Stoccolma”, ossia quel fenomeno per cui un ostaggio, sottoposto a torture psicologiche, o magari sottoposto anche a torture fisiche e privazioni varie, finisce per parteggiare e dare ragione al suo sequestratore. Provate ad immaginare quali tecniche avranno applicato in quel campo di concentramento di nome Guantanamo. Ma credete che se il governo americano è stato capace di sequestrare persone in tutto il mondo, rapendo, violando le norme internazionali, torturando in Iraq, usando il fosforo bianco a Falluja, ecc ecc, non abbia torturato questo disgraziato? Allora che validità può avere la sua confessione? Assolutamente nessuna, e va urlato. Se non teniamo fermo questo principio, a costo di farla scampare a qualche delinquente, quello che ne verrà sarà il periodo più buio dell’umanità. Una nuova Inquisizione ma dotata di tali tecnologie da non lasciar scampo a nessuno, nemmeno agli innocenti che semplicemente esprimono una opinione politica in disaccordo con il potere. Se accettiamo questa confessione come valida, qualcuno da oggi potrà pensare che le torture del medioevo vanno ricordate come gli albori della civiltà. Se accettiamo il principio della tortura e della distruzione di massa che ne deriva, del terrore che essa inculca, qualcuno potrà pensare alle distruzioni di massa e di interi popoli operate dell’Impero Romano come ai primi fermenti del doloroso percorso al “giusto fine” dell’umanità, magari il fine stabilito da un solo popolo non a caso eletto da Dio al governo del mondo. La partita è grossa: o applichiamo i diritti umani e li imponiamo al mondo, oppure preparatevi a farvi governare dai Cinesi, perché in ogni caso la truffa del dollaro e dell’Euro senza riserve d’oro la conoscono anche loro e quindi l’imperio americano finirà presto. Se accettiamo la tortura, il governo cinese starà un passo avanti a noi, e governeranno loro il mondo. Ma in fin dei conti la colpa è nostra: siamo talmente imbevuti di Tv da credere a un probabile ex alcolizzato che ci parla dentro invece che a uno sconosciuto qualunque, e forse quell’alcolizzato non è nemmeno tanto “ex” dalle foto che girano in rete.

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